A partire dal 24 settembre il Museo della Lettera d’Amore, museo unico al mondo, in Palazzo Valignani di Torrevecchia Teatina (Chieti), ospiterà incontri con scrittori, artisti, uomini illustri del Paese che doneranno una prestigiosa lettera d’amore al Museo. Si terranno anche mostre, concerti, recital. Ecco il calendario dei primi incontri previsti:
24 settembre ore 17 Inaugurazione della mostra di cartoline d’amore. Prima esposizione di una raffinata collezione di cartoline d’amore d’epoca donate da Maria Pia D’Amario, vedova di Renato D’Amario, straordinario collezionista. Nello stesso giorno Deborah D’Agostino, poetessa romana, terrà un recital, introdotto dalle note critiche del prof. Vito Moretti.
15 ottobre ore 17 incontro con lo scrittore Alessio Romano, donazione di una sua lettera d’amore tratta dal romanzo “Solo sigari quando è festa” pubblicato da Bompiani, presentazione del libro e letture dell’autore, intervistano l’Autore le prof. Barbara Di Paolo e Monica Ferri.
22 ottobre ore 17 incontro con Mariagiorgia Ulbar che donerà una sua lettera al Museo, introducono Tonita Di Nisio e Rolando D’Alonzo, arpista: Benedetta De Simone.
29 ottobre ore 17 incontro con Maria Grazia Calandrone che donerà al museo una sua lettera d’amore, introduce il prof. Andrea Gialloreto, dell’Università “G. D’Annunzio”, arpista: Benedetta De Simone.
LA MOSTRA DELLE CARTOLINE D’AMORE
Non tutti lo sanno, ma per quasi 70 anni la cartolina è stata uno dei mezzi più popolari per la comunicazione amorosa. Se nelle lettere d’amore tradizionali potevano scorrere fiumi d’inchiostro, la cartolina disponeva di uno spazio limitato per il testo, per questo le immagini erano importanti. E poi, allora, non tutti sapevano scrivere o esprimersi. A loro ci pensavano le cartoline, in genere prestampate con frasi convenzionali. Le cartoline d’amore conobbero una diffusione vastissima a partire dagli anni “30, giungevano infatti al destinatario, uomo o donna che fosse, dentro una busta chiusa per evitare ogni compromissione o imbarazzo. Si svilupparono soprattutto come messaggi privati tra amanti segreti o ostacolati, il messaggio d’amore doveva rimanere segreto, perciò la trasmissione avveniva di nascosto, mettendo in modo particolare il francobollo o addirittura scrivendo sotto di esso. Per l’epoca erano considerate “ardite”, anzi, abbastanza scandalose, ma di sicuro effetto. Il bacio con relativa posa, uno sguardo “assassino”, gesti di desiderio appena appena accennati, ma chiarissimi e allusivi, tutto era proibito e considerato “audace”…
Durante la prima guerra mondiale, era d’uso che i soldati al fronte si facessero fotografare in divisa, poi affrancavano il loro ritratto, e con qualche pensiero d’ amore lo spedivano alla fidanzata. Qualche collezionista sostiene che la cartolina d’amore, sia la discendente povera di quei bigliettini che nel Settecento i nobili inglesi, francesi e italiani si scambiavano tra di loro come gioco di società, con sopra frasi d’ augurio, motti scherzosi, proverbi, versi leggermente osé, impreziositi da ghirigori e allegorie. Quanti sospiri, quanti abbracci, capelli impomatati e labbra vermiglie! Le cartoline d’amore percorrono così tutto il Novecento, con la loro grafica, spesso ritoccata e ricolorata da mani esperte, con le frasi vergate a mano sul retro, che ricordano nelle parole l’eco di D’Annunzio e l’impertinenza delle poesie di Gozzano.
Negli Anni Sessanta Cesare Marchi sulla “Domenica del Corriere” si chiede: “I giovani d’oggi scrivono lettere d’amore? L’epistolografia amorosa, genere letterario fiorentissimo nei tempi andati, sta davvero morendo?” E commenta: “Oggi non si scrive quasi più, si telefona”. Sembra un commento dei nostri giorni: i giovani d’oggi non soltanto non scrivono più, ma nemmeno si telefonano. Oggi si dichiarano e si lasciano con un semplice sms!
Nella primavera del 1962 i carabinieri di Torbole sul Garda rinvennero nel lago una valigia contenente quaranta chili di lettere d’amore. I nomi vennero fatti, e lei ricevette travolgenti dichiarazioni d’amore con proposte di matrimonio da tutta Italia! Negli anni Sessanta la produzione delle “cartoline d’amore” era fiorentissima, se ne stampavano 50 milioni di pezzi l’anno, venduti in tutto il mondo, perfino nel Vietnam.
Il Museo della Lettera d’amore, museo unico al mondo, propone una mostra di cartoline d’amore d’epoca, appartenute al collezionista Renato D’Amario e donate dalla moglie Maria Pia all’Associazione AbruzziAMOci. Si tratta di circa 160 cartoline d’amore di diverse epoche, a partire dai primi del Novecento e poco oltre, che appartengono a varie tipologie. Le più interessanti sono quelle in bianco e nero dipinte a mano, ma anche quelle di illustratori notevoli, Fiorenzo Duilio Guerzoni (Crevalcore, 1883-1963), Carlo Stragliati (Milano, 1868-1925), Domenico Mastroianni (Arpino, 1876 – Roma, 1962), Jan Styka (Lwow, Polonia, 1858 – Roma 1925) e molti altri (Gotti, Monastier, M. Santino, Okon, qualcuno il cui nome deve ancora essere individuato); notevoli le riproduzioni di opere di artisti famosi, da Jean-Francois Millet a Goya, ad Albert Besnard, a Charles Chaplin (da non scambiare con il famoso regista Charlie) pittore francese (1825-1891). Le cartoline non sono solo italiane ma anche di altre nazioni, alcune raffigurano dive dell’epoca, come Annita Di Landa, sciantosa nata a Torino nel 1875, che posò giovanissima per lo scultore Grosso. Scritturata da una compagnia di prosa, passò in seguito al caffè-concerto esibendosi per qualche tempo in un baraccone sul Lago Maggiore. Nel 1897 si era già fatta notare negli ambienti dello spettacolo e nel 1900 era già affermatissima come canzonettista eccentrica. Altezzosa e popolarissima, una sera proibì a Ettore Petrolini, che in seguito l’avrebbe definita “la Cecil Sorel” del Caffè-concerto, di chiudere lo spettacolo, sino a che il popolarissimo attore romano si rassegnò a dover improvvisare un duetto con lei. Il suo repertorio, intelligente e provocatorio, era formato da cose prevalentemente scritte appositamente per lei e cedutele in esclusiva, fra cui alcune belle canzoni di Armando Gill.
Lise Fleuron, nome d’arte di Marguerite Rauscher, nacque a Parigi nel 1874, fu invece interprete degli spettacoli dell’Alcazar e del caffè degli Ambasciatori. Gli abiti a fiori stile liberty e i décolletés fecero la sua fortuna. Ebbe successo anche a Londra. Nelle sue memorie menziona che ebbe da ignoto padre un figlio che morì a 4 mesi. Sposò poi un certo Dufleuve. Fu poi modista, visse a casa degli zii a Parigi, morì a Enghien, in Val d’Oise, nel 1960. In un’altra cartolina, Tina Di Lorenzo e Armando Falconi. Tina, nata a Torino nel 1872, figlia del marchese Corrado Di Lorenzo e dell’attrice napoletana Amelia Colonnello, anch’essa di nobile famiglia e dama di corte della regina Elena di Savoia, calcò le scene fin da bambina. Il successo le arrise nel 1888, al Teatro Rossini di Napoli, nel corso della rappresentazione del Ruit hora di Francesco Proto duca di Maddaloni, dopo la quale la stampa decantò le sue grandi doti di attrice. Due anni più tardi era già prima attrice assoluta nella compagnia Pasta. Si unì quindi nel 1898 a Flavio Andò per una serie di rappresentazioni applauditissime in tutta Italia. Possedeva una rara bellezza, voce melodiosa e modi da gran signora nonostante la giovane età: si meritò da parte dei suoi adoratori il soprannome di “Angelicata“. Nel 1901 sposò il cugino Armando Falconi, attore anche lui: la loro storia d’amore nacque durante una tournée in Ungheria, nel corso della quale lui la difese dagli attacchi di un giornalista che dipingeva la De Lorenzo con toni poco lusinghieri. A seguito di un duello combattuto ad armi bianche, Falconi ebbe la meglio tanto da meritarsi l’amore della cugina, dal quale nacque il figlio Dino. Tina Di Lorenzo fece parte di numerose compagnie, dalla Stabile del Teatro Manzoni di Milano (dal 1912 al 1914) dove fu primadonna, alla compagnia di Francesco Pasta e Enrico Reinach a quella di Flavio Andò, mietendo sempre numerosi successi. Partecipò ad una sola pellicola cinematografica, sempre assieme al marito, nel 1915: si trattava de La scintilla di Eleuterio Rodolfi. Si ritirò a vita privata negli anni tra il 1918 ed il 1920, tornando in scena una sola volta, nel 1926, al teatro Drammatico Nazionale di Roma. Morì a Milano nel 1930. Queste storie ci riportano a un tempo molto lontano da noi, ma inquadrano bene il clima in cui quelle cartoline furono realizzate, ridonandoci i contorni di un’altra epoca, perciò osservate con attenzione queste cartoline d’amore e vi troverete così a rivivere anni lontani ma forse non meno interessanti dei nostri e più densi di sogni…
GLI OSPITI DEGLI INCONTRI
Deborah D’Agostino vive a Roma. Da molti anni organizza e presenta eventi culturali. Per la poesia ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali. Cura testi e note critiche di poesia e narrativa contemporanea; conduce laboratori di scrittura creativa ed è membro di giuria di premi letterari. Le sue opere sono pubblicate in diverse antologie, tra le quali ci limitiamo a ricordare: Le relazioni – Scritture di Ciardella-Gronchi (Ed. Paoline, Progetto Cultura CEI); Da “I Parchi Letterari” ai poeti contemporanei (Ed. Artescrittura). Nell’ultima antologia delle sue liriche, Gabbiani d’asfalto, tradotta anche in francese, pubblicata in occasione di una celebrazione culturale UNESCO, la poetessa puntualizza il suo pensiero in merito al valore di comunicazione della poesia: “Se è vero che nel secondo Novecento sono venuti meno quei codici poetici che hanno caratterizzato i secoli precedenti, se sempre maggiori spazi di riflessione sembrano essere divorati da una dilagante afasia, ciò non significa che la spinta creativa alla versificazione non continui a rispondere ad una sorta di legge naturale. Una legge che resta, in tutti i tempi, il canale comunicativo privilegiato per esprimere, anche in contesti difficili e dolorosi, la complessità emotiva ed intellettuale dell’essere umano, attraverso uno schema pieno di senso, di ritmo, di armonia”. E una particolare forma di comunicazione è anche la preghiera, laddove favorisce la concentrazione nel nucleo profondo di noi stessi, inducendo una vibrazione “alta” che ci sintonizza con la nostra natura più autentica.
Alessio Romano è nato a Pescara nel 1978. Ha studiato Lettere a Bologna laureandosi a Roma con una tesi su John Fante e alla scuola Holden di Torino. Sono stati pubblicati due suoi romanzi da Bompiani: Paradise for all e Solo sigari quando è festa.
Mariagiorgia Ulbar è nata a Teramo nel 1981 e vi è vissuta fino ai 18 anni. In seguito si è trasferita a Bologna. Ha studiato germanistica e anglistica e si occupa di didattica delle lingue e traduzione. Ha pubblicato testi sulle riviste letterarie Lo straniero, Le voci della luna, Tratti, Nuovi argomenti, La hotra revista e le raccolte Arance di mezzanotte (ElitEdizioni, 1999), I fiori dolci e le foglie velenose (Maremmi, 2012) e Su pietre tagliate e smosse all’interno dell’Undicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2012) e Gli eroi sono gli eroi (Marcos y Marcos, 2015). Ha pubblicato in edizioni tipografiche limitate il poemetto illustrato Osnabrück, le prime sei cartoline del progetto Poste/Poesie e, per la Collana Isola, la plaquette illustrata Transcontinentale e le prime nove cartoline del progetto autoprodotto Poste/Poesie. Collabora al progetto di poesia e fotografia Il tempo qui non vale niente, che si sviluppa on line al sito lightpo.tumblr.com. Vincitrice del Premio Dessì 2015 e finalista al premio Metauro 2015.
Maria Grazia Calandrone (Milano, 15 ottobre 1964) è una poetessa, scrittrice, drammaturga, artista visiva, autrice e conduttrice su Rai Radio 3 italiana. Vive a Roma e dal 2010 tiene a battesimo poeti esordienti, ritenuti meritevoli di pubblicazione, per la rivista internazionale Poesia, nella rubrica di inediti Cantiere Poesia. Scrive sul quotidiano il manifesto e su la 27ora del Corriere della Sera. Nel 2010 e nel 2015 scrive e conduce due cicli di Qui Comincia per Rai Radio 3. Ha collaborato con Unomattina Poesia (Rai 1), con Rai Cultura e Cult Book (Rai 3). Collabora da anni con l’attrice Sonia Bergamasco, per la quale ha composto i monologhi: La scimmia bianca dei miracoli e Pochi avvenimenti, felicità assoluta, lavoro dedicato alla memoria d’amore tra Robert e Clara Schumann e trasmesso in diretta dal Quirinale. Inviata dall’Istituto giapponese di cultura di Roma nelle città di Tokyo e Kyoto per il Premio Haiku in Italia, si innamora dell’essenzialità e dell’eleganza della cultura giapponese e ne traduce le istanze nella propria poesia. La sua poesia è tradotta in molte lingue, tra le quali lo spagnolo e il francese. Esordisce nel 1994 con la silloge Illustrazioni, premio Eugenio Montale per l’inedito. Nel 1998 ottiene la pubblicazione-premio (Premio Nazionale Nuove Scrittrici) di Pietra di paragone, volume dedicato alla figura del padre Giacomo Calandrone, combattente volontario nella guerra civile di Spagna e deputato comunista, nonché autore di saggi storici e politici. La scimmia randagia, “interamente dedicato” alla nascita del figlio Arturo, è libro cosmogonico con il quale vince il Premio Pasolini Opera Prima. Il medesimo intento “corale” si riscontra in Come per mezzo di una briglia ardente, variazione sul tema della “tremenda semplicità della morte” (materna) e ne La macchina responsabile, testo dove l’autrice si interroga sulla responsabilità individuale nelle stragi di massa, ovvero sulla natura e sulla distribuzione del male e sulla scelta che ogni essere umano è quotidianamente necessitato a compiere. Nel 2010 pubblica Sulla bocca di tutti, opera vincitrice del Premio Napoli. Il volume esamina il punto di non-ritorno dell’Occidente, universalmente assunto nell’emblema del crollo delle Torri Gemelle, ancora a contrasto con la privata e gioiosa rifondazione del mondo avvenuta con la nascita della figlia Anna. Segue, sempre nel 2010, Atto di vita nascente, rielaborazione memoriale dell’amore nascente. Il suo primo romanzo viene pubblicato nel 2011 per Luca Sossella: L’infinito mélo, una prosa onirico-visionaria che segue inconsciamente le tappe del Viaggio del sole notturno, testo iniziatico egizio, accompagnata da Vivavox, cd di sue letture dei propri testi, tra i quali compare Alla compassione di tutti, cronaca del suicidio della madre naturale, Lucia Galante. Nella quarta sezione de La vita chiara, dedicata all’Aria, la poetessa assume nelle proprie parole la lezione di levità di Fryderyk Chopin (“nulla sia noto di noi che il sorriso”) e il duro compito della sublimazione amorosa di Teresa d’Ávila. Una seconda prosa, Salvare Caino, sul tema del superamento del trauma da narcisismo nella relazione d’amore, accostata a un dipinto di Antonio López García, verrà pubblicata nel 2014 da Donzelli Editore nell’antologia di racconti figurativi Nell’occhio di chi guarda. Il progresso interiore, e dunque poetico, verso l’inno di gioia, continua con Serie fossile (rosa del Premio Viareggio e premi Tassoni e Marazza), opera nella quale canta a voce spiegata l’amore assoluto, che diventa esperienza di “amore dirompente” e anticonvenzionale “per il creato”, condotta con toni lirici ed elegiaci, ma anche scientifici e farseschi – come osserva Aldo Nove nella sua recensione sul rotocalco Donna Moderna, mentre Daniela Attanasio su il manifesto scrive che “Il corpo descritto viene evocato, in una sorta di adorante preghiera pagana, come esemplare primigenio della specie, figura che incarna la completezza della natura femminile”.