Se la parte economica del rinnovo contrattuale degli imprenditori della Sanità privata sarà in parte a carico delle finanze pubbliche riteniamo che non possa che trattarsi di scelta politica netta – intervengono Antonino Gentile e Anna Rita Amato del Direttivo Nazionale ULS. Con la nota del 17 ottobre scorso il Presidente della Conferenza Stato Regioni Stefano Bonaccini, facendo seguito agli incontri svolti e agli accordi intercorsi nelle trattative per il rinnovo del CCNL della Sanità privata scaduto da 12 anni, ha comunicato al Ministro della Salute Roberto Speranza la disponibilità ad aumentare il budget delle prestazioni in regime di accreditamento fino al 50% dei costi del rinnovo contrattuale che ciascuna Regione avrà cura di verificare a livello territoriale. Fermo restando che ogni Regione si dovrà far carico di individuare le modalità attraverso cui assicurare tale contributo, attingendo ai 2 miliardi che verrebbero stanziati per il Fondo Sanitario Nazionale dal 2020.
Ad oggi – continuano in tal senso dal Direttivo Nazionale ULS- il budget per le prestazioni richieste alle strutture sanitarie di diritto privato del SSN è bloccato dal vincolo economico posto nel 2012 dal Decreto Balduzzi, norma restrittiva ma che comunque non ha impedito di fare ingenti profitti ai gruppi privati della Sanità accreditata. Guadagni confermati da uno studio R&S Mediobanca del 2016 che auspichiamo presente sui tavoli del rinnovo insieme ai bilanci dei maggiori gruppi ospedalieri privati italiani.
Fermo restando il diritto sacrosanto di tutti i Lavoratori del comparto della Sanità privata ad un salario adeguato a quello dei colleghi della sanità pubblica unitamente all’aumento dei diritti sul posto di lavoro al pari del pubblico, i protagonisti istituzionali di questa trattativa –concludono Gentile e Amato- avranno la responsabilità di valutare le conseguenze di una scelta politica rimodernata che vedrebbe rivolgere parte dei già esigui fondi destinati ad un Servizio Sanitario Nazionale sempre più depotenziato e a rischio privatizzazione ad imprenditori privati che, a suon di fatturati ingenti e attivi di bilancio, vorrebbero interventi di partecipazione economica dalle casse pubbliche per adeguare gli stipendi dei propri dipendenti.