Esporre l’acqua in bottiglia di plastica sotto la diretta luce del sole è reato perchè pericoloso e nocivo per la salute.Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 39037/18 del 28 agosto nel confermare la condanna a un commerciante, che aveva accatastato confezioni di acqua minerale all’esterno di un deposito in Sicilia, nel periodo estivo, in pieno giorno. Confermate dunque le condanne emesse dal Tribunale di Messina (1.500 euro di ammenda) nei confronti di un commerciante reo del reato di cui all’articolo 5 della legge 283/82, perché era stato appurato che le confezioni di acqua minerale erano accatastate alla rinfusa all’esterno di un deposito ed esposte alla luce del sole. La detenzione per la vendita di prodotti destinati all’alimentazione in cattivo stato di conservazione è un reato (art. 5, lett. b legge n. 283 del 1962) di pericolo presunto con anticipazione della soglia di punibilità per la rilevanza del bene protetto, ovvero la salute, sicché il reato sì concretizza anche senza effettivo accertamento del danno al bene protetto.
Secondo gli studiosi il problema principale deriverebbe dal fatto che le bottiglie comunemente definite di “plastica” sono realizzate con tereftalato che, una volta entrato in contatto con fonti di calore rilascia sia antimonio che bisfenolo A o BPA. Questo significa che bisogna porre moltissima attenzione a non esporre al caldo in alcun modo le bottiglie di acqua a usi alimentari, né nei mezzi di trasporto né di fronte ai magazzini dei supermercati. L’Italia è il primo paese in Europa e il secondo nel mondo per consumo di acqua in bottiglia. Il 61,8% delle famiglie italiane acquista acqua minerale e il consumo medio è pari a 192 litri all’anno per persona. In media ogni famiglia italiana spende 234 euro all’anno per l’acqua in bottiglia. Ogni anno vengono utilizzare in Italia 9 miliardi di bottiglie pet.