Comandante della sezione mitraglieri, il 21 aprile 1945 fu tra i primi ad entrare a Bologna
di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – E’ deceduto ieri (1° marzo) a Sulmona, all’età di 102 anni – li avrebbe compiuti il 17 aprile – Gilberto Malvestuto, l’ultimo ufficiale ancora vivente della gloriosa Brigata Maiella. Combattente nella Guerra di Liberazione, è stato un lucido testimone di quella lotta per la libertà specie nei confronti dei giovani, cui consegnava un messaggio autentico di storia vissuta, di impegno civile, d’amor patrio e di forte invito a difendere i princìpi e i valori della Costituzione repubblicana. Di questa appassionata testimonianza della Resistenza, della guerra di Liberazione dal nazifascismo, dei valori della libertà e della democrazia conquistati con il sacrificio di tante vite degli italiani, Gilberto Malvestuto ne ha fatto ragione di vita. Tutti i giorni della sua lunga esistenza egli ha conservato la freschezza della testimonianza e il dovere della memoria da trasmettere alle giovani generazioni, insieme alla limpidezza dell’impegno a preservare la pace, rifuggendo dalla vendetta e dall’odio. Per la forza e la continuità nel testimoniare la lotta di Liberazione dal nazifascismo e la storia della Brigata Maiella Malvestuto era diventato un punto di riferimento per studiosi, storici e per il mondo dell’informazione scritta e televisiva.
La sua infallibile memoria, la ricchezza della documentazione posseduta e curata con certosino zelo erano ormai considerata una certezza, specie quando era rimasto l’unico ufficiale della Brigata Maiella ancora in vita al quale, peraltro, sebbene l’età avanzatissima, non difettava la compiutezza e la precisione degli accadimenti bellici di cui era stato protagonista. Posso peraltro riferire almeno due fatti che danno percezione del suo zelo nel rendere onore alla storia della Brigata Maiella. Il primo, nella seconda metà degli anni Settanta, allorché promuoveva l’intitolazione d’una via dell’Aquila ad Ettore Troilo. Ne aveva parlato con un esponente d’un partito di sinistra, ma l’esito tardava ad arrivare. Me ne riferiva con rammarico. Ero suo collega e amico, lavoravo alla stazione dell’Aquila, ma dal 1975 ero anche Consigliere comunale dell’Aquila e capogruppo della Democrazia cristiana. Gilberto mi scrisse anche una lettera per esporre le giuste ragioni della proposta, delle quali peraltro ero pienamente convinto. Ne parlai con il sindaco, il Sen. Ubaldo Lopardi, il quale concordò e mi incaricò di seguire l’iter del provvedimento, che non tardò ad arrivare a soluzione. Qualche tempo dopo, andata in porto l’intitolazione, alla soddisfazione di Malvestuto seguì anche una bella lettera del figlio di Ettore Troilo, Carlo, che ancora conservo tra le mie carte.
L’altro fatto riguarda gli anni dopo il terremoto del 2009. Malvestuto, prima del sisma, aveva avuto dalla Presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane, la disponibilità dell’ente a pubblicare un volumetto di sue memorie e di storia della Brigata Maiella, tanto che aveva affidato il manoscritto e un ricco corredo di documenti e immagini in originale, tratti dal suo archivio personale e conservati presso gli uffici della Provincia, adiacenti la Biblioteca Tommasi. Là dov’era stato il Liceo classico “Cotugno” c’era l’assessorato provinciale alla cultura, che avrebbe curato la pubblicazione. Il terremoto del 6 aprile 2009, come aveva squassato l’intera città, aveva particolarmente infierito su quello storico palazzo, già convento francescano, con il crollo di tetti e soffitti. Gilberto non si dava pace che risultasse irrecuperabile, sotto le macerie, non solo il manoscritto, ma soprattutto l’ampia documentazione originale che aveva fornito. Non ebbi alcuna possibilità d’aiutarlo e tuttavia compresi quale attaccamento egli avesse per ogni elemento costitutivo del suo archivio e della sua memoria. Fortunatamente parte di documentazione l’aveva conservata in copia, ma quell’assillo lo perseguitò per diversi anni. Numerose le nostre frequentazioni, specie quando arrivava in treno a L’Aquila, passava negli uffici di stazione a salutarmi. Conservo un magnifico ricordo di lui, della sua gentilezza e dei valori per i quali ha sempre lottato e vissuto.
Gilberto Malvestuto era nato a Sulmona il 17 aprile 1921. Primo di sette figli di Gabriele e Angela Ficorilli, aveva da giovanissimo messo in mostra l’avversione per ogni forma di prevaricazione. Frequentò l’Istituto magistrale e sugli stessi banchi di scuola conobbe Leda, che poi sposò, amata compagna della sua vita e madre dei suoi tre figli. Nel 1942 la chiamata alle armi. A Bologna aveva seguito il corso per allievi ufficiali e il 5 settembre ’43 era stato nominato sottotenente. Con l’armistizio dell’8 settembre, in assenza di ordini superiori, tolta la divisa, egli aveva raggiunto Sulmona e si era dato alla clandestinità sulle vicine montagne per sfuggire alle retate fasciste di arruolamento militare alla Repubblica di Salò. Intanto in Abruzzo, dov’erano già operanti bande partigiane e il 25 settembre c’era stata a Bosco Martese la prima azione contro i tedeschi, il 5 dicembre ’43 nasceva a Casoli la banda “Patrioti della Maiella” per iniziativa dell’avvocato Ettore Troilo, già collaboratore di Giacomo Matteotti. La banda, in coordinamento con l’esercito inglese tramite il maggiore Lionel Wigram, nel febbraio ’44 diventava Brigata Maiella, un vero e proprio reparto militare di combattenti inquadrato nell’VIII Armata britannica, vestendo divisa inglese e con bandiera italiana senza stemma sabaudo. La Brigata Maiella operò sulla linea Gustav, nelle sanguinose battagliedel Sangro e di Ortona, insieme ai contingenti militari Alleati che dall’estate del ’43 avevano iniziato dal sud la liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca. Dal dicembre ’43 e fino all’aprile ‘45 la Brigata combatté eroicamente in Abruzzo, Marche, Romagna e Veneto, fino ad Asiago. Fu l’unico reparto italiano della guerra di Liberazione ad essere decorato di Medaglia d’oro al valor militare.
Nel giugno del 1944, alla liberazione di Sulmona, Gilberto Malvestuto non esitò un attimo all’invito di Ettore Troilo – che fortemente stimò per il suo esempio ed al quale fu affezionato come a un padre – ad arruolarsi nella Brigata Maiella come sottotenente e comandante della sezione mitraglieri. Malvestuto visse dunque le operazioni belliche della Brigata Maiella nei combattimenti nelle Marche, in Romagna ed in Emilia, segnatamente per la liberazione di Monte Castellaccio, Brisighella, Monte Mauro, Monte della Volpe, Monte della Siepe, Castel San Pietro, entrando quindi a Bologna, il 21 aprile 1945, con i primi reparti nella città liberata.
Dopo la fine della guerra Malvestuto rimase nella Brigata Maiella fino allo scioglimento del reparto, avvenuto a Brisighella il 15 luglio 1945. Tornò quindi al suo lavoro nelle Ferrovie dello Stato, dov’era entrato giovanissimo nel 1939, diventando poi il più giovane capostazione d’Italia. Terminò la brillante carriera come Capo Stazione Sovrintendente, titolare di Sulmona. In campo militare fu promosso al grado onorario di Capitano della riserva e al valore gli venne conferita la Croce di Guerra. In campo civile Gilberto Malvestuto ha ricoperto diversi incarichi nelle associazioni combattentistiche, in rappresentanza della componente resistenziale. Nell’Istituto Abruzzese di Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea, istituito dalla Regione Abruzzo, ha svolto diversi ruoli, diventandone poi Presidente dal 1989 al 1993. Malvestuto aveva anche operato fattivamente, a fianco di Ettore Troilo, per organizzare la cerimonia di consegna della Medaglia d’oro al Valor militare alla bandiera della Brigata Maiella, tenutasi il 2 maggio 1965 in Piazza Garibaldi a Sulmona. Aveva inoltre ricevuto l’onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.
A specchio della confidenza con i mezzi di comunicazione moderni, Gilberto Malvestuto ha operato fino a tempi recenti sulla sua pagina Facebook, con la quale efficacemente comunicava. Attraverso i suoi post, specie nelle ricorrenze civili importanti, soleva richiamare i momenti rilevanti della propria esperienza di combattente per la libertà e di testimone. Ne viene fuori, dalle sue testimonianze sui social network, la significativa personalità e i valori etici, politici e sociali che hanno ispirato e accompagnato l’intera sua vita, come pure il ricordo cristallino delle vicende belliche vissute. Per ricordare la festa della Liberazione, il 25 aprile 2021 egli scriveva in un post: “Di quei giorni ho un pensiero, in particolare, che riecheggia tra i miei ricordi ultimamente. Nell’ultimo anno di guerra, Hitler aveva richiamato alle armi, costringendoli a morte certa, i ragazzi del 1929. Avevano 15 anni. I miei uomini ne catturarono uno e lo portarono da me. Ancora oggi, nonostante il tempo trascorso e l’età che avanza inesorabile, ricordo distintamente il suo volto. Aveva il viso tondo, gli occhi azzurri e tremava, tremava come una foglia: era convinto che gli avrei riservato lo stesso trattamento che Hitler aveva imposto loro per gli italiani. Lo guardai, gli feci una carezza e lo esortai a dileguarsi. Oggi mi chiedo come sia stata la sua vita e cosa il destino, di cui quel giorno sono stato protagonista, gli abbia successivamente riservato. Mi domando se abbia vissuto una vita bella e piena e se anche lui, come me, abbia avuto una famiglia e dei nipoti ai quali insegnare l’amore per la libertà e la democrazia e l’odio per la guerra e i soprusi. Noi, d’altronde, combattevamo solo per questo. Viva l’Italia libera, viva il 25 aprile!”
Quattro anni fa Domenico Logozzo, già caporedattore TGR Abruzzo, scrisse un articolo per il 98° compleanno di Gilberto Malvestuto, frutto anche di un’intensa conversazione telefonica con lui. Tra l’altro, questa parte della loro conversazione mi piace riportare. “[…] E’ stato un colloquio emozionante e commovente con un personaggio storicamente rilevante. 98 anni spesi per la Libertà. “Ho fatto soltanto il mio dovere, ho fatto la cosa giusta, lottando e rischiando la vita con altri per la libertà dell’Italia”, ripete con molta umiltà. La libertà, un bene prezioso. Da difendere. Una conquista pagata a caro prezzo. Tante giovani vite sacrificate. Ed è ai giovani che Malvestuto si rivolge frequentemente. Determinante il ruolo della scuola. “Ha una funzione importante per l’affermazione dei valori della Resistenza”. Senza memoria non c’è futuro. “Continuerò a tenere accesa la ‘fiammella’ del ricordo finché ne avrò la forza”, assicura. Tante battaglie, lutti e dolori, quindi la grande gioia: “Quando il 21 aprile 1945 con le Sezioni mitraglieri della Compagnia Pesante della Brigata Majella al mio comando entrai a Bologna, tra le primissime truppe liberatrici alleate, insieme ai fucilieri della prima Compagnia agli ordini del sottotenente Laudadio, una enorme folla di cittadini ci accolse osannante perché era terminato per loro l’incubo che toglieva il respiro, di una terribile occupazione nazifascista che, nella città felsinea, aveva seminato terrore e morte. Ancora oggi, nel lago dei miei ricordi di quel tempo ormai lontano, rivedo il restante territorio emiliano, al di là del fiume Reno, che fu anche teatro della nostra attività bellica successiva alla liberazione di Bologna: un territorio anch’esso violentato e martoriato durante la Resistenza da un nemico che, rinnegando le più elementari leggi dell’umanità, vi trucidò donne, vecchi e bambini innocenti. Siamo tornati più volte come reduci della ‘Maiella’ a Brisighella, a Marzabotto, a Bologna e in altre località collegate alla nostra storia di Liberazione, per tuffarci sempre nel calore e nella cordialità di quelle meravigliose genti emiliane e romagnole, in cui ha sempre palpitato un’anima generosa, un cuore aperto a ogni esigenza di pace, di progresso, di giustizia. […]”
Viva emozione ha destato la scomparsa di Gilberto Malvestuto, ne danno notizia i maggiori giornali nazionali e tutta la stampa regionale. L’Abruzzo perde uno dei suoi figli migliori, vissuto nell’intima fierezza d’aver fatto nient’altro che il proprio dovere, nel lottare per la Libertà e restituire all’Italia la dignità e un avvenire libero e democratico. Gilberto Malvestuto lo ha fatto coltivando il patrimonio di valori scritti nella nostra Costituzione. Di tali valori è stato sempre fedele interprete e testimone, senza mai ergersi ad eroe, convinto che il Paese non ha bisogno di eroi ma di cittadini consapevoli, responsabili e impegnati. Consapevoli, anzitutto, che la certezza dei propri diritti va sempre coniugata con la religione civile dei propri doveri.