Tra le migliori penne, ha lavorato per l’Ansa, Avvenire, Sole 24 Ore e Messaggero
di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – Grande emozione ha destato in Abruzzo e nella città capoluogo l’inattesa scomparsa il 14 novembre di Amedeo Esposito, decano dei giornalisti abruzzesi. Nato a L’Aquila il 15 marzo 1932, 87 anni portati sempre alla grande con quella sua finissima eleganza, l’immancabile papillon su perfette grisaglie, il sorriso dei suoi occhi una cortesia d’altri tempi connotavano la signorilità di vero gentiluomo. Nessuno mai poteva pensare che ci avrebbe lasciato d’improvviso – e con tanta discrezione -, potendolo frequentemente incontrare fino a qualche settimana fa nel multiforme mondo dell’informazione e della cultura aquilana.
Giornalista di grande talento, ha lavorato come Caposervizio per l’Ansa, fino al luglio 1992, quando la sede regionale dell’agenzia stampa, che egli stesso aveva istituito nel 1980, fu trasferita a Pescara. Lottò in ogni modo perché quanto invece accadde non avvenisse, e la ferita gli rimase sempre aperta. Attivo fin dal 1948 nel mondo dell’informazione abruzzese, passando attraverso le esperienze fatte nelle redazioni locali dei quotidiani il Giornale d’Italia, il Tempo e il Messaggero, per quest’ultima testata nel 1961 fu redattore nella redazione romana e capo della redazione aquilana dal 1962 al 1968. Nel 1970 chiamato dall’aquilano Angelo Narducci, direttore di Avvenire, il quotidiano cattolico della CEI fondato nel 1968, tenne la redazione delle pagine abruzzesi del giornale fino al 1980. Dal 1965 al 1979 fu corrispondente dall’Aquila dei quotidiani di Napoli il Mattino e Roma. Per oltre vent’anni, fino al 1975, fu addetto stampa della Diocesi dell’Aquila, per la quale fu anche redattore del periodico diocesano Voce Amica. Ha continuato, dopo essere andato in pensione, a scrivere per i quotidiani il Messaggero e il Sole 24 Ore.
Amedeo Esposito è stato davvero un punto di riferimento nel mondo dell’informazione di qualità e della cultura abruzzese, e non solo. Lo ha sottolineato bene l’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo: “Amedeo ha lasciato una impronta indelebile nella storia dell’informazione dell’Abruzzo. Lascia un vuoto incolmabile e un profondo dolore in tutti coloro che lo hanno conosciuto. Il suo impegno civile andava oltre la professione giornalistica, che ha onorato con grandi servizi e indimenticabili interviste come quella con il filosofo francese Jean-Paul Sartre e la sua compagna Simone de Beauvoir. Non ha mai fatto mancare consigli e indicazioni ai giovani che si sono avvicinati alla professione. La sua passione per la storia locale, soprattutto dell’Aquila, lo ha visto impegnato fino alla fine nel mantenere viva la memoria delle vicende e dei protagonisti che hanno restituito la nostra società alla vita democratica”.
Uno stile di scrittura inconfondibile, il suo, ricco di sensibilità e di profondità di pensiero. E di garbo, anche quando la sua penna doveva essere pungente, se non poteva altrimenti far ricorso all’ironia. L’Aquila perde un giornalista e uno scrittore insigne. Un intellettuale vero, attento, curioso, con l’acribia dello storico nella ricerca e nella verifica delle fonti. Fortemente ancorato all’etica della professione, ai valori civici, al rispetto della persona, ai suoi ideali politici di cattolico democratico e alla dottrina sociale della Chiesa, Amedeo ha attraversato gli anni del secondo Novecento e quelli del nuovo millennio fino ai giorni recentissimi, conoscendone a fondo i protagonisti, della società abruzzese e aquilana, nella politica, nell’economia, nella cultura, nelle tradizioni secolari. Dell’Aquila, in particolare, conosceva nel profondo la storia civica e chi ne aveva tracciato i solchi.
Assiduo frequentatore e profondo conoscitore del mondo culturale aquilano, delle sue prestigiose istituzioni musicali, teatrali e cinematografiche, della nostra Università, del Conservatorio e delle Scuole di alta formazione, ne ha compiutamente descritto gli eventi più significativi e le attività. I suoi articoli, i suoi fondi, le sue riflessioni su fatti e personaggi restano autentici cammei. In poche righe Amedeo disegnava il contesto, raccontava fatti ed eventi, ne traeva un senso. La sua valutazione oggettiva si giovava della ricchezza documentale del suo formidabile archivio, che purtroppo nell’ultimo decennio gli mancava terribilmente, da quando il terremoto gli aveva sconquassato la bella casa di Via Sallustio, nel cuore della città. Gli aveva pesato non poco la forzata diaspora a Montesilvano, fin quando tornato all’Aquila aveva trovato provvisoria sistemazione in un appartamento nel quartiere Colle Pretara.
Storico attento e valente, socio della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Amedeo Esposito ha pubblicato numerosi saggi e ricerche sulla contemporaneità e su eventi storici relativi alla seconda Guerra mondiale. In particolare sugli avvenimenti relativi alla prigionia di Mussolini a Campo Imperatore, alla fuga del Re da Ortona a Brindisi, al coinvolgimento dell’Arcivescovo dell’Aquila Carlo Confalonieri, poi Cardinale, nella Resistenza “bianca” e nell’opera di protezione degli ebrei, secondo le direttive ricevute da Pio XII, secondo le quali dispose immediatamente di “…trasferire in segreto all’Aquila tutti gli ebrei sfuggiti alla retata del ghetto di Roma e tutti coloro che sono nei monasteri o nei conventi del reatino”. Questo l’ordine perentorio ed accorato, affidato a corrieri in bicicletta, che l’Arcivescovo Carlo Confalonieri diede il 16 ottobre del 1943 ad alcuni parroci e guardiani – quelli fidatissimi – dei conventi di Cittaducale, Castel Sant’Angelo, Borgo Velino e Antrodoco, facenti allora parte allora della diocesi aquilana. Gli ebrei furono poi ospitati e protetti nei conventi e monasteri aquilani, fino alla liberazione della città dai nazifascisti, il 13 giugno 1944, grazie al movimentismo cattolico aquilano, guidato dal canonico Giuseppe Di Loreto e da Amalia Agnelli, che a sprezzo di ogni pericolo provvide a dare asilo a ebrei, partigiani e ai prigionieri alleati sfuggiti ai tedeschi.
L’attenzione di Amedeo Esposito storico si è più volte soffermata sul bombardamento della stazione dell’Aquila e dell’adiacente Zecca di Stato, l’8 dicembre 1943, come sui gravi fatti accaduti in città e nel circondario durante l’occupazione nazifascista. Particolarmente in riferimento ai Nove Martiri Aquilani, collaborando alle iniziative all’inizio promosse dalla docente Carla Piccone, nella manifestazione che l’Istituto Superiore “Amedeo d’Aosta” ogni anno tiene nel piazzale della scuola intitolato al martire Fernando Della Torre, per ricordare agli studenti il sacrificio per la libertà dei Nove Martiri e fare memoria della loro barbara esecuzione ad opera dei nazisti, il 23 settembre 1943. Un’opera importante, quella di Esposito, verso i giovani studenti – che lo ricordano come il giornalista con il farfallino – per fare con loro memoria del valore della libertà, riconquistata a caro prezzo nella lotta di Liberazione dal nazifascismo della quale l’eccidio dei Nove Martiri segna emblematicamente, in quel tragico settembre del ’43, uno degli avvenimenti che marcano l’inizio della Resistenza.
Grande riguardo Esposito ha pure riservato alle secolari tradizioni aquilane, in primis alla Perdonanza Celestiniana. Come pure all’antica tradizione aquilana di Sant’Agnese, la “maldicenza” di dire male del male, contribuendone fortemente alla riscoperta storica e alla valorizzazione, con la creazione del Pianeta Maldicenza insieme al compianto Ludovico Nardecchia, Tommaso Ceddia, Angelo De Nicola, Giuseppe Santoro e Walter Capezzali. Quest’opera ha dato avvio al popolare Agnesino d’Oro e al Palio di Sant’Agnese, l’annuale premio di “maldicenza” riservato agli aquilani della città e del contado, celebrato con un concorso di opere in vernacolo, una rassegna della satira, della critica mordace e del coraggio di “dire il male”. Come pure al blasonato Premio “Socrates Parresiastes”, riconoscimento conferito a personaggi che “affermano la verità con franchezza e coraggio”, tributato a personalità insigni, quali il filosofo Remo Bodei, Giuseppe De Rita, Carlo Azeglio Ciampi, Mons. Bruno Forte, Fabio Capello e Claudio Magris.
Dei brillanti articoli e cammei, da qualche anno, con Amedeo avevamo convenuto che non restassero confinati sulle pagine dei giornali locali. Infatti me li affidava con un laconico messaggio email, sempre lo stesso: “Goffrè, vedi tu…”. E puntualmente li diffondevo ai miei numerosi contatti stampa, in Italia e all’estero, con ampio riscontro di pubblicazione, perché così belli, interessanti, intriganti e ricchi di curiosità. Dagli Stati Uniti al Brasile, dal Canada all’Argentina, dal Sudafrica alla Svizzera, dall’Australia al Venezuela, e così di seguito, tantissime le testate nel mondo hanno raccontato i fatti e le singolarità aquilane attraverso l’avvincente narrazione di Amedeo Esposito. Anche questo, dunque, è un lascito prezioso per la Città, che egli ha così tanto amato.
“Oggi – ha tra l’altro dichiarato il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi – ci sentiamo tutti più poveri. L’Aquila piange una grave perdita ma sopravvivranno i suoi scritti, i suoi insegnamenti ed il suo esempio”. Chiudo questo modesto ricordo dell’amico Amedeo con un gesto che esprime tutta la sua gentilezza e signorilità e che mi riguardò direttamente. Avvicinandosi la primavera del 2007 e le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale, alcuni mesi prima scrissi una lettera aperta agli aquilani nella quale annunciavo che avrei lasciato la politica attiva, non ricandidandomi, e li ringraziavo tutti sia per il consenso accordato che per l’utile attenzione critica nel corso dei miei trent’anni passati al servizio della comunità aquilana. Il giorno dopo Amedeo Esposito, sulla pagina aquilana del Messaggero, su quella mia lettera scrisse uno dei suoi “fondi” e lo titolò “Palmerini, il politico gentiluomo”. Lo conservo ancora, quell’articolo, tra i miei ricordi più preziosi.