L’Aquila. Riceviamo e pubblichiamo:
Nel pieno rispetto delle libere ed autonome determinazioni di ogni società, lo scrivente in sintonia con il programma esposto nelle recenti elezioni ritiene sia opportuno invitare ad una riflessione su una proposta di lavoro che andrebbe ad interessare tutte le società di rugby del territorio abruzzese.
Richiamo la filosofia di fondo che ha ispirato sia il programma esposto durante le elezioni sia le motivazioni che mi hanno spinto a propormi come Presidente del Comitato Regionale.
In estrema sintesi i valori fondamentali del rugby si vogliono tradurre in concreta esperienza di lavoro e come base per lo sviluppo del nostro movimento.
Fare squadra, rispetto delle regole, rispetto dell’avversario, amicizia e lealtà devono trovare una applicazione pratica negli atti e nei rapporti tra i club ed i propri giocatori genitori e sostenitori, oltre che nei rapporti tra le varie realtà del territorio.
Vorrei sottolineare come questi valori, da concretizzare in comportamenti e scelte operative di gestione quotidiana e di programmazione, devono declinarsi anche, in modo fondamentale, verso la crescita globale del territorio per alimentare il senso d’appartenenza e di legame dei ragazzi con le proprie radici.
In questo senso non può sfuggire come le giuste aspirazioni di ogni ragazzo siano verso l’alto livello e verso le massime espressioni del rugby.
Dobbiamo essere consapevoli che l’alto livello già da oggi, ma ancor di più nel prossimo futuro, vedrà i migliori talenti, pochi, dirigersi in ambiti di professionismo quali PRO12, club esteri e Nazionali, mentre gli altri, pur meritevoli, vedranno svolgere la loro vita sportiva nel Campionato d’Eccellenza, in Serie A o nelle serie minori.
Qui dobbiamo essere tutti consapevoli che se da un lato i percorsi di ogni atleta sono a doppio binario verso l’alto e verso il basso in relazione alle prestazioni ed al processo evolutivo dell’individuo, dall’altro i livelli, qualunque essi siano, devono restituire ai giocatori il massimo della soddisfazione e gratificazione.
Legare gli atleti alla regione d’appartenenza significa poter loro offrire facilmente accesso al livello che solo “il campo” deve stabilire.
Sono sicuro che il legame forte con le radici e l’invincibile spirito d’appartenenza che si vuole creare porterebbero i migliori talenti che dall’Abruzzo spiccano il volo per la loro carriera di professionisti d’alto livello a desiderare un ritorno per mettere a disposizione del territorio l’esperienza acquisita, contribuendo così a consolidare l’orgoglio e lo spirito d’appartenenza dei giovani che li consacrerebbero come loro riferimenti e modelli positivi.
Altresì per gli altri giocatori che svolgono la loro vita sportiva nel Campionato d’Eccellenza, in Serie A o nelle serie minori si vuole generare un meccanismo di riconoscenza verso i club che hanno loro consentito liberamente di poter avere le massime soddisfazioni cui ognuno poteva aspirare nell’ambito della regione Abruzzo.
Allora “FARE SQUADRA” non resterebbe solo un’allocuzione retorica se tutte le società della regione Abruzzo prendessero un formale impegno affinché gli atleti da loro formati e cresciuti nelle varie categorie giovanili fossero liberi, senza compensazioni di nessuna natura, di scegliere la squadra più adeguata alle loro competenze ed esigenze.
Lo scopo è quello di liberalizzare i movimenti con particolare attenzione a quelli dal basso verso l’alto nella scala dei valori sportivi.
In Regione Abruzzo abbiamo due squadre di Serie A, che si spera possano ulteriormente migliorare il loro livello, oltre che squadre di Serie B, C1 e C2.
Dunque in concreto propongo che ogni Società sia disponibile a consentire il passaggio di un atleta ad un Club a lui interessato o viceversa ad un club cui l’atleta ambisce a giocare.
Mi rendo perfettamente conto che un tale sistema andrebbe a rivoluzionare i meccanismi finora vigenti e gli equilibri economici a cui, pure, ogni società deve porre attenzione, tuttavia vorrei sottolineare come le economie non si possono fare a discapito degli interessi ed aspirazioni degli atleti.
Un impegno di tal genere, che potremmo chiamare “Patto per il Rugby Abruzzese” potrebbe dare, invece, dei concreti ritorni basati sulla possibilità di presentarsi alle Istituzioni ed agli operatori economici con un piano chiaro, condiviso e forte nei suoi principi e valori.
È vero che le società sportive devono essere gestite come delle Aziende, ma non dimentichiamo che mentre la mission di queste è il mero profitto, altra e più alta è la mission dello sport.
Gli investimenti dei club sui ragazzi, coinvolti nel gioco del rugby anche in tenera età, fatti crescere con fatica ed impegno non possono essere finalizzati al ritorno economico, ma alla creazione di un ciclo virtuoso per il quale il club vede un ritorno dei propri ragazzi a fine carriera per una continua e sostenibile crescita della società.
D’altra parte il meccanismo di valorizzazione del capitale umano preso da bambino, cresciuto sportivamente, dunque monetizzato al pari di un investimento in borsa, seppur del tutto legittimo, comporta, spesso, un senso di ribellione e di allontanamento dal club che lo ha visto crescere da parte degli atleti e delle famiglie che subiscono sulla loro pelle il condizionamento dello scambio monetario pur di veder sodisfatte le proprie aspirazioni.
Con il Patto che propongo, che dovrebbe vedere interessate tutte le società abruzzesi, si costituirebbe un’unità d’intenti in cui ogni club potrebbe riconoscersi come se l’Abruzzo fosse un unico grande CLUB.
Come rispettare la diversità delle realtà, i diversi metodi di lavoro, di reclutamento e di sviluppo nei diversi territori che se esistono evidentemente hanno tutte le loro ragioni?
In effetti con questo “Patto” non si vuole creare nessuna omogeneizzazione, ma esclusivamente riconoscersi in un progetto comune di crescita, in cui ogni società al contrario deve vedere il lavoro della società vicina come una concorrenza che impone a se stessa la necessità di essere allo stesso livello, per un offerta sempre più interessante.
Riconoscersi in un progetto comune in cui alla fine gli atleti in uscita dall’under 18 non siano oggetto di scambio eviterebbe quei tristi fenomeni di “cannibalismo” per cui si crede che la crescita del proprio club avvenga più facilmente se si creano difficoltà al club concorrente, come se le difficoltà del vicino si traducano automaticamente in benefici per se stessi.
I rapporti con le Istituzioni pubbliche oggi sono calibrati attraverso le iniziative di ogni società che si propone per ottenere benefici, per risolvere problemi e per definire l’uso degli impianti sportivi.
Un “patto” chiaro e riconoscibile anche dall’opinione pubblica, consentirebbe invece una razionalizzazione ed ottimizzazione degli impianti al fine di permettere ad ogni club di poter contare su un campo, degli spogliatoi, di impianto d’illuminazione e club house.
A mero titolo d’esempio, per la sola città dell’Aquila, che, ovviamente, è il faro di riferimento per l’intera regione, troviamo situazioni consolidate come l’impianto “Enrico Iovenitti” di Paganica, “Centi Colella” dell’Aquila, mentre vi sono situazioni da definire per migliorarne sia i termini di utilizzazione, manutenzione e di completamento di strutture e servizi come lo Stadio “Tommaso Fattori”, il campo da rugby di Piazza d’Armi ed il “Comunale di Villa S. Angelo”.
Ebbene sono sicuro che le Amministrazioni Comunali sarebbero molto più sensibili e facilitate nelle proprie scelte se si trovassero di fronte l’insieme delle Società Aquilane che condividendo la finalizzazione del proprio lavoro chiedono il miglioramento delle condizioni.
Deve valere il principio che le difficoltà di una crea problemi anche alle altre società e viceversa il beneficio di una si tramette pure alle altre.
Ciò comporta che se oggi abbiamo alcuni club che hanno la forza di molti ragazzi per tutte le categorie, questi sono una risorsa per tutti noi ed uno stimolo per gli altri club a seguirne le tracce utilizzando le stesse strategie che facilmente possono essere condivise.
Altresì la chiarezza dei rapporti e degli impegni, che di sicuro andranno a beneficio delle massime espressioni del rugby in Abruzzo, consentirà di utilizzare quei meccanismi, che già esistono, per permettere ai migliori giocatori U18 di fare qualche esperienza, cioè qualche partita, nelle squadre di serie A continuando a giocare normalmente con il proprio club il campionato di categoria.
Questa fluidità arricchisce tutti, i giocatori vedono concretamente che la realizzazione dei propri desideri dipende esclusivamente da loro stessi senza barriere tra club, distanze tra allenatori, o, addirittura, scambi economici.
La crescita dei talenti, specie U16 ed U18, troverebbe in Abruzzo un binario parallelo a quello determinato dai centri di formazione permanenti ed accademie ed anzi con questi potrebbero molto più facilmente avvenire quegli scambi nelle due direzioni senza che chi esce dai centri federali debba sentirsi un frustrato ed uno sconfitto e viceversa chi entra, anche a 16 anni, sentirsi arrivato, perché troverebbero un’alternativa che consentirebbe sia di tornare in accademia in quanto valorizzato sia di scegliere di restare nel territorio perché qui viene comunque garantita la sua crescita senza il distacco e la perdita del senso e dell’orgoglio dell’appartenenza.
Come vedete gli spunti per discutere e per riflettere sono molti, la mia infatti è un’iniziativa che vuole spingere al confronto ed alla condivisione uscendo anche dagli schemi precostituiti perché sono sicuro che l’interesse di tutti voi è lo stesso ed è il bene del rugby.
Nel ribadire che ognuno deve sentirsi libero di fare le scelte che ritiene migliori per se stesso e per il proprio club, vi invio i miei più cordiali saluti ed augurio di buon lavoro.
Giorgio Morelli
Presidente CRA