Emanuele Scieri, allievo paracadutista della Brigata Paracadutisti Folgore, originario di Siracusa, fu trovato morto il 16 agosto 1999 nella caserma “Gamerra” di Pisa. Negli anni sono stati prodotti migliaia di fascicoli inerenti le indagini sul caso Scieri, ma non hanno mai portato a nessun risultato. Solo nell’ultimo anno, in seguito alla riapertura delle indagini voluta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, c’è stata una svolta decisiva. Si è passati da un’archiviazione come suicidio ad un’accusa di omicidio per tre commilitoni di Emanuele, tre caporali effettivi al “Reparto Corsi” nell’agosto del ’99. La procura militare di Roma, diretta da Marco De Paolis, ha emesso un avviso di conclusione indagini per il reato di “violenza ad inferiore mediante omicidio pluriaggravato, in concorso”, nei confronti di Andrea Antico, 41 anni, di Casarano (LE) ed attualmente in servizio presso il 7/o Reggimento Aves (Aviazione dell’Esercito) di Rimini; Alessandro Panella, 41 anni, residente a San Diego, in California, ma domiciliato a Cerveteri (Roma); Luigi Zabara, 43 anni, residente a Castro dei Volsci (FR).
La ricostruzione secondo la Procura Militare di Roma
La ricostruzione della procura militare su quanto accaduto è agghiacciante. I tre caporali, in forza al Reparto Corsi del Capar (Centro Addestramento Paracadutismo) ex Smipar, della ‘caserma Gamerra’, sono accusati di aver “cagionato con crudeltà la morte dell’inferiore in grado allievo-paracadutista Emanuele Scieri”. I fatti risalgono alla notte del 13 agosto 1999, “tra le 22:30 e le 23:45”, quando i tre caporali incontrano l’allievo Scieri mentre stava per telefonare col suo cellulare. Lo bloccano e, qualificandosi come caporali del Reparto Corsi e suoi superiori, prima gli contestano di non aver rispettato le disposizioni che vietavano di utilizzare il cellulare e, subito dopo (“abusando della loro autorità”), lo costringono a “pompare”, fare flessioni, per dirlo con il gergo in uso in quegli ambienti. “Mentre eseguiva gli “ordini” dei tre superiori – si legge nell’avviso di conclusione indagini – lo colpivano con pugni sulla schiena e gli schiacciavano le dita delle mani con gli anfibi, per poi obbligarlo a salire sulla scala di sicurezza della vicina torre di prosciugamento dei paracadute. Mentre Scieri stava risalendo, “veniva seguito dal Caporale Panella che, appena raggiunto, per fargli perdere la presa, lo percuoteva dall’interno della scala e, mentre il commilitone cercava di poggiare il piede su uno degli anelli di salita, gli sferrava violentemente un colpo al dorso del piede sinistro; così facendo, a causa dell’insostenibile stress emotivo e fisico subìto, provocato dai tre superiori, Scieri perdeva la presa e precipitava al suolo da un’altezza non inferiore a 5 metri, in tal modo riportando lesioni gravissime”: fratture alla sesta vertebra dorsale, traumi vari alla testa e ad altre parti del corpo. Immediatamente dopo la caduta, ricostruisce la procura militare, Panella, Antico e Zabara – “constatato che il commilitone, sebbene gravemente ferito, era ancora in vita” – invece di soccorrerlo “lo abbandonavano sul posto agonizzante” e, così, “ne determinavano la morte”. Morte che, sempre secondo la procura, “il tempestivo intervento del personale di Sanità militare, da loro precluso, avrebbe invece potuto evitare”.
Fonte: Rainews