Nella fotografia sottostante la prima, scattata ad Avezzano la mattina del 3 Febbraio 2012, l’abbondante coltre nevosa, di circa un metro e 20 centimetri.
L’intensa irruzione d’aria gelida proveniente dalle steppe siberiane, ossia di origine artico-continentale, che si verificò nel Febbraio 2012, è stata causata principalmente da uno Stratwarming Polare (un riscaldamento della stratosfera avvenuto al di sopra del Circolo Polare Artico). Non sempre, però, tale repentino riscaldamento stratosferico, può avere delle ripercussioni sulla circolazione atmosferica che interessa il comparto euro-mediterraneo, poiché influiscono anche altre dinamiche circolatorie o fattori, i quali possono indurre una deviazione degli scambi termici meridiani d’aria gelida dall’Artico. In effetti, negli ultimi tempi, rispetto all’anno 2012, si stavano attuando di nuovo le condizioni per le quali, i venti ad alta quota, possano avere trasportato l’ozono presente dalle latitudini equatoriali fino alle latitudini attinenti al nostro Circolo Polare Artico.
In questo modo, un surplus di ozono presente nella Stratosfera, provocò un maggiore assorbimento della radiazione ultravioletta, essendo un gas avente un’elevata capacità termica, incentivando l’inversione termica che si verifica già di per sé nella media atmosfera del Polo Nord, ossia nella Stratosfera (oltre i 12 km di quota), esattamente come successe nel cuore dell’Inverno del 1929, del 1956 e del 1984-85. Tale riscaldamento ad alta quota, produsse un’alterazione della circolazione atmosferica polare, ossia dell’ampia depressione che staziona e ruota in senso antiorario, per quanto riguarda il nostro emisfero, intorno al Circolo Polare Artico. Il Vortice Polare subisce dei mutamenti all’interno della Troposfera, poiché, il riscaldamento stratosferico, incrementa la genesi di un’area di alta pressione che lo divide (split) e fa sì che i suoi lobi raggiungano la Siberia e il resto del territorio russo, nonché i settori occidentali, ossia il Canada e gli Stati Uniti. Tuttavia, un lobo del Vortice Polare aveva trovato gli ingredienti per i quali invadere la Russia e i settori orientali europei. L’aria molto fredda non ebbe dinanzi montagne ad ostacolarle la strada e dilagò nelle steppe siberiane, nutrendo l’Anticiclone di natura termica che tende ad originarsi, ogni Inverno, su taluni territori geografici, tutto per via delle forti nevicate favorite dalle depressioni polari che trasferirono le loro redini verso quote più basse e, allontanandosi, diedero luogo alle prime gelate. L’Anticiclone Russo-Siberiano si irrobustì, soprattutto mediante l’albedo, dunque la riflessione della radiazione solare verso lo spazio, attuata dal suolo innevato, ossia dai cristalli di ghiaccio o di neve che, in tale situazione, riuscirono ad incrementare il calo termico, rendendo l’aria artica, ancora più fredda del suo stato iniziale. Orbene, l’irrobustimento dell’Anticiclone Russo-Siberiano, figura barica di origine termica, favorì, grazie all’accumulo d’aria gelida e pellicolare nei bassi strati, un’espansione di quest’ultima, finché essa è stata tale, da raggiungere l’Europa meridionale e il Mediterraneo, ove, il periodo mite e anticiclonico che interessò prima quest’ultimo, fece sì che le correnti meridionali richiamate da una depressione originatasi sul Tirreno centro-meridionale in seguito all’ingresso di un ennesimo fronte perturbato, acquisissero umidità dal basso da una superficie marina piuttosto mite e, contrapponendosi all’aria gelida pellicolare di origine siberiana, essa più pesante rispetto ad esse, salirono al di sopra di quest’ultima, condensarono e sublimarono, raffreddandosi per espansione, producendo celle temporalesche particolarmente intense, che riuscirono a riversare grandi quantità di neve anche sul nostro territorio marsicano, seppur giovassero fattori quali la complessa distribuzione orografica che lo compone.
rc