Episodio riferito al santuario di san Gabriele dell’Addolorata di Isola del Gran Sasso da una signora di origini abruzzesi, ma residente in Veneto.
Nel 1988 ero incinta al terzo mese di gravidanza, ma avevo minacce di aborto. Andai in clinica a San Benedetto del Tronto (AP), dove fui visitata dal medico che subito collegò la perdita di sangue alla presenza di un tumore uterino, grande come un’arancia e già in stato di necrosi. Il medico mi disse che dovevo essere operata con estrema urgenza e non potevo neppure essere trasportata in un altro ospedale, tanto era grave il pericolo. Io rimasi scioccata perché sapevo che avrei perso anche il bambino, oltre che rischiare la mia vita. Mi sentivo davvero male.
In ospedale rinviarono altri interventi per operarmi subito. L’anestesista mi spiegò che avrei sicuramente perso il bambino a causa dei postumi dell’anestesia. Io ero disperata. La sera prima dell’operazione mio marito invocò san Gabriele dicendo: “So che ti chiedo l’impossibile, so di non poter essere esaudito, ma fa’ che non ci sia niente”.
Il giorno seguente mi fecero una preanestesia e mi portarono in sala operatoria. Il primario mi disse che mi dovevano segnare il punto da operare, ma appena mi si accostò esclamò: “Ma qui non c’è più niente!”. Uscì dalla sala e abbracciò mio marito e anche a lui ripeté: “Stia contento perché non c’è più niente. Ci deve scusare tanto, abbiamo preso un abbaglio!”. Poi è nato mio figlio che oggi sta benissimo.
( a cura di Cicchetti Ivan )