Ore 22.18 e 04 secondi: l’uomo è sulla Luna, il mondo si ferma
Sono passati cinquanta anni era il 20 luglio 1969, 22:18 e 04 secondi (ora italiana): la navicella Apollo 11 si posa sulla Luna. A bordo Neil Armstrong e Buzz Aldrin che poche ore dopo passeggiarono per la prima volta sul nostro satellite. La notte tra il 20 e il 21 luglio 1969 fu la Terra a girare attorno alla Luna, rendendole omaggio. Con un unico pensiero in testa (persino gli orari degli uffici pubblici furono modificati in funzione della missione Apollo 11), circa 900 milioni di persone s’incollarono alla tv. Oltre 20 milioni erano italiani. Giornalisti e osservatori internazionali profetizzarono che l’allunaggio statunitense avrebbe sancito l’inizio di una collaborazione fra Usa e Urss e, forse, la fine della Guerra fredda. Si trattò di un’illusione: ma l’emozione di chi assistette a quell’evento prevalse, per qualche giorno, su ogni cosa. Apollo 11.
Dal giorno del decollo dell’Apollo 11 fu davvero come se tutto, anche in Italia, ruotasse intorno alla Luna, a questa grande conquista, a questo grande studio. Nelle scuole, negli uffici, nei bar non si parlava d’altro e solo l’ennesima crisi di governo riusciva a sottrarre un po’ di spazio alle notizie provenienti dallo Spazio. La Rai stimò che le fasi salienti della missione vennero seguite da oltre 8 milioni di piccoli schermi. I negozi, con le vetrine rigorosamente a tema, ottennero il permesso di tenere accesa la tv anche durante l’orario di apertura e al carcere di Roma il ministero concesse 600 apparecchi in prestito. Quella dell’allunaggio fu la prima notte senza furti né rapine da 10 anni a quella parte: a Milano il centralino della polizia squillò solo 2 volte. Il cronista Gianni Bisiach seguì lo sbarco dietro le quinte della prima maratona televisiva della Rai (28 ore di diretta dallo studio 3 di via Teulada), condotta da Tito Stagno con i commenti di Andrea Barbato e, dal Centro spaziale della Nasa di Houston, di Ruggero Orlando. Tutti, e non solo i tecnici della Nasa, erano preparati al peggio, sapendo che sarebbe bastato un nonnulla perché la situazione precipitasse. Non era un caso che quella generazione di astronauti provenisse per lo più da famiglie contadine, abituate a grandi sacrifici». Un’immagine pubblicata dai giornali dell’epoca ritrae l’astrofisica Margherita Hack, allora direttore dell’Osservatorio astronomico triestino, sedotta dalla partenza del razzo in una sala del Circolo della stampa del capoluogo giuliano, insieme con lo scrittore statunitense di fantascienza James Blish. «In occasione poi dell’allunaggio» ricorda la studiosa «mi trasferii a Firenze, a casa di mio padre. Lui si era sempre rifiutato di acquistare una radio o una tv. Così, per l’occasione, comprammo un apparecchio portatile. Purtroppo il segnale era pessimo e dovemmo accontentarci di voci confuse e ombre sfocate». L’impresa, per Margherita Hack, fu più importante sotto l’aspetto umano che scientifico. «Il viaggio di Cristoforo Colombo, di cui nessuno sapeva nulla, fu probabilmente più rischioso di quello dei tre astronauti, che la Nasa seguiva istante per istante. Dal punto di vista della scienza» continua l’astrofisica «avremmo potuto ottenere risultati analoghi con un robot. Ma senz’altro la missione dimostrò ciò di cui l’uomo è capace». Anche Roberto Vacca, divulgatore e futurologo, non nasconde una punta di perplessità. «Bruciati dai sovietici dopo il successo dello Sputnik e del primo viaggio nello spazio di Gagarin, gli Usa volevano a tutti i costi raggiungere la Luna, e lo fecero rispettando le previsioni di John Kennedy, che nel 1961 aveva predetto lo sbarco entro 10 anni. Ma ancora adesso ci chiediamo quale sia stato il vero impatto di quell’impresa. Non nego l’emozione di quella notte: fu bello sentire mio figlio, di appena due anni, accogliermi la mattina dopo lo sbarco con le parole “una omo”. Eppure» conclude Vacca «credo che la comprensione del meccanismo del Dna o la scoperta delle nanotecnologie abbiano avuto e avranno un impatto decisamente superiore rispetto alla conquista della Luna». L’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano, si chiese in quelle ore convulse se questo mondo martoriato dall’odio fosse pronto “a incontrare nuove manifestazioni di vita”. Altri pensarono di fare della Luna una gallina dalle uova d’oro. Il pittore riminese Nello Galli pretese dal governo Usa un risarcimento di 1,5 milioni di dollari per avergli sottratto i bozzetti del modulo lunare, esposti a Milano già nel 1966. Ma nessuno gli diede ascolto. Più fortuna ebbe Alessandro Serafini, titolare di un’autoscuola di Subiaco (Roma), che dichiarò ai giornali di voler aprire la prima scuola per veicoli spaziali in Italia e di avere già avviato le pratiche per ottenere l’autorizzazione, naturalmente fu una bufala, solo a scopo di visione per un riscontro economico. La diretta televisiva della Rai in occasione dell’allunaggio fu una delle più lunghe e accurate d’Europa, con 150 ospiti in studio e continui collegamenti con l’America. Tito Stagno fu il protagonista assoluto di quella notte. «Avevo studiato alla lettera i manuali forniti dalla Nasa» ricorda il giornalista. «Ero in grado di interpretare ogni parola, codice o numero nelle comunicazioni fra gli astronauti e il centro spaziale. I negozi di elettrodomestici, con le vetrine zeppe di schermi accesi, furono presi d’assalto e i consumi elettrici, quella notte, fecero segnare valori record. Federico Fellini e Giulietta Masina brindarono a Fregene, Cesare Zavattini organizzò nella sua casa romana un “capodanno lunare”, Eduardo De Filippo festeggiò sull’isola di Lisca, nel mare di Positano. Il sociologo Domenico De Masi seguì la diretta con la moglie, che da lì a poco avrebbe partorito. «La Luna, fino a quel momento, era stata un fenomeno letterario: all’improvviso divenne un fatto reale. Seguire in tv le fasi della conquista, potendo al tempo stesso vedere la Luna dalla finestra di casa propria, fu come avere il teatro di Vienna in giardino e osservarne il palco dal piccolo schermo» dice De Masi. «Niente di simile era mai successo prima, figurarsi in mondovisione. In compenso la Luna, di cui vennero diffuse mappe e dati tecnici, perse un po’ del proprio mistero». Poeti e polemisti. Nello studio Rai di via Teulada si alternarono scienziati, scrittori, registi e attori. Il poeta Alfonso Gatto sperò di vedere sul Mare della Tranquillità una barca con a bordo sua madre e le persone scomparse alle quali aveva voluto bene; il regista Michelangelo Antonioni rivelò che il governo Usa gli aveva offerto di girare un film sulla missione Apollo, ma il progetto non aveva avuto seguito. E se lo scrittore Pier Paolo Pasolini si dichiarò orgogliosamente lontano “da quell’operazione enfatica e fastidiosa”, in Italia, tra l’eccitazione e l’ansia del momento, vennero al mondo decine di Mariluna, Apollo, Luna, Selenita e persino Collins (come l’astronauta che pilotava il modulo di comando). Tra gli ospiti di Tito Stagno c’era anche lo scrittore Alberto Bevilacqua. «Rimasi per 7 ore in Rai senza rendermene conto, tanto era il fermento» racconta. «Eravamo sulla Luna, quella che i poeti di ogni tempo avevano cantato.