Avezzano. Spunta un nuovo Candidato: Stefano D’Andrea

 

Il progetto “Riconquistare Avezzano” si presenta ufficialmente alla stampa I rappresentanti del progetto civico “Riconquistare Avezzano”, unitamente al loro candidato sindaco Stefano D’Andrea, terranno una conferenza stampa per presentarsi agli organi d’informazione Sarà anche l’occasione per conoscere alcuni punti del programma. L’incontro si terrà Venerdì prossimo 24 marzo, alle ore 11, presso l’osteria “Mammaròssa”, in via Garibaldi, 388.

Si legge dal sito web riconquistareavezzano.it

Voi incontrerete forse, prodotto bastardo delle recenti delusioni e di scuole straniere, uomini vecchi a venticinque anni, incadaveriti anzi tempo nell’egoismo della vanità e della paura, uomini che si dicon filosofi e non hanno se non scetticismo, ch’è la negazione d’ogni filosofia… Respingete

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Ci imbattiamo in generale simpatia per la nostra iniziativa ma una obiezione ci viene spesso rivolta. La definirei l’obiezione dello scetticismo, qui inteso non in senso filosofico ma come atteggiamento di sfiducia sulla efficacia dell’azione umana. Ci dicono: è una bella iniziativa, siete bravi, state anche riuscendo a comunicare alcune idee con originalità ma non ce la potete fare, sia perché esiste una rete clientelare diffusa, sia perché schiererete pochi candidati rispetto ai due candidati sindaco che sembrano avere più possibilità.

A questa obiezione si deve rispondere, e lo dico ai nostri candidati consiglieri che hanno iniziato la campagna elettorale, in primo luogo negandone la ragionevolezza, in secondo luogo contestando in sé stesso lo scetticismo, che infiacchisce, deprime e ha sempre la funzione di generare e mantenere servitù.

Sotto il primo profilo, basta osservare che il sistema elettorale per le amministrative è a due turni. Nel primo turno, i cittadini non sono chiamati a votare il male minore, bensì la migliore tra le proposte che ad essi vengono presentate o, per chi ama la personalizzazione tipica della cosiddetta seconda repubblica, il migliore dei candidati alla carica di sindaco. E’ al secondo turno che i cittadini saranno chiamati a scegliere il male minore, nel caso in cui il candidato per essi migliore, per il quale hanno votato al primo turno, non sia arrivato al ballottaggio.

Non esiste dunque alcuna motivo ragionevole per non votare il candidato o lo schieramento che si reputa migliore, soltanto perché si teme o si crede che non possa vincere (tra l’altro, concorrere, nel primo turno, ad eleggere tre consiglieri di opposizione validi, anziché due, è obiettivo nobile e razionalissimo; poi al secondo turno, eventualmente, si vota per il male minore). L’obiezione dello scetticismo, dunque, è una non obiezione: chi ci stima e non fosse intenzionato a  votarci al primo turno, perché esclude che noi si possa arrivare al ballottaggio, starebbe per compiere un gesto completamente irrazionale.

Ma, e siamo al secondo profilo, lo scetticismo va combattuto sempre e in ogni caso, in quanto deviazione del pensiero, ostacolo all’azione e generatore di fiacchezza e di servitù. Piuttosto che argomentare questo profilo, riporto una breve e nota lettera del profeta della nostra Repubblica, autore della Costituzione della Repubblica Romana, anticipatrice della Costituzione della Repubblica italiana, una lettera rivolta “Ai giovani”. Egli si trovò a combattere lo scetticismo su scala nazionale e riuscì ad incendiare gli animi di due generazioni di italiani. Sono sicuro che la Lettera ai giovani, immortale e non semplicemente attuale, spingerà alcuni lettori a vincere qualche resistenza che ancora si annida nelle loro menti e nei loro animi. Perciò la pubblico (SD’A).

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Ai giovani delle Università italiane

O giovani, voi siete d’una terra che fu grande oltre ogni altra, grande, essa sola nella storia d’Europa, due volte, e sarà grande la terza. Le vostre Università diffusero istitutori e scienza a tutti i popoli. Le vostre scuole filosofiche cacciarono fin dal XVII secolo i germi, pur troppo inavvertiti fra noi, delle dottrine che diedero e danno vita alle scuole Francesi e Tedesche. Il vostro intelletto, potente quanto quello d’ogni altra contrada, è più audace e più rapido. E il Genio Italiano, quando Genio Italiano fu, non guasto, non traviato dal vezzo dell’imitazione straniera, ebbe sempre, unico in Europa, capacita singolare di porre in perfetta armonia due cose quasi sempre disgiunte, la sintesi e l’analisi, la teorica e la pratica, il pensiero e l’azione. La civiltà dei padri nostri, gli Etruschi, faceva tutta la legislazione interprete d’un concetto religioso, e architettava la terra, la città sull’ideale che si formava del cielo. Pitagora, italiano, se non per nascita, per adozione, e gl’Italiani di lui seguaci, non soddisfatti d’essere depositari del più alto e profetico sapere che allora fosse, sentivano il bisogno di tradurlo in atti e ordinavano associazioni segrete e città repubblicane nel mezzogiorno della Penisola. Dante era poeta, guerriero, pensatore politico e profugo cospiratore ad un tempo. Machiavelli affrontava tortura e persecuzioni. Michelangiolo fortificava i bastioni di Firenze. Tommaso Campanella scendeva dalla sfera delle utopie filosofiche per proporre ordinamenti di Stati e congiurava audacemente contro la dominazione straniera. I nostri più potenti intelletti furono apostoli e martiri. L’unita delle umane facoltà non s’è mai rivelata tanto quaggiù quanto nella nostra Italia. Voi siete degni, giovani, d’altri destini che non quelli ai quali oggi ancor soggiacete.

Ed io vi chiamo a compirli. Vi chiamo a compirli, perch’è dovere: vi chiamo a compirli, perché so che ne siete capaci; stanno mallevadori per voi i tanti che segnarono col sangue nel 1848 e nel 1849 il Patto fra le Università e la Nazione.

Voi siete, Giovani delle Scuole, sacerdoti del Pensiero tra noi; in voi, consacrati agli studi, vivono le speranze dell’intelletto italiano: consacratevi a un tempo sacerdoti dell’Azione, e vivano in voi le speranze dell’onore e dell’avvenire d’Italia. Sia ogni vostra Università come un santuario della Nazione; l’altare su cui arda perenne, alimentata da mani giovani e pure, la fiamma delle grandi idee e dei grandi fatti; il simbolo e la promessa della Patria futura: voi chiamano le vostre tradizioni e la potenza della mente e del core ad essere, nella battaglia che si combatte, primi all’assalto, ultimi nel ritrarsi; esempio e scorta ai migliori nei momenti solenni d’entusiasmo e di santo ardire, freno, difesa e rimprovero nei momenti di subito e vergognoso sconforto che talora assalgono i popoli tentennanti sulle vie della vita. E tutte le vostre Università si colleghino da un punto all’altro d’Italia in una fratellanza nella quale la sacra bandiera della Nazione sia trasmessa come nella Legione Sacra de’ Lacedemoni da chi cade a chi sorge. È questa, o giovani, la vostra missione. Il sangue corre a voi più fervido nelle vene; il pensiero v’è dato più pronto e spontaneo: vostro è il foco delle forti passioni; vostro il coraggio che fa il braccio ministro della mente. E i doveri, non lo dimenticate mai, stanno in ragione delle doti che l’uomo possiede. Voi incontrerete forse, prodotto bastardo delle recenti delusioni e di scuole straniere, uomini vecchi a venticinque anni, incadaveriti anzi tempo nell’egoismo della vanità e della paura, uomini che si dicon filosofi e non hanno se non scetticismo, ch’è la negazione d’ogni filosofia, meschini beffeggiatori che, dopo aver veduto un popolo disarmato scacciare un esercito austriaco, negano la potenza del popolo, dopo aver veduto le difese di Roma e Venezia negano l’attitudine dei giovani volontari alla guerra, dopo aver veduto la fede patria diffondersi, attraverso i martirii e i tentativi falliti e ognor rinascenti, dalla gioventù culta agli operai delle nostre città, negano l’efficacia educatrice del martirio e della lunga incessante protesta. Respingete

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