A tre anni dalla tragedia del Velino la città torna a ricordare i suoi quattro angeli Valeria Mella, Gianmarco Degni, Gianmauro Frabotta e Tonino Durante con una cerimonia intensa, sobria e molto sentita, tenuta in via Aldo Moro dove sorge il monumento di commemorazione.
Tantissime le autorità presenti a cominciare dal sindaco di Avezzano Giovanni Di Pangrazio, al vescovo dei marsi monsignor Giovanni Massaro, ai primi cittadini di Massa D’albe Nicola Blasetti e di Magliano dei Marsi Pasqualino Di Cristofano, il consigliere regionale Massimo Verrecchia. In prima fila, naturalmente, i parenti degli escursionisti e quel vastissimo mondo di militari, civili e volontari che presero parte alle operazioni di soccorso, nonché gli amici, tra i quali è scattata una mobilitazione all’insegna della solidarietà per trasformare il ricordo in un aiuto per gli altri. Valori a cui i quattro escursionisti avevano ispirato l’intera vita.
Era il 24 gennaio del 2021 quando scattò l’allarme che fece partire i primi soccorsi tra nebbia fitta e neve. Le operazioni durarono 25 giorni nei quali tutta la città di Avezzano e il comprensorio marsicano si unirono, prima nella speranza e poi nel dolore.
Oggi autorità militari, civili e volontari delle varie strutture che parteciparono a quelle operazioni, ciascuno nell’ambito delle proprie abilità e competenze ma tutti col massimo impegno e grande sinergia, hanno reso omaggio con un mazzo di fiori ai piedi di un cippo che ricorda il cuore roccioso della montagna.
“Un monumento di commemorazione voluto – come ha ricordato il sindaco Giovanni Di Pangrazio- in un posto silenzioso che guarda il Velino con il suo carico di passione, bellezza, di meraviglia ma anche di pericolosità,”. Sindaco che ha anche lodato gli amici degli escursionisti per aver voluto e saputo trasformare un autentico dramma in un evento dal quale far nascere qualcosa come i grandi e piccoli gesti che da tre anni si realizzano ad Avezzano nel nome di Valeria, Gianmarco, Gianmauro, e Tonino.
Concetto in linea con quello espresso dal vescovo Massaro che ha definito “un dolore trasformato in amore” l’approccio scelto da familiari, istituzioni e amici rispetto al dramma avvenuto in montagna.