” quando lo sguardo del nemico si scontra con il tuo, si osserva una sola emozione, la paura ” (Cicchetti Ivan)
ERCOLE NARDELLI
Nato ad Avezzano (l’Aquila) il 13 febbraio 1876, deceduto ad Avezzano il 9 dicembre 1950, insegnante, esponente liberale.
Dal 1920 al 1924 era stato, eletto per il Partito liberale, sindaco di Avezzano. Inutilmente, dopo la Marcia su Roma”, gli squadristi tentarono di fargli rinunciare al mandato ricevuto dagli elettori. Nardelli seppe sempre tenere alte, nella Marsica, le idee di libertà democrazia, tanto che il Liceo “Torlonia”, nel quale insegnava, divenne un centro di riferimento per gli antifascisti locali. Dopo la Liberazione, durante le lotte dei contadini del Fucino, Ercole Nardelli presiedette il “Comitato di rinascita della Marsica” al quale avevano aderito esponenti di tutti i partiti democratici marsicani.
ERCOLE VINCENZO ORSINI
Nel primo dopoguerra Orsini, entrato giovanissimo nelle file del Partito socialista, fu tra i più attivi oppositori del fascismo nel Teramano, dove organizzò anche un gruppo di “Arditi del popolo”. Durante il regime fascista, Orsini, che era passato al Partito comunista, trasformò la sua bottega di liutaio in un punto d’incontro dei democratici teramani. Ciò gli valse persecuzioni e arresti, che non servirono però a dissuaderlo dall’operare clandestinamente sia sul piano della propaganda che su quello dell’assistenza alle vittime del fascismo. Dopo l’8 settembre del 1943, Orsini prese parte alla guerra di liberazione e fu tra gli animatori di quella che è considerata la prima, più importante azione partigiana in Abruzzo: la battaglia di Bosco Martese, nella quale, il 25 settembre del 1943, antifascisti di Teramo, contadini, militari italiani e prigionieri alleati tennero valorosamente testa ad un battaglione di truppe d’assalto motorizzate tedesche, mettendole in fuga. Successivamente Orsini, che aveva assunto il nome di battaglia di Vicì, costituì nel Teramano un “Comitato segreto d’azione” e una banda partigiana, alla cui testa cadde nel corso di uno dei tanti combattimenti. Nella motivazione della ricompensa al valore, concessa ad Orsini nel 1979, è scritto: “… in uno scontro con gli oppressori della Patria e della libertà, li attaccava di sorpresa, pur essendo superiori in numero e mezzi, riuscendo a infliggere dure e gravi perdite. Colpito infine da raffiche di mitra, cadeva da prode pronunciando parole di sprezzo ai vili traditori”.
PIETROANTONIO PALLADINI
Socialista, attivo sin da giovane nelle Leghe contadine, dopo la Prima guerra mondiale, alla quale partecipò da volontario, riprese l’attività politica. Palladini, che aveva ospitato ad Avezzano la vedova Matteotti, dopo l’uccisione del martire socialista respinse le provocazioni dei fascisti locali, ma nel 1927 fu arrestato e radiato dall’Albo degli avvocati. Da allora fu un susseguirsi di arresti e soggiorni al confino sino a quando, dopo l’armistizio, l’avvocato socialista partecipò attivamente alla lotta contro i tedeschi, riuscendo, tra l’altro, a salvare dalla deportazione in Germania una trentina di patrioti. Dopo la Liberazione guidò le lotte per la riforma agraria nel Fucino. Eletto consigliere provinciale, Palladini presiedette il locale comitato contro la guerra nel Vietnam. È stato anche presidente regionale dell’ANPPIA. Sulle lotte dei contadini abruzzesi ha lasciato il libro Cento metri di catene.
ANGELO PESCANTI
Militante, da giovane, nelle organizzazioni cattoliche, durante il regime prese contatto con gli antifascisti confinati ad Avezzano. Finì così, per tre anni, al confino in Puglia. Dopo la Liberazione fu tra gli organizzatori della Democrazia Cristiana nella Marsica, che diresse localmente sino ai suoi ultimi anni.
ANTONIO PROSPERI
Padre di tre figlie, dopo l’8 settembre 1943 era entrato a far parte del IV nucleo “carseolano” della Brigata partigiana “Tiburtina Valeria”, che operava nel Lazio e nell’Aquilano. Per alcuni mesi fu particolarmente impegnato nella raccolta di informazioni militari e nel rifornimento di viveri, indumenti e armi alle bande partigiane. Il 23 marzo 1944, nelle ore successive all’attacco dei GAP romani in via Rasella, fu arrestato dai tedeschi col cognato e altri due parenti. Il giorno successivo le SS lo trucidarono alle Fosse Ardeatine.
ANTONO RAUCO
Si era da poco iscritto all’Università quando sopravvenne l’armistizio. Subito lo studente entrò nelle file della Resistenza marchigiana, militando in un’organizzazione comunista clandestina. Riuscito ad entrare nella sede recanatese del Comando tedesco, si apprestava ad uscirne con una valigia piena d’importanti documenti, ma fu sorpreso dai militari. Arrestato, il ragazzo fu sottoposto a duri interrogatori e, nonostante le torture, finì per convincere i tedeschi di trovarsi al cospetto di un semplice ladruncolo. Trasferito all’Aquila e processato, Antonio Rauco fu condannato, il 23 dicembre 1943, a cinque anni di reclusione. Rimase in carcere solo sei mesi, ossia sino alla liberazione della città. Ricongiuntosi ai suoi compagni della banda “Di Vincenzo”, Rauco fu tra gli organizzatori di una delle prime associazioni partigiane. Ma non era ancora il tempo della memoria e il ragazzo decise di arruolarsi nel Corpo volontari della Majella, che combatteva a fianco degli Alleati. Il suo impegno sul fronte di battaglia durò poco: dopo sette giorni lo studente fu gravemente ferito in combattimento. Trasportato a Recanati, dove i volontari erano stati mandati per un periodo di riorganizzazione e di riposo, Rauco morì per le ferite riportate.
( a cura di Cicchetti Ivan)