L’invito della Caritas di Avezzano è a vivere la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo Giovanni Massaro, in occasione della Giornata mondiale dei poveri, domani, sabato 12 novembre alle 17, nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe Artigiano in Caruscino.
L’invito della diocesi alla preghiera affinché la Chiesa, anche nella fatica dell’incomprensione e dell’isolamento, sappia vivere la perseverante fedeltà al Vangelo e l’accompagnamento di ciascun fratello, specie se povero e dimenticato per costruire una comunità accogliente e solidale, pronta a farsi carico degli ultimi, dei piccoli.
Un appuntamento, quello della Giornata mondiale dei poveri, promosso dal Papa per la prima volta nel 2017 e accolto, ogni anno nel mese di novembre nelle diocesi, e che quest’anno avrà come tema: «Gesù Cristo si è fatto povero per voi» (cfr 2 Cor 8,9).
Nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini.
Il dizionario ci racconta che il povero è «chi non dispone a sufficienza di quanto è necessario per vivere». Insomma, chi vive una condizione di povertà. Ma la povertà, aggravata dalla pandemia e dalla vicina guerra in Ucraina, non è solo di tipo economico: ha mille volti e mille cause come racconta l’ultimo Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale, “L’anello debole”. Ad esempio: c’è una povertà ereditaria, che si trasmette di “padre in figlio” per cui in Italia occorrono almeno cinque generazioni per una persona che nasce povera di raggiungere un reddito medio; c’è una povertà educativa che riguarda i giovani del nostro Paese, fra i quali solo l’8% con i genitori senza titoli di studio superiori riesce a laurearsi.
Solo nel 2021 quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente. Anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza.
La Giornata Mondiale dei Poveri è una sana provocazione, come dice papa Francesco, «per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente».
IL MESSAGGIO DEL PAPA
Non c’è dubbio che i primi a pagare i frutti della guerra siano i più indifesi e i più deboli. Parte da questo assunto il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale dei poveri. Al centro l’invito a tenere lo sguardo su Gesù Cristo che, come recita il titolo, «si è fatto povero per voi».
E i destinatari di quest’abbassamento sono innanzitutto quelli che oggi subiscono in modo più grave, dopo la pandemia le conseguenze del «diretto intervento di una “superpotenza”, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli». E allora si ripetono scene che si pensava di poter dimenticare: «deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità». E poi milioni di donne, bambini e anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo cercando rifugio come profughi nei Paesi confinanti. Di fronte a questo scenario il credente è invitato a tenere lo sguardo fisso su Gesù, il quale «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9).
Significa, insieme alla preghiera, dare concretezza alla solidarietà, lasciando da parte la retorica per rimboccarsi le maniche, per farsi coinvolgere negli aiuti in modo diretto. Il rischio è infatti di cedere all’indifferenza o peggio, per «un eccessivo attaccamento al denaro» di restare «impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio». Un simile atteggiamento – accusa il Papa – impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri».
Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare. Al contrario invece sostenere chi è in difficoltà è un dovere del cristiano, e va realizzato senza comportamenti assistenzialistici, «come spesso accade» ma impegnandosi «perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto». Di qui l’urgenza di trovare nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali «concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli».
Alla luce della fede, del resto, esiste un paradosso che definisce due tipi di povertà. «Quella che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita».
Al contrario esiste una libertà che libera: «è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti».