L’Aquila / Veritatis gaudium di Papa Francesco è la riforma necessaria e urgente delle Università cattoliche segno di una Chiesa viva tra i giovani italiani leader del futuro. È la viva esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica condotta nelle Università e Facoltà ecclesiastiche da promuovere sul territorio. “Provvidenziale laboratorio culturale, osserva Papa Bergoglio, in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo e che si nutre dei doni della Sapienza e della Scienza di cui lo Spirito Santo arricchisce in varie forme tutto il Popolo di Dio. L’esigenza prioritaria oggi all’ordine del giorno è che tutto il Popolo di Dio si prepari ad intraprendere con spirito una nuova tappa dell’evangelizzazione”. Teologia e Scienza sempre sulla frontiera affinché “siano anche permeati della virtù dello stesso Vangelo i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme d’azione; in una parola, è necessario che tutta la cultura dell’uomo sia penetrata dal Vangelo. La gioia della verità esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio, insegna Francesco, la verità, infatti, non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita che è la Luce degli uomini, il Figlio di Dio che è insieme il Figlio dell’uomo. Egli soltanto, rivelando il mistero del Padre e del suo amore, rivela l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nella preghiera di Gesù al Padre: “perché tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi”, è racchiuso il segreto della gioia che Gesù ci vuole comunicare in pienezza da parte del Padre col dono dello Spirito Santo: Spirito di verità e di amore, di libertà, di giustizia e di unità”. Anche il Beato Antonio Rosmini, sin dall’800, invitava a una decisa riforma nel campo dell’educazione cristiana, ristabilendo i quattro pilastri su cui essa saldamente poggiava nei primi secoli dell’era cristiana: “l’unicità di scienza, la comunicazione di santità, la consuetudine di vita, la scambievolezza di amore. L’essenziale, egli argomentava, è ridare unità di contenuto, di prospettiva, di obiettivo, alla scienza che viene impartita a partire dalla Parola di Dio e dal suo culmine in Cristo Gesù, Verbo di Dio fatto carne. Se non vi è questo centro vivo, la scienza non ha né radice né unità e resta semplicemente attaccata e per così dir pendente alla giovanile memoria”. Solo così diventa possibile superare la “nefasta separazione tra teoria e pratica”, perché nell’unità tra scienza e santità “consiste propriamente la genuina indole della dottrina destinata a salvare il mondo”, il cui “ammaestramento (nei tempi antichi) non finiva in una breve lezione giornaliera, ma consisteva in una continua conversazione che avevano i discepoli co’ maestri”. Ma “il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso, ammonisce il Papa, è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, per reagire così alla crisi antropologica e socio-ambientale” illuminata nella Laudato si. Francesco insiste sulla “viva esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica condotta nelle nostre Università e Facoltà ecclesiastiche”. Verso una coraggiosa rivoluzione culturale cristiana in Italia alla luce del secolarismo, della multicultura e della multireligiosità: non possiamo più credere che la maggioranza delle persone siano credenti e abbiano capito cos’è il messaggio cristiano nella sua sostanza e nella sua verità. “La rete mondiale delle Università e Facoltà ecclesiastiche, scrive Papa Francesco, è chiamata a portare il decisivo contributo del Vangelo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari”. La Costituzione Apostolica Veritatis gaudium di Francesco, in 94 Articoli, è un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma. Ispira tutti, anche i giornalisti: il Papa promuove capillarmente il rinnovamento degli studi cristiani sul territorio. Università e Facoltà ecclesiastiche anche in Abruzzo: una rivoluzione culturale cristiana per una matura leadership scientifica autorevole sul territorio. La Veritatis gaudium, pubblicata il 29 Gennaio 2018, è stata firmata da Papa Francesco l’8 Dicembre 2017, per riformare e aggiornare gli studi delle Università Cattoliche e delle Facoltà ecclesiastiche 39 anni dopo la Costituzione “Sapientia christiana” promulgata da Giovanni Paolo II il 15 Aprile 1979. Molte le novità operative presenti nella seconda parte della Costituzione Apostolica, dedicata alle norme comuni e alle norme applicative per i 792 Istituti cattolici sparsi nel mondo, tra Facoltà ecclesiastiche (289) e Istituzioni collegate (503), che hanno due anni di tempo per apportare revisioni e modifiche. Il ruolo strategico delle Istituzioni accademiche ecclesiastiche per un cambiamento d’epoca che freni l’imbarbarimento della cultura italiana, l’apostasia e l’oscurantismo laicista. Dialogo a tutto campo e apologetica di frontiera sono la direzione di marcia impressa da Papa Bergoglio: “Maria Santissima, che all’annuncio dell’Angelo ha concepito con gioia ineffabile il Verbo di Verità, accompagni il nostro cammino ottenendo dal Padre di ogni grazia la benedizione di luce e di amore che con la fiducia dei figli attendiamo nella speranza dal Figlio suo e nostro Signore Gesù Cristo, nella gioia dello Spirito Santo!”. La questione dei migranti tra le novità. In sintonia con l’arcivescovo di L’Aquila S.E.R. Mons. Petrocchi che ai giornalisti insegna: “La ricerca della verità va sempre correlata al bene: speriamo che le luci che vediamo affacciarsi all’orizzonte non siano fake lights”, relatore al seminario “Notizie false e giornalismo di pace. La verità vi farà liberi”. L’incontro della Stampa abruzzese all’Istituto di scienze religiose “Fides et ratio” di Coppito (Aq), il 30 Gennaio 2018, sul tema ispirato dal Messaggio di Papa Francesco per la 52ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali di Domenica 13 Maggio 2018, pubblicato in occasione della festa di San Francesco di Sales patrono dei giornalisti. Una feconda esperienza intellettuale per il centinaio di giornalisti convenuti a L’Aquila, assolutamente da integrare con un nuovo seminario sul tema delle “fake” e “true news” insieme al nuovo Vescovo aprutino S.E.R. Lorenzo Leuzzi della Diocesi di Teramo Atri. In preparazione del Sinodo sui giovani.
(di Nicola Facciolini)
“La verità è logos che crea dia-logos e quindi comunicazione e comunione” (Papa Benedetto XVI). “La gioia della verità esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno” (Papa Francesco). La Costituzione apostolica “Veritas Gaudium”, in 94 Articoli, presentata Lunedì 29 Gennaio 2018 nella Sala Stampa della Santa Sede, è l’atto promulgato da Papa Francesco sulle Università e Facoltà ecclesiastiche: invita e propone la necessità di “imprimere agli studi ecclesiastici quel rinnovamento sapiente e coraggioso” richiesto “dalla trasformazione missionaria di una Chiesa in uscita”; invita a promuovere e diffondere le Università e Facoltà ecclesiastiche sul territorio. “La verità, rivela il testo, non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita che è la Luce degli uomini ed è questa la gioia che la Chiesa è spinta da Gesù a testimoniare e ad annunciare nella sua missione, senza sosta e con sempre nuova passione”. Tra le nuove sfide di “frontiera” che la Costituzione raccoglie, secondo il Card. Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, “la sfida della modernità: un cambiamento d’epoca che propone alla Chiesa la necessità di rivedere, aggiornare e adattare quella che è la sostanza del suo insegnamento e del suo metodo, anche pedagogico, alle realtà nuove del secolarismo, della multicultura e della multireligiosità, in maniera tale che è importante soprattutto insistere sulla capacità che le nostre istituzioni hanno di dialogare. Questo significa ascoltare gli altri, essere capaci di proporre ciò che è sostanziale nella Chiesa, e non perdersi, come dice il Papa nella Evangelii gaudium, in tante conseguenze, ma andare alla sostanza, al cuore del Vangelo, traducendolo ovviamente nelle varie discipline. E quindi, significa ascoltare, proporre e camminare insieme agli altri, sapendo che tutti siamo diretti verso l’acquisizione di una maggiore luce che ci viene dal Vangelo”. Per intendere le novità della Costituzione Apostolica Veritas Gaudium, oltre a quelle tecniche, è necessario comprendere il sogno di Papa Francesco. “Sì, il sogno è quello di una conversione pastorale in senso missionario – spiega il prelato – capire che c’è bisogno di una nuova evangelizzazione perché non possiamo più credere che la maggioranza delle persone siano credenti e abbiano capito cos’è il messaggio cristiano nella sua sostanza e nella sua verità. Per cui, è importante da parte nostra acquisire la sostanza e il cuore del Vangelo, riproporlo con un linguaggio che sia comprensibile agli uomini del nostro tempo, con mezzi che arrivino veramente ai destinatari. Mi riferisco a tutte le tecnologie a cui i giovani accedono per comunicare; e anche in questo il Sinodo sui giovani sarà una tappa molto importante. Per questo, anche la nostra Congregazione sta contribuendo nella preparazione del Sinodo e sta facendo anche un profondo sondaggio nelle nostre scuole e università sui giovani, su cosa si aspettano dalla Chiesa. Quindi, in questo senso, Papa Francesco insiste sulla necessità di una conversione missionaria che deve investire anche le nostre istituzioni. A tutti i livelli”. Nel “mutato contesto socio-culturale a livello planetario”, caratterizzato da una crisi antropologica e socio-ambientale, Francesco ritiene “urgente” un “rinnovamento sapiente e coraggioso” degli studi ecclesiastici, “per una più incisiva missione in questa nuova epoca della storia” come programmaticamente proposta “nella Evangelii gaudium”. Partendo dall’esigenza prioritaria della trasformazione missionaria di una “Chiesa in uscita” che deve coinvolgere tutto il Popolo di Dio, Papa Bergoglio rileva che “oggi gli studi ecclesiastici non sono solo chiamati a offrire luoghi e percorsi di formazione qualificata dei presbiteri, delle persone di vita consacrata e dei laici impegnati, ma costituiscono una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo e che si nutre dei doni della Sapienza e della Scienza di cui lo Spirito Santo arricchisce in varie forme tutto il Popolo di Dio: dal sensus fidei fidelium al magistero dei Pastori, dal carisma dei profeti a quello dei dottori e dei teologi”. Si tratta, osserva il Papa, di attuare “un radicale cambio di paradigma”, anzi “una coraggiosa rivoluzione culturale” in cui “la rete mondiale delle Università e Facoltà ecclesiastiche è chiamata a portare il decisivo contributo del lievito, del sale e della luce del Vangelo di Gesù Cristo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari e a nuove proposte”. Si fa oggi sempre più evidente che “c’è bisogno di una vera ermeneutica evangelica per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non di una sintesi ma di una atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di fede. La filosofia e la teologia permettono di acquisire le convinzioni che strutturano e fortificano l’intelligenza e illuminano la volontà, ma tutto questo è fecondo solo se lo si fa con la mente aperta e in ginocchio. Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo”. Francesco indica quattro criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria anche in Italia sul territorio: “Innanzitutto, criterio prioritario e permanente è quello della contemplazione e della introduzione spirituale, intellettuale ed esistenziale nel cuore del Kerygma, e cioè della sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù che va facendosi carne sempre più e sempre meglio nella vita della Chiesa e dell’umanità”. Da qui scaturisce quella “fraternità universale che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono”. Di qui “l’imperativo ad ascoltare nel cuore e a far risuonare nella mente il grido dei poveri e della terra” perché “Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini”. Un secondo criterio ispiratore “è quello del dialogo a tutto campo” con credenti e non credenti, “non come mero atteggiamento tattico”, ma come “autentica cultura dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture, grazie al reciproco scambio dei propri rispettivi doni nello spazio di luce dischiuso dall’amore di Dio per tutte le sue creature”. Il terzo fondamentale criterio è la “inter” e la “trans” disciplinarietà “esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione, secondo il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere”, e questo “anche in rapporto al frammentato e non di rado disintegrato panorama odierno degli studi universitari e al pluralismo incerto, conflittuale o relativistico, delle convinzioni e delle opzioni culturali”. Francesco cita Papa Benedetto XVI quando nella “Caritas in veritate” afferma che oggi “c’è mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa”. Qui, spiega Francesco, si gioca, in specifico, “la missione che è confidata al sistema degli studi ecclesiastici” perché abbiano una “effettiva rilevanza culturale e umanizzante”. Un quarto e ultimo criterio concerne la necessità urgente di “fare rete tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici, attivando con decisione le opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose, dando vita al contempo a centri specializzati di ricerca finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione”. Francesco insiste inoltre sulla “viva esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica condotta nelle nostre Università e Facoltà ecclesiastiche. Gli studi ecclesiastici non possono limitarsi a trasferire conoscenze, competenze, esperienze, agli uomini e alle donne del nostro tempo, desiderosi di crescere nella loro consapevolezza cristiana, ma devono acquisire l’urgente compito di elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi d’azione e di pensiero, utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso”. La teologia, quindi, viva sulla frontiera. “La teologia e la cultura d’ispirazione cristiana, osserva il Papa, sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera”: quella di oggi è “una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione, anche per le Università e Facoltà ecclesiastiche”. Da qui la necessità di “imprimere agli studi ecclesiastici quel rinnovamento sapiente e coraggioso che è richiesto dalla trasformazione missionaria di una Chiesa in uscita”. È l’obiettivo principale della Costituzione Apostolica Veritatis gaudium firmata da Papa Francesco l’8 Dicembre 2017, per riformare e aggiornare gli studi delle Università Cattoliche e delle Facoltà ecclesiastiche 39 anni dopo la Costituzione “Sapientia christiana” promulgata da Giovanni Paolo II nel 1979. L’espressione “rivoluzione culturale”, contenuta nel proemio del documento e già utilizzata nella “Laudato si”, chiede anche alle istituzioni accademiche di reagire al “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo attraverso una revisione globale auspicata da due beati: Henry Newman e Antonio Rosmini. La prospettiva indicata da Francesco, che oltre ai documenti del Concilio e alla Sapienta Christiana cita a più riprese l’Evangelii nuntiandi e la Caritas in Veritate, è quella del “dialogo a tutto campo” con la società. La chiave di volta dell’opera di revisione dei “curricula” è la multidisciplinarità. Gli studi ecclesiastici giocano un ruolo strategico nell’ambito del “deciso processo di discernimento, purificazione e riforma” richiesto dalla Evangelii gaudium, con la quale il nuovo documento si pone già dal titolo in stretta continuità: Francesco li definisce un “provvidenziale laboratorio culturale d’imprescindibile valore per una Chiesa in uscita”. Nel “cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, è la tesi del Papa, c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, per reagire così alla crisi antropologica e socio-ambientale denunciata nella Laudato si”. In pratica, per combattere l’apostasia nella stessa Chiesa! L’apologetica di Francesco è di frontiera. Dare corpo ad una “apologetica originale” in grado di “abitare la frontiera”, è la consegna del Papa per le istituzioni accademiche ecclesiastiche. “Pensare a un solo mondo, ad un progetto comune”, è l’indicazione mutuata dalla Evangelii gaudium, di cui Francesco riprende anche una delle immagini-simbolo, da applicare anche nel rapporto tra fede e cultura: “Il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità”. Molte le novità operative presenti nella seconda parte della Costituzione Apostolica, dedicata alle norme comuni e alle norme applicative per i 792 Istituti cattolici sparsi nel mondo, tra Facoltà ecclesiastiche (289) e Istituzioni collegate (503), che hanno due anni di tempo per apportare revisioni e modifiche. L’Art.1 stabilisce che tutte le università e facoltà ecclesiastiche debbano essere sottoposte alla valutazione dell’Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità. Sempre nell’ambito del Processo di Bologna, vanno rispettate le prescrizioni della Costituzione Apostolica riguardo alle convenzioni bilaterali stipulate dalla Santa Sede con le diverse nazioni o con le stesse università. Altre novità: la regolamentazione dell’insegnamento a distanza e la “valutazione delle modalità di trattamento” dei casi di rifugiati e profughi che arrivino nel nostro Paese sprovvisti della regolare documentazione degli studi svolti. Si legge nella Veritatis gaudium di Papa Francesco: “La gioia della verità (Veritatis gaudium) esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio. La verità, infatti, non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita che è la Luce degli uomini (Gv 1,4), il Figlio di Dio che è insieme il Figlio dell’uomo. Egli soltanto, “rivelando il mistero del Padre e del suo amore, rivela l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione”. Nell’incontro con Lui, il Vivente (Ap 1,18) e il Primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29), il cuore dell’uomo sperimenta già sin d’ora, nel chiaroscuro della storia, la luce e la festa senza più tramonto dell’unione con Dio e dell’unità coi fratelli e le sorelle nella casa comune del Creato di cui godrà senza fine nella piena comunione con Dio. Nella preghiera di Gesù al Padre: “perché tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi” (Gv 17,21) è racchiuso il segreto della gioia che Gesù ci vuole comunicare in pienezza (15,11) da parte del Padre col dono dello Spirito Santo: Spirito di verità e di amore, di libertà, di giustizia e di unità. È questa la gioia che la Chiesa è spinta da Gesù a testimoniare e ad annunciare nella sua missione, senza sosta e con sempre nuova passione. Il Popolo di Dio è pellegrino lungo i sentieri della storia in sincera e solidale compagnia con gli uomini e le donne di tutti i popoli e di tutte le culture, per illuminare con la luce del Vangelo il cammino dell’umanità verso la civiltà nuova dell’amore. Strettamente collegato alla missione evangelizzatrice della Chiesa, scaturente anzi dalla sua stessa identità tutta spesa a promuovere l’autentica e integrale crescita della famiglia umana sino alla sua definitiva pienezza in Dio, è il vasto e pluriforme sistema degli studi ecclesiastici fiorito lungo i secoli dalla sapienza del Popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo e nel dialogo e discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni culturali. Non sorprende, dunque, che il Concilio Vaticano II, promuovendo con vigore e profezia il rinnovamento della vita della Chiesa, per una più incisiva missione in questa nuova epoca della storia, abbia raccomandato nel Decreto Optatam totius una fedele e creativa revisione degli studi ecclesiastici (nn. 13-22). Tale compito, dopo attento studio e sapiente sperimentazione, ha trovato espressione nella Costituzione Apostolica Sapientia christiana, promulgata da San Giovanni Paolo II il 15 Aprile 1979. Grazie ad essa è stato ulteriormente promosso e perfezionato l’impegno della Chiesa a favore delle “Facoltà e Università ecclesiastiche che si occupano particolarmente della Rivelazione cristiana e di quelle discipline che ad essa sono connesse, e che, perciò, più strettamente si ricollegano alla sua stessa missione evangelizzatrice”, insieme a tutte quelle altre discipline che “pur non avendo una particolare connessione con la Rivelazione cristiana, possono tuttavia giovare molto all’opera dell’evangelizzazione”. A distanza di quasi quarant’anni, in fedeltà allo spirito e agli orientamenti del Vaticano II e come sua opportuna attualizzazione, si rende oggi necessario e urgente un aggiornamento di quella Costituzione apostolica. Essa, in effetti, restando pienamente valida nella sua profetica visione e nel suo lucido dettato, chiede di essere integrata con le disposizioni normative nel frattempo emanate, tenendo conto al tempo stesso dello sviluppo nell’ambito degli studi accademici registrato in questi ultimi decenni come pure del mutato contesto socio-culturale a livello planetario, nonché di quanto raccomandato a livello internazionale in attuazione delle varie iniziative, cui la Santa Sede ha aderito. L’occasione è propizia per procedere con ponderata e profetica determinazione alla promozione, a tutti i livelli, di un rilancio degli studi ecclesiastici nel contesto della nuova tappa della missione della Chiesa, marcata dalla testimonianza della gioia che scaturisce dall’incontro con Gesù e dall’annuncio del suo Vangelo, che ho programmaticamente proposto a tutto il Popolo di Dio nella Evangelii gaudium. La Costituzione Apostolica Sapientia christiana ha rappresentato a tutti gli effetti il frutto maturo della grande opera di riforma degli studi ecclesiastici messa in movimento dal Concilio Vaticano II. Essa raccoglie, in particolare, i risultati raggiunti in questo cruciale ambito della missione della Chiesa sotto la guida saggia e prudente del Beato Paolo VI e insieme preannuncia l’apporto che, in continuità con essi, verrà in seguito offerto dal magistero di San Giovanni Paolo II. Come ho avuto occasione di sottolineare, “uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato proprio quello di cercare di superare il divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita. Oso dire che ha rivoluzionato in una certa misura lo statuto della teologia, il modo di fare e di pensare credente”. È proprio in questa luce che l’Optatam totius invita con vigore gli studi ecclesiastici a “convergere concordemente alla progressiva apertura dello spirito degli alunni verso il mistero di Cristo, il quale compenetra tutta la storia del genere umano e agisce continuamente nella vita della Chiesa”. Per raggiungere questo scopo, il Decreto conciliare esorta a coniugare la meditazione e lo studio della Sacra Scrittura, quale “anima di tutta la teologia” insieme all’assidua e consapevole partecipazione alla sacra Liturgia, quale “prima e necessaria sorgente di vero spirito cristiano”, con lo studio sistematico della Tradizione viva della Chiesa in dialogo con gli uomini del proprio tempo, in ascolto profondo dei loro problemi, delle loro ferite e delle loro istanze. In tal modo, sottolinea l’Optatam totius, “la preoccupazione pastorale deve permeare l’intera formazione degli alunni”, così da abituarli a “guardare oltre i confini della propria diocesi, nazione o rito, e ad andare incontro alle necessità della Chiesa intera, pronti nel loro animo a predicare dovunque l’Evangelo”. Tappe miliari nel cammino che da questi orientamenti del Vaticano II conduce sino alla Sapientia christiana sono in particolare l’Evangelii nuntiandi e la Populorum progressio di Paolo VI e, solo un mese prima della promulgazione della Costituzione Apostolica, la Redemptor hominis di Giovanni Paolo II. L’afflato profetico dell’Esortazione apostolica sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo di Papa Montini risuona vigorosa nel Proemio della Sapientia christiana là dove si afferma che “la missione dell’evangelizzazione, che è propria della Chiesa, esige non soltanto che il Vangelo sia predicato in fasce geografiche sempre più vaste ed a moltitudini umane sempre più grandi, ma che siano anche permeati della virtù dello stesso Vangelo i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme d’azione; in una parola, è necessario che tutta la cultura dell’uomo sia penetrata dal Vangelo”. Giovanni Paolo II, dal canto suo, soprattutto nell’Enciclica Fides et ratio, ha ribadito e approfondito, nell’ambito del dialogo tra filosofia e teologia, la convinzione che innerva l’insegnamento del Vaticano II secondo la quale “l’uomo è capace di giungere a una visione unitaria e organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio cristiano”. Anche la Populorum progressio ha giocato un ruolo decisivo nella riconfigurazione, alla luce del Vaticano II, degli studi ecclesiastici, offrendo insieme alla Evangelii nuntiandi, come attestato dal cammino delle diverse Chiese locali, significativi impulsi e concreti orientamenti per l’inculturazione del Vangelo e per l’evangelizzazione delle culture nelle diverse regioni del mondo, in risposta alle sfide del presente. Questa enciclica sociale di Paolo VI, infatti, sottolinea incisivamente che lo sviluppo dei popoli, chiave imprescindibile per realizzare la giustizia e la pace a livello mondiale, “dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”, e richiama la necessità “di uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca di un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso”. La Populorum progressio interpreta dunque con profetica visione la questione sociale come questione antropologica che investe il destino dell’intera famiglia umana. È questa la discriminante chiave di lettura che ispirerà il successivo magistero sociale della Chiesa, dalla Laborem exercens alla Sollecitudo rei socialis alla Centesimus annus di Giovanni Paolo II, alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, alla Laudato sì. Riprendendo l’invito allo slancio verso una nuova stagione di pensiero fatto dalla Populorum progressio, Papa Benedetto XVI ha illustrato la necessità impellente di “vivere e orientare la globalizzazione dell’umanità in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione”, sottolineando che Dio vuole associare l’umanità a quell’ineffabile mistero di comunione che è la SS.ma Trinità, di cui la Chiesa è in Cristo Gesù segno e strumento. Per raggiungere realisticamente questo scopo, egli invita a “dilatare la ragione” per renderla capace di conoscere e orientare le imponenti nuove dinamiche che travagliano la famiglia umana, “animandole nella prospettiva di quella civiltà dell’amore il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura” e facendo “interagire i diversi livelli del sapere umano”: quello teologico e quello filosofico, quello sociale e quello scientifico. È giunto ora il momento in cui questo ricco patrimonio di approfondimenti e di indirizzi, verificato e arricchito per così dire “sul campo” dal perseverante impegno di mediazione culturale e sociale del Vangelo messo in atto dal Popolo di Dio nei diversi ambiti continentali e in dialogo con le diverse culture, confluisca nell’imprimere agli studi ecclesiastici quel rinnovamento sapiente e coraggioso che è richiesto dalla trasformazione missionaria di una Chiesa “in uscita”. L’esigenza prioritaria oggi all’ordine del giorno, infatti, è che tutto il Popolo di Dio si prepari ad intraprendere “con spirito” una nuova tappa dell’evangelizzazione. Ciò richiede “un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma”. E in tale processo è chiamato a giocare un ruolo strategico un adeguato rinnovamento del sistema degli studi ecclesiastici. Essi, infatti, non sono solo chiamati a offrire luoghi e percorsi di formazione qualificata dei presbiteri, delle persone di vita consacrata e dei laici impegnati, ma costituiscono una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo e che si nutre dei doni della Sapienza e della Scienza di cui lo Spirito Santo arricchisce in varie forme tutto il Popolo di Dio: dal sensus fidei fidelium al magistero dei Pastori, dal carisma dei profeti a quello dei dottori e dei teologi. E ciò è d’imprescindibile valore per una Chiesa “in uscita”! Tanto più che oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca, segnalato da una complessiva “crisi antropologica” e “socio-ambientale” nella quale riscontriamo ogni giorno di più “sintomi di un punto di rottura, a causa della grande velocità dei cambiamenti e del degrado, che si manifestano tanto in catastrofi naturali regionali quanto in crisi sociali o anche finanziarie”. Si tratta, in definitiva, di “cambiare il modello di sviluppo globale” e di “ridefinire il progresso”: “il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade”. Questo ingente e non rinviabile compito chiede, sul livello culturale della formazione accademica e dell’indagine scientifica, l’impegno generoso e convergente verso un radicale cambio di paradigma, anzi – mi permetto di dire – verso “una coraggiosa rivoluzione culturale”. In tale impegno la rete mondiale delle Università e Facoltà ecclesiastiche è chiamata a portare il decisivo contributo del lievito, del sale e della luce del Vangelo di Gesù Cristo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari e a nuove proposte. Si fa oggi sempre più evidente che “c’è bisogno di una vera ermeneutica evangelica per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non di una sintesi ma di una atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di fede. La filosofia e la teologia permettono di acquisire le convinzioni che strutturano e fortificano l’intelligenza e illuminano la volontà… ma tutto questo è fecondo solo se lo si fa con la mente aperta e in ginocchio. Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo, secondo quella legge che san Vincenzo di Lérins descrive così: “annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate” (Commonitorium primum, 23: PL 50,668)”. In questo orizzonte vasto e inedito che si apre dinanzi a noi, quali devono essere i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria? Ne possiamo enunciare qui almeno quattro, nel solco dell’insegnamento del Vaticano II e dell’esperienza della Chiesa maturata in questi decenni alla sua scuola, in ascolto dello Spirito Santo e delle esigenze più profonde e degli interrogativi più acuti della famiglia umana. A) Innanzi tutto, criterio prioritario e permanente è quello della contemplazione e della introduzione spirituale, intellettuale ed esistenziale nel cuore del Kerygma, e cioè della sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù “che va facendosi carne sempre più e sempre meglio” nella vita della Chiesa e dell’umanità. È questo il mistero della salvezza di cui la Chiesa è in Cristo segno e strumento in mezzo agli uomini: “un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore, che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale e che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio”. Da questa concentrazione vitale e gioiosa sul volto di Dio rivelato in Gesù Cristo come Padre ricco di misericordia (Ef 2,4) discende l’esperienza liberante e responsabile di vivere come Chiesa la “mistica del noi” che si fa lievito di quella fraternità universale “che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono”. Di qui l’imperativo ad ascoltare nel cuore e a far risuonare nella mente il grido dei poveri e della terra, per dare concretezza alla “dimensione sociale dell’evangelizzazione” quale parte integrale della missione della Chiesa: perché “Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini”. È vero, infatti, che “la bellezza del Vangelo non sempre può essere adeguatamente manifestata da noi, ma c’è un segno che non deve mai mancare: l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via”. Questa opzione deve permeare la presentazione e l’approfondimento della verità cristiana. Di qui, ancora, l’accento peculiare, nella formazione a una cultura cristianamente ispirata, a scoprire in tutta la creazione l’impronta trinitaria che fa del Cosmo in cui viviamo “una trama di relazioni” in cui “è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa”, propiziando “una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità”. B) Un secondo criterio ispiratore, intimamente coerente con il precedente e da esso conseguente, è quello del dialogo a tutto campo: non come mero atteggiamento tattico, ma come esigenza intrinseca per fare esperienza comunitaria della gioia della Verità e per approfondirne il significato e le implicazioni pratiche. Ciò che il Vangelo e la dottrina della Chiesa sono chiamati oggi a promuovere, in generosa e aperta sinergia con tutte le istanze positive che fermentano la crescita della coscienza umana universale, è un’autentica cultura dell’incontro, una cultura anzi, possiamo ben dire, dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture, grazie al reciproco scambio dei propri rispettivi doni nello spazio di luce dischiuso dall’amore di Dio per tutte le sue creature. Come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, “la verità è “logos” che crea “dia-logos” e quindi comunicazione e comunione”. In questa luce, la Sapientia christiana, richiamandosi alla Gaudium et spes, invita a favorire il dialogo con i cristiani appartenenti alle altre Chiese e comunità ecclesiali e con coloro che aderiscono ad altre convinzioni religiose o umanistiche, e insieme a tenersi “in relazione con gli studiosi delle altre discipline, siano essi credenti o non credenti”, cercando “di ben intendere e valutare le loro affermazioni, e di giudicarle alla luce della verità rivelata”. Da ciò deriva la felice e urgente opportunità di rivedere in quest’ottica e in questo spirito l’architettonica e la dinamica metodica dei curricula di studi proposti dal sistema degli studi ecclesiastici, nella loro scaturigine teologica, nei loro principi ispiratori e nei loro diversi livelli di articolazione disciplinare, pedagogica e didattica. Tale opportunità si esplicita in un impegno esigente ma altamente produttivo: ripensare e aggiornare intenzionalità e organicità delle discipline e degli insegnamenti impartiti negli studi ecclesiastici in questa specifica logica e secondo questa specifica intenzionalità. Oggi infatti “si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente, e che susciti valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigm”. C) Di qui il terzo fondamentale criterio che voglio richiamare: l’inter- e la trans-disciplinarietà esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione. Ciò che qualifica la proposta accademica, formativa e di ricerca del sistema degli studi ecclesiastici, sul livello sia del contenuto sia del metodo, è il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni. Si tratta di offrire, attraverso i diversi percorsi proposti dagli studi ecclesiastici, una pluralità di saperi, corrispondente alla ricchezza multiforme del reale nella luce dischiusa dall’evento della Rivelazione, che sia al tempo stesso armonicamente e dinamicamente raccolta nell’unità della sua sorgente trascendente e della sua intenzionalità storica e metastorica, quale è dispiegata escatologicamente in Cristo Gesù: “In Lui – scrive l’apostolo Paolo – sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2,3). Questo principio teologico e antropologico, esistenziale ed epistemico riveste un peculiare significato ed è chiamato a esibire tutta la sua efficacia non solo all’interno del sistema degli studi ecclesiastici: garantendogli coesione insieme a flessibilità, organicità insieme a dinamicità; ma anche in rapporto al frammentato e non di rado disintegrato panorama odierno degli studi universitari e al pluralismo incerto, conflittuale o relativistico, delle convinzioni e delle opzioni culturali. Oggi, come ha ribadito Benedetto XVI nella Caritas in veritate, approfondendo il messaggio culturale della Popolorum progressio di Paolo VI, c’è mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa”. Qui si gioca, in specifico, la missione che è confidata al sistema degli studi ecclesiastici. Questa precisa e orientatrice direttiva di marcia non solo esplicita l’intrinseco significato veritativo del sistema degli studi ecclesiastici, ma ne evidenzia anche, soprattutto oggi, l’effettiva rilevanza culturale e umanizzante. In tal senso, è senz’altro positiva e promettente l’odierna riscoperta del principio dell’interdisciplinarietà: non tanto nella sua forma “debole” di semplice multidisciplinarità, come approccio che favorisce una migliore comprensione da più punti di vista di un oggetto di studio; quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio. Così che chi è formato nel quadro delle istituzioni promosse dal sistema degli studi ecclesiastici, come auspicava il Beato J.H. Newman, sappia “dove collocare se stesso e la propria scienza, a cui giunge, per così dire, da una sommità, dopo aver avuto una visione globale di tutto il sapere”. Anche il Beato Antonio Rosmini, sin dall’800, invitava a una decisa riforma nel campo dell’educazione cristiana, ristabilendo i quattro pilastri su cui essa saldamente poggiava nei primi secoli dell’era cristiana: “l’unicità di scienza, la comunicazione di santità, la consuetudine di vita, la scambievolezza di amore. L’essenziale, egli argomentava,– è ridare unità di contenuto, di prospettiva, di obiettivo, alla scienza che viene impartita a partire dalla Parola di Dio e dal suo culmine in Cristo Gesù, Verbo di Dio fatto carne. Se non vi è questo centro vivo, la scienza non ha “né radice né unità” e resta semplicemente “attaccata e per così dir pendente alla giovanile memoria”. Solo così diventa possibile superare la “nefasta separazione tra teoria e pratica”, perché nell’unità tra scienza e santità “consiste propriamente la genuina indole della dottrina destinata a salvare il mondo”, il cui “ammaestramento (nei tempi antichi) non finiva in una breve lezione giornaliera, ma consisteva in una continua conversazione che avevano i discepoli co’ maestri”. D) Un quarto e ultimo criterio concerne la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici, attivando con decisione le opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose, dando vita al contempo a centri specializzati di ricerca finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione. Come ho sottolineato nella Laudato sì, “dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune”. La presa di coscienza di questa interdipendenza “ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune”. La Chiesa, in particolare, in sintonia convinta e profetica con l’impulso a una sua rinnovata presenza e missione nella storia promosso dal Vaticano II, è chiamata a sperimentare che la cattolicità che la qualifica come fermento di unità nella diversità e di comunione nella libertà, esige per sé e propizia “la polarità tensionale tra il particolare e l’universale, tra l’uno e il multiplo, tra il semplice e il complesso. Annichilire questa tensione va contro la vita dello Spirito”. Si tratta pertanto di praticare a una forma di conoscenza e d’interpretazione della realtà, nella luce del “pensiero di Cristo” (1Cor 2,16) in cui il modello di riferimento e di risoluzione dei problemi “non è la sfera dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro”, ma “il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità”. In realtà, “come possiamo vedere nella storia della Chiesa, il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale, bensì, “restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla Tradizione ecclesiale, esso porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato”. Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra “la bellezza di questo volto pluriforme”. Nelle espressioni cristiane di un popolo evangelizzato, lo Spirito Santo abbellisce la Chiesa, mostrandole nuovi aspetti della Rivelazione e regalandole un nuovo volto”. Questa prospettiva, è evidente, traccia un compito esigente per la teologia così come, nelle loro specifiche competenze, per le altre discipline contemplate negli studi ecclesiastici. Con una bella immagine Benedetto XVI, riferendosi alla Tradizione della Chiesa, ha affermato che essa “non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti”. “Questo fiume irriga diverse terre, alimenta diverse geografie, facendo germogliare il meglio di quella terra, il meglio di quella cultura. In questo modo, il Vangelo continua a incarnarsi in tutti gli angoli del mondo, in maniera sempre nuova”. La teologia, non vi è dubbio, dev’essere radicata e fondata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione vivente, ma proprio per questo deve accompagnare simultaneamente i processi culturali e sociali, in particolare le transizioni difficili. Anzi, “in questo tempo la teologia deve farsi carico anche dei conflitti: non solamente quelli che sperimentiamo dentro la Chiesa, ma anche quelli che riguardano il mondo intero”. Si tratta di “accettare, di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo”, acquisendo “uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita. Non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla risoluzione si di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto”. Nel rilanciare gli studi ecclesiastici si avverte la viva esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica condotta nelle nostre Università e Facoltà ecclesiastiche. La Costituzione Apostolica Sapientia christiana introduceva la ricerca come un “dovere fondamentale” in costante “contatto con la realtà stessa per comunicare la dottrina agli uomini del proprio tempo nella varietà delle culture”. Ma nella nostra epoca, segnata dalla condizione multiculturale e multietnica, nuove dinamiche sociali e culturali impongono un allargamento di questi scopi. Difatti per adempiere alla missione salvifica della Chiesa “non è sufficiente la preoccupazione dell’evangelizzatore di giungere ad ogni persona, il Vangelo si annuncia anche alle culture nel loro insieme”. Gli studi ecclesiastici non possono limitarsi a trasferire conoscenze, competenze, esperienze, agli uomini e alle donne del nostro tempo, desiderosi di crescere nella loro consapevolezza cristiana, ma devono acquisire l’urgente compito di elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi d’azione e di pensiero, utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso. Ciò richiede non solo una profonda consapevolezza teologica, ma la capacità di concepire, disegnare e realizzare, sistemi di rappresentazione della religione cristiana capace di entrare in profondità in sistemi culturali diversi. Tutto questo invoca un innalzamento della qualità della ricerca scientifica e un avanzamento progressivo del livello degli studi teologici e delle scienze collegate. Non si tratta solo di estendere il campo della diagnosi, di arricchire il complesso dei dati a disposizioni per leggere la realtà, ma di approfondire per “comunicare meglio la verità del Vangelo in un contesto determinato, senza rinunciare alla verità, al bene e alla luce che può apportare quando la perfezione non è possibile”. Affido in primo luogo alla ricerca condotta nelle Università, Facoltà e Istituti ecclesiastici il compito di sviluppare quella “apologetica originale” che ho indicato nella Evangelii gaudium, affinché esse aiutino “a creare le disposizioni perché il Vangelo sia ascoltato da tutti”. In questo contesto, indispensabile diventa la creazione di nuovi e qualificati centri di ricerca in cui possano interagire con libertà responsabile e trasparenza reciproca, come ho auspicato nella Laudato si, studiosi provenienti dai diversi universi religiosi e dalle differenti competenze scientifiche, in modo da “entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità”. In tutti i Paesi, le Università costituiscono la sede primaria della ricerca scientifica per il progresso delle conoscenze e della società, svolgendo un ruolo determinante per lo sviluppo economico, sociale e culturale, soprattutto in un tempo come il nostro segnato da veloci, costanti e vistosi cambiamenti nel campo delle scienze e delle tecnologie. Anche negli accordi internazionali viene rimarcata la responsabilità centrale dell’Università nelle politiche della ricerca e la necessità di coordinarle creando reti di centri specializzati così da facilitare, tra l’altro, la mobilità dei ricercatori. In questo senso, si stanno progettando poli di eccellenza interdisciplinari e iniziative finalizzate ad accompagnare l’evoluzione delle tecnologie avanzate, la qualificazione delle risorse umane e i programmi di integrazione. Anche gli studi ecclesiastici, nello spirito di una Chiesa “in uscita”, sono chiamati a dotarsi di centri specializzati che approfondiscano il dialogo con i diversi ambiti scientifici. In particolare, la ricerca condivisa e convergente tra specialisti di diverse discipline viene a costituire un qualificato servizio al Popolo di Dio, e in particolare al Magistero, nonché un sostegno della missione della Chiesa di annunciare la buona novella di Cristo a tutti, dialogando con le diverse scienze a servizio di una sempre più profonda penetrazione e applicazione della verità nella vita personale e sociale. Gli studi ecclesiastici saranno così in grado di apportare il loro specifico e insostituibile contributo ispiratore e orientatore, e potranno enucleare ed esprimere in forma nuova, interpellante e realistica il proprio compito. È sempre stato e sempre sarà così! La teologia e la cultura d’ispirazione cristiana sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera. “Le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi c’interrogano. Tutto ciò ci aiuta ad approfondire il mistero della Parola di Dio, Parola che esige e chiede che si dialoghi, che si entri in comunione”. Quella che oggi emerge di fronte ai nostri occhi è “una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione”, anche per le Università e Facoltà ecclesiastiche. Ci guidi, ci illumini e ci sostenga in questa impegnativa e affascinante stagione segnata dall’impegno a una rinnovata e lungimirante configurazione prospettica degli studi ecclesiastici, la fede gioiosa e incrollabile in Gesù crocifisso e risorto, centro e Signore della storia. La Sua risurrezione, col dono sovrabbondante dello Spirito Santo, “produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo; e anche se vengono tagliati, ritornano a spuntare, perché la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia”. Maria Santissima, che all’annuncio dell’Angelo ha concepito con gioia ineffabile il Verbo di Verità, accompagni il nostro cammino ottenendo dal Padre di ogni grazia la benedizione di luce e di amore che con la fiducia dei figli attendiamo nella speranza dal Figlio suo e nostro Signore Gesù Cristo, nella gioia dello Spirito Santo!”. Art.1. La Chiesa, per compiere la missione evangelizzatrice affidatale da Cristo, ha il diritto e il dovere di erigere e promuovere Università e Facoltà, che da essa dipendano (can. 815 CIC). Art. 2. § 1. Nella presente Costituzione, Università e Facoltà ecclesiastiche sono dette quelle istituzioni di educazione superiore che, canonicamente erette o approvate dalla Sede Apostolica, coltivano ed insegnano la dottrina sacra e le scienze con essa collegate, fruendo del diritto di conferire i gradi accademici per autorità della Santa Sede (can. 817 CIC; can. 648 CCEO). § 2. Esse possono essere un’Università o Facoltà ecclesiastica sui iuris, una Facoltà ecclesiastica all’interno di un’Università cattolica (Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ex corde Ecclesiae, art. 1, § 2: AAS 82 [1990], 1502) oppure una Facoltà ecclesiastica all’interno di un’altra Università. Art.3. Le finalità delle Facoltà ecclesiastiche sono: § 1. coltivare e promuovere, mediante la ricerca scientifica, le proprie discipline, cioè quelle direttamente o indirettamente connesse con la Rivelazione cristiana o che servono in un modo diretto alla missione della Chiesa, enucleare sistematicamente le verità in essa contenute, considerare alla loro luce i nuovi problemi che sorgono, e presentarle agli uomini del proprio tempo nel modo adatto alle diverse culture; § 2. formare ad un livello di alta qualificazione gli studenti nelle proprie discipline secondo la dottrina cattolica, prepararli convenientemente ad affrontare i loro compiti, e promuovere la formazione continua o permanente, nei ministri della Chiesa; § 3. aiutare attivamente, secondo la propria natura e in stretta comunione con la Gerarchia, sia le Chiese particolari sia quella universale in tutta l’opera dell’evangelizzazione. Art.4. È compito delle Conferenze Episcopali interessarsi alacremente della vita e del progresso delle Università e Facoltà ecclesiastiche a motivo della loro particolare importanza ecclesiale. Art.5. L’erezione o l’approvazione canonica delle Università e delle Facoltà ecclesiastiche è riservata alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ad esse sovrintende a norma del diritto (can. 816, § 1 CIC; can. 649 CCEO; Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor bonus, art. 116, § 2: AAS 80 [1988], 889). Art.6. Alle sole Università e Facoltà canonicamente erette o approvate dalla Santa Sede, ed ordinate a norma di questa Costituzione, compete il diritto di conferire i gradi accademici aventi valore canonico (can. 817 CIC; can. 648 CCEO) salvo restando il diritto peculiare della Pontificia Commissione Biblica (Pauli VI Sedula Cura: AAS 63 [1971], 665 ss.; Pont. Commissionis Biblicae Ratio Periclitandae Doctrinae: AAS 67 [1975], 153 ss.). Art.7. Gli Statuti di ciascuna Università o Facoltà, da redigere a norma della presente Costituzione, devono essere approvati dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (can. 816, § 2 CIC; can. 650 CCEO). Art.8. Le Facoltà ecclesiastiche erette o approvate dalla Santa Sede in Università non ecclesiastiche, le quali conferiscano gradi accademici sia canonici che civili, devono osservare le prescrizioni di questa Costituzione, rispettando le convenzioni bilaterali e multilaterali stipulate dalla Santa Sede con le diverse Nazioni o con le stesse Università. Art.9. § 1. Le Facoltà, che non sono state erette o approvate canonicamente dalla Santa Sede, non possono conferire gradi accademici aventi valore canonico. § 2. I gradi accademici conferiti da queste Facoltà, per conseguire alcuni determinati effetti canonici, hanno bisogno del riconoscimento della Congregazione per l’Educazione Cattolica. § 3. Per tale riconoscimento, da concedersi per motivi particolari a gradi singoli, devono essere adempiute le condizioni stabilite dalla stessa Congregazione. Art.10. Per dare la dovuta esecuzione alla presente Costituzione si devono osservare le Norme applicative emanate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Art.11. § 1. L’Università o la Facoltà è una comunità di studio, di ricerca e di formazione che opera istituzionalmente per il raggiungimento dei fini primari di cui all’Art. 3, in conformità ai principi della missione evangelizzatrice della Chiesa. § 2. Nella comunità accademica, tutte le persone, sia singolarmente prese sia raccolte in consigli, sono corresponsabili del bene comune e concorrono, nell’ambito delle rispettive competenze, al conseguimento dei fini della comunità medesima. § 3. Perciò, devono essere esattamente determinati i loro diritti e doveri nell’ambito della comunità accademica, affinché siano convenientemente esercitati in limiti precisati negli Statuti. Art.12. Il Gran Cancelliere rappresenta la Santa Sede presso l’Università o la Facoltà e così pure questa presso la Santa Sede, ne promuove la conservazione e il progresso, ne favorisce la comunione con la Chiesa sia particolare che universale. Art.13. § 1. L’Università o la Facoltà dipendono giuridicamente dal Gran Cancelliere, a meno che la Sede Apostolica non abbia stabilito diversamente. § 2. Qualora le circostanze lo suggeriscano, si può avere anche un Vice Gran Cancelliere, la cui autorità deve essere determinata negli Statuti. Art.14. Se il Gran Cancelliere è diverso dall’Ordinario del luogo, si stabiliscano norme, in base alle quali ambedue possano adempiere al proprio compito in modo concorde. Art.15. Le Autorità accademiche sono personali e collegiali. Sono Autorità personali, in primo luogo, il Rettore o il Preside, e il Decano. Sono Autorità collegiali i diversi Organi direttivi, o Consigli, sia di Università che di Facoltà. Art.16. Gli Statuti dell’Università o della Facoltà devono fissare con precisione i nomi e gli uffici delle Autorità accademiche, le modalità della loro designazione e la loro durata in carica, tenuto conto sia della natura canonica dell’Università o Facoltà, sia della prassi universitaria della propria regione. Art.17. Le Autorità accademiche siano scelte tra persone veramente esperte della vita universitaria e, di regola, tra i docenti di qualche Facoltà. Art.18. La nomina o almeno la conferma dei titolari dei seguenti uffici spetta alla Congregazione per l’Educazione Cattolica: il Rettore di un’Università ecclesiastica; il Preside di una Facoltà ecclesiastica sui iuris; il Decano di una Facoltà ecclesiastica in seno ad un’Università cattolica o ad un’altra Università. Art.19. § 1. Gli Statuti stabiliscano in qual modo debbano collaborare tra loro le Autorità personali e quelle collegiali, di modo che, pur rispettando scrupolosamente il principio di collegialità soprattutto nelle questioni più importanti e, segnatamente, in quelle accademiche, le Autorità personali godano di quel potere che effettivamente conviene al loro ufficio. § 2. Ciò vale anzitutto per il Rettore, il quale ha il compito di dirigere l’intera Università e di promuoverne nei modi convenienti l’unità, la collaborazione, il progresso. Art.20. § 1. Quando le Facoltà sono parte di una Università ecclesiastica o di un’Università cattolica, negli Statuti si deve provvedere a coordinare opportunamente il loro governo con quello dell’intera Università, in modo da promuovere convenientemente il bene sia delle singole Facoltà che dell’Università, e da favorire la collaborazione di tutte le Facoltà tra di loro. § 2. Le esigenze canoniche delle Facoltà ecclesiastiche devono essere salvaguardate anche quando queste sono inserite in un’Università non ecclesiastica. Art.21. Se la Facoltà è congiunta con un Seminario Maggiore o con un Collegio, fatta salva la dovuta collaborazione in tutto ciò che attiene al bene degli studenti, gli Statuti devono con chiarezza ed efficacia provvedere a che la direzione accademica e l’amministrazione della Facoltà siano debitamente distinte dal governo e dall’amministrazione del Seminario Maggiore o del Collegio. Art.22. In ciascuna Facoltà deve esserci un numero di docenti, soprattutto stabili, che corrisponda all’importanza ed allo sviluppo delle singole discipline, come anche alla debita assistenza ed al profitto degli studenti. Art.23. Devono esserci diversi ordini di docenti, da determinare negli Statuti secondo il grado di preparazione, di inserimento, di stabilità e di responsabilità nella Facoltà, tenendo conto opportunamente della prassi seguita nelle Università della regione. Art.24. Gli Statuti devono precisare a quali Autorità competano la cooptazione, la nomina, la promozione dei docenti, soprattutto quando si tratti di conferire loro stabilmente l’ufficio. Art.25. § 1. Perché uno sia legittimamente cooptato tra i docenti stabili di una Facoltà, si richiede che egli: 1° si distingua per ricchezza di dottrina, per testimonianza di vita cristiana e ecclesiale, per senso di responsabilità; 2° sia fornito del congruo dottorato o di titolo equipollente, o di meriti scientifici del tutto singolari; 3° si sia dimostrato idoneo alla ricerca scientifica con documenti probanti, in particolare con la pubblicazione di dissertazioni; 4° dimostri di possedere capacità didattica all’insegnamento. § 2. Questi requisiti per l’assunzione dei docenti stabili devono essere applicati, fatte le debite proporzioni, ai docenti non stabili. § 3. I requisiti scientifici per la cooptazione dei docenti in vigore nella prassi universitaria della regione dovranno essere tenuti opportunamente in conto. Art.26. § 1. Tutti i docenti, di qualsiasi categoria, devono sempre distinguersi per onestà di vita, integrità di dottrina, dedizione al dovere, così da poter efficacemente contribuire al raggiungimento del fine proprio di una istituzione accademica ecclesiastica. Quando viene meno uno di questi requisiti, i docenti devono essere rimossi dal loro incarico, osservando il procedimento previsto (cann. 810, § 1 e 818 CIC). § 2. Coloro poi che insegnano materie concernenti la fede e la morale, occorre che siano consapevoli che tale compito deve essere svolto in piena comunione col Magistero autentico della Chiesa e, in particolare del Romano Pontefice (Lumen gentium, 25, 21 novembre 1965: AAS 57 [1965], 29-31; nonché l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla vocazione ecclesiale del teologo, Donum veritatis, 24 maggio 1990: AAS 82 [1990], 1550-1570). Art.27. § 1. Coloro che insegnano discipline concernenti la fede e la morale devono ricevere, dopo aver emesso la professione di fede (can. 833, n. 7 CIC), la missione canonica dal Gran Cancelliere o da un suo delegato; essi, infatti, non insegnano per autorità propria, ma in forza della missione ricevuta dalla Chiesa. Gli altri docenti, invece, devono ricevere l’autorizzazione ad insegnare dal Gran Cancelliere o dal suo delegato. § 2. Tutti i docenti, prima che sia loro conferita la nomina a stabili o siano promossi al più alto ordine didattico, o in entrambi i casi, a seconda di quanto è precisato negli Statuti, hanno bisogno del nulla osta della Santa Sede. Art.28. La promozione agli ordini superiori avviene dopo un conveniente intervallo di tempo, in rapporto alla capacità di insegnamento, alle ricerche svolte, ai lavori scientifici pubblicati, allo spirito di collaborazione nell’insegnamento e nella ricerca, all’impegno di dedizione alla Facoltà. Art.29. I docenti, per poter assolvere al loro ufficio, siano liberi da altre incombenze, incompatibili con i loro compiti di ricerca e di insegnamento, secondo quanto è richiesto negli Statuti dai singoli ordini di docenti (can. 152 CIC; can. 942 CCEO). Art.30. Gli Statuti devono determinare: a) quando ed a quali condizioni i docenti cessino dal loro ufficio; b) per quali motivi e con quale procedura essi possano essere sospesi o rimossi o anche privati dall’ufficio, in modo da provvedere convenientemente alla tutela dei diritti sia del docente, sia della Facoltà od Università, in primo luogo dei suoi studenti, sia anche della stessa comunità ecclesiale. Art.31. Le Facoltà ecclesiastiche sono aperte a tutti coloro che, forniti di regolare attestato, siano idonei, per la condotta morale e per precedenti studi compiuti, ad esservi iscritti. Art.32. § 1. Perché uno possa iscriversi alla Facoltà per il conseguimento dei gradi accademici, deve presentare il titolo di studio richiesto per l’ammissione all’Università civile della propria nazione, o della regione nella quale la Facoltà si trova. § 2. La Facoltà provveda a determinare negli Statuti gli altri eventuali requisiti, oltre a quello stabilito al § 1, necessari per intraprendere il proprio curricolo di studi, anche per quel che riguarda la conoscenza delle lingue sia antiche che moderne. § 3. La Facoltà provveda a determinare negli Statuti anche procedure per valutare le modalità di trattamento dei casi di rifugiati, profughi e persone in situazioni analoghe sprovvisti della regolare documentazione richiesta. Art.33. Gli studenti devono osservare fedelmente le norme della Facoltà circa l’ordinamento generale e la disciplina – in primo luogo circa i programmi degli studi, la frequenza, gli esami – come anche tutte le altre disposizioni concernenti la vita della Facoltà. Per questo motivo, l’Università e le singole Facoltà predispongano i modi affinché gli studenti conoscano gli Statuti e i Regolamenti. Art.34. Gli Statuti devono definire in qual modo gli studenti, sia singolarmente presi che associati, partecipino alla vita della comunità accademica in quelle cose nelle quali essi possono contribuire al bene comune della Facoltà o dell’Università. Art.35. Gli Statuti devono parimenti determinare in qual modo gli studenti, per gravi motivi, possano essere sospesi da certi diritti, o esserne privati, o essere addirittura esclusi dalla Facoltà, così che si provveda opportunamente alla tutela dei diritti sia dello studente che della Facoltà od Università, come anche a quelli della stessa comunità ecclesiale. Art.36. § 1. Nel governo e nell’amministrazione dell’Università o della Facoltà le Autorità siano coadiuvate da Officiali, debitamente competenti nelle loro funzioni. § 2. Gli Officiali sono in primo luogo il Segretario, il Bibliotecario, l’Economo e altri che l’istituzione ritenga opportuni. I loro diritti e doveri devono essere stabiliti negli Statuti o nei Regolamenti. Art.37. § 1. Nel predisporre l’ordinamento degli studi si osservino diligentemente i principi e le norme, che secondo la diversità della materia sono contenuti nei documenti ecclesiastici, soprattutto in quelli del Concilio Vaticano II; si tenga, però, conto nello stesso tempo delle acquisizioni sicure, che derivano dal progresso scientifico e che contribuiscono peculiarmente a risolvere le questioni oggi in discussione. § 2. Nelle singole Facoltà si adotti il metodo scientifico rispondente alle esigenze proprie delle singole scienze. Si applichino pure opportunamente i recenti metodi didattici e pedagogici, atti a meglio promuovere l’impegno personale degli studenti e la loro partecipazione attiva agli studi. Art.38. § 1. A norma del Concilio Vaticano II, in base all’indole propria delle singole Facoltà: 1° sia riconosciuta una giusta libertà (Gaudium et spes, 59: AAS 58 [1966], 1080) di ricerca e di insegnamento perché si possa avere un autentico progresso nella conoscenza e nella comprensione della verità divina; 2° al tempo stesso appaia: a) che la vera libertà di insegnamento è contenuta necessariamente entro i confini della Parola di Dio, così com’essa è costantemente insegnata dal Magistero vivo della Chiesa; b) che parimenti la vera libertà di ricerca poggia necessariamente sulla ferma adesione alla Parola di Dio e su un atteggiamento d’ossequio verso il Magistero della Chiesa, al quale è stato affidato il compito di interpretare autenticamente la Parola di Dio. § 2. Perciò, in materia tanto importante e delicata, si deve procedere con fiducia e senza sospetto, ma anche con prudenza e senza temerarietà, soprattutto nell’insegnamento; si devono, inoltre, armonizzare con cura le esigenze scientifiche con le necessità pastorali del popolo di Dio. Art.39. In ogni Facoltà si ordini convenientemente il curricolo degli studi attraverso diversi gradi o cicli, da adattare secondo le esigenze della materia, così che solitamente: a) dapprima sia data una informazione generale, mediante l’esposizione coordinata di tutte le discipline insieme con l’introduzione all’uso del metodo scientifico; b) successivamente si intraprenda lo studio approfondito di un particolare settore delle discipline, e contemporaneamente si esercitino più compiutamente gli studenti nell’uso del metodo della ricerca scientifica; c) infine si arrivi progressivamente alla maturità scientifica, soprattutto mediante un lavoro scritto, che contribuisca effettivamente all’avanzamento della scienza. Art.40. § 1. Si determinino le discipline che si richiedono necessariamente per il raggiungimento del fine specifico della Facoltà, e quelle che, in diverso modo, servono al raggiungimento di tale fine, così da classificarle opportunamente. § 2. Nelle singole Facoltà le discipline siano ordinate in modo tale da formare un corpo organico, servire alla solida ed armonica formazione degli studenti, rendere più facile la mutua collaborazione dei docenti. Art.41. Le lezioni, soprattutto nel ciclo istituzionale, si devono tenere obbligatoriamente e devono essere frequentate dagli studenti secondo le norme che l’ordinamento degli studi provvederà a determinare. Art.42. Le esercitazioni e i seminari, soprattutto nel ciclo di specializzazione, devono essere condotti con assiduità sotto la guida dei docenti, e devono essere di continuo integrati mediante lo studio privato ed il frequente colloquio con i docenti. Art.43. L’ordinamento degli studi della Facoltà definisca quali esami o prove equivalenti debbano essere sostenute dagli studenti, sia per iscritto sia oralmente, alla fine del semestre o dell’anno, e soprattutto del ciclo perché sia possibile verificare il loro profitto in ordine alla prosecuzione degli studi nella Facoltà ed al conseguimento dei gradi accademici. Art.44. Gli Statuti o i Regolamenti devono parimenti determinare quale conto si debba fare degli studi compiuti altrove, in rapporto soprattutto alla concessione di dispense per alcune discipline o esami, o anche alla riduzione dello stesso curricolo degli studi, rispettando peraltro le disposizioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Art.45. § 1. Al termine dei singoli cicli del curricolo degli studi, può essere conferito un conveniente grado accademico, che deve essere stabilito per le singole Facoltà, tenuto conto sia della durata del ciclo, sia delle discipline in esso insegnate. § 2. Perciò, negli Statuti delle singole Facoltà devono essere determinati con cura, secondo le norme comuni e particolari della presente Costituzione, tutti i gradi che siano conferiti ed a quali condizioni. Art.46. I gradi accademici, che si conferiscono in una Facoltà ecclesiastica, sono: il Baccalaureato, la Licenza, il Dottorato. Art.47. I gradi accademici, negli Statuti delle singole Facoltà, possono essere espressi anche con altre denominazioni, tenuto conto della prassi universitaria della regione, purché sia indicata con chiarezza la loro equivalenza con i gradi accademici sopra menzionati e sia salvaguardata l’uniformità tra le Facoltà ecclesiastiche della stessa regione. Art.48. Nessuno può conseguire un grado accademico se non sia stato iscritto regolarmente alla Facoltà, non abbia terminato il curricolo degli studi prescritto dall’ordinamento degli studi, e superato i relativi esami ed eventuali altre modalità di prova. Art.49. § 1. Per poter essere ammesso al Dottorato, occorre aver conseguito la Licenza. § 2. Per conseguire il Dottorato si richiede inoltre una dissertazione dottorale, che contribuisca effettivamente al progresso della scienza, sia stata elaborata sotto la guida di un docente, pubblicamente discussa, approvata collegialmente e, almeno nella sua parte principale, pubblicata. Art.50. § 1. Il Dottorato è il grado accademico che abilita all’insegnamento in una Facoltà, ed è perciò richiesto a tale fine; la Licenza è il grado accademico che abilita all’insegnamento in un Seminario Maggiore o in una istituzione equivalente ed è perciò richiesto a tale fine. § 2. I gradi accademici, richiesti per ricoprire i diversi uffici ecclesiastici, sono stabiliti dalla competente Autorità ecclesiastica. Art.51. Il Dottorato honoris causa può essere conferito per speciali meriti scientifici o culturali, acquisiti nel promuovere le scienze ecclesiastiche. Art.52. Oltre ai gradi accademici, le Facoltà possono conferire altri titoli, secondo la diversità delle Facoltà e l’ordinamento degli studi nelle singole Facoltà. Art.53. Per il raggiungimento dei propri fini specifici, soprattutto per il compimento delle ricerche scientifiche, in ciascuna Università o Facoltà deve esserci una biblioteca adeguata, rispondente ai bisogni dei docenti e degli studenti, ordinata convenientemente e fornita degli opportuni cataloghi. Art.54. Mediante lo stanziamento annuale di una congrua somma di denaro, la biblioteca sia costantemente arricchita di libri, antichi e recenti, e delle principali riviste, così che essa possa efficacemente servire tanto all’approfondimento e all’insegnamento delle discipline, quanto al loro apprendimento, come anche alle esercitazioni e ai seminari. Art.55. Alla biblioteca deve essere preposto un esperto in materia, il quale sarà aiutato da un adeguato Consiglio e parteciperà in modo opportuno ai Consigli dell’Università o Facoltà. Art.56. § 1. La Facoltà deve disporre, altresì, dei sussidi informatici e tecnici audiovisivi, ecc., che siano di aiuto alla didattica e alla ricerca. § 2. In rapporto alla particolare natura e finalità dell’Università o della Facoltà, vi siano pure Istituti di ricerca e laboratori scientifici, con anche altri sussidi necessari al raggiungimento del fine, che è suo proprio. Art.57. L’Università o la Facoltà deve disporre dei mezzi economici necessari per il conveniente raggiungimento della sua specifica finalità. Dev’essere esattamente compilato il quadro dello stato patrimoniale e dei diritti di proprietà. Art.58. Gli Statuti determinino, secondo le norme della retta economia, la funzione dell’Economo, come anche le competenze del Rettore o del Preside e dei Consigli nella gestione economica dell’Università o della Facoltà, così che sia assicurata una sana amministrazione. Art.59. Al personale, docente e non, sia corrisposta una congrua retribuzione, tenuto conto delle consuetudini vigenti nella regione, anche in rapporto alla previdenza ed alle assicurazioni sociali. Art.60. Gli Statuti parimenti determinino le norme generali circa i modi di partecipazione degli studenti alle spese dell’Università o della Facoltà, mediante il pagamento di tasse accademiche. Art.61. § 1. Deve essere curata con diligenza la cosiddetta pianificazione, al fine di provvedere sia alla conservazione ed al progresso delle Università e delle Facoltà, sia alla loro conveniente distribuzione nelle varie parti della terra. § 2. Per attuare quest’opera la Congregazione per l’Educazione Cattolica sarà aiutata dai suggerimenti delle Conferenze Episcopali e da una Commissione di esperti. Art.62. § 1. L’erezione o l’approvazione di una nuova Università o Facoltà viene decisa dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (can. 816 § 1 CIC; cann. 648-649 CCEO), quando si abbiano tutti i requisiti, sentito anche il parere del Vescovo diocesano o eparchiale, della Conferenza Episcopale, nonché degli esperti, specialmente delle Facoltà più vicine. § 2. Per erigere canonicamente una Università ecclesiastica sono necessarie 4 Facoltà ecclesiastiche, per un Ateneo ecclesiastico 3 Facoltà ecclesiastiche. § 3. L’Università ecclesiastica e la Facoltà ecclesiastica sui iuris godono ipso iure della personalità giuridica pubblica. § 4. Spetta alla Congregazione per l’Educazione Cattolica concedere con decreto la personalità giuridica a una Facoltà ecclesiastica appartenente a un’Università civile. Art.63. § 1. L’affiliazione di un Istituto ad una Facoltà per il conseguimento del Baccalaureato, viene decretata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo l’adempimento delle condizioni stabilite dalla stessa. § 2. È vivamente raccomandato che gli Studi Teologici sia delle diocesi sia degli istituti religiosi, siano affiliati ad una Facoltà di Teologia. Art.64. L’aggregazione e l’incorporazione di un Istituto ad una Facoltà, per il conseguimento anche di gradi accademici superiori, sono decretate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo l’adempimento delle condizioni stabilite dalla stessa. Art.65. L’erezione di un Istituto Superiore di Scienze Religiose richiede il suo collegamento con una Facoltà di Teologia secondo le norme peculiari emanate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Art.66. La collaborazione tra le Facoltà sia di una stessa Università, sia di una stessa regione, sia anche di un più ampio territorio, deve essere diligentemente curata (can. 820 CIC). Essa, infatti, è di grande giovamento per promuovere la ricerca scientifica dei docenti e la migliore formazione degli studenti, come pure per sviluppare quella che vien detta solitamente “interdisciplinarità” e che appare sempre più necessaria; e, parimenti, per sviluppare la cosiddetta “complementarietà” tra le varie Facoltà; e, in generale, per realizzare la penetrazione della sapienza cristiana in tutta la cultura. Art.67. Quando un’Università o una Facoltà ecclesiastica non adempie più le condizioni richieste per la sua erezione o approvazione, spetta alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, avvertito previamente il Gran Cancelliere, e il Rettore o il Preside secondo le circostanze, e dopo aver sentito il parere del Vescovo diocesano o eparchiale e della Conferenza Episcopale, prendere la decisione sulla sospensione dei diritti accademici, la revoca dell’approvazione come Università o Facoltà ecclesiastica o sulla soppressione dell’istituzione. Art.68. Oltre le norme comuni a tutte le Facoltà ecclesiastiche stabilite nella prima parte di questa Costituzione, sono qui proposte norme speciali per alcune Facoltà, attesa la loro particolare natura ed importanza nella Chiesa. Art.69. La Facoltà di Teologia ha lo scopo di approfondire e di trattare sistematicamente, secondo il metodo scientifico ad essa proprio, la dottrina cattolica, attinta con la massima diligenza dalla divina Rivelazione; e quello, ancora, di ricercare accuratamente le soluzioni dei problemi umani alla luce della stessa Rivelazione. Art.70. § 1. Lo studio della Sacra Scrittura deve essere come l’anima della Teologia, la quale si basa, come su un perenne fondamento, sulla Parola scritta di Dio insieme con la viva Tradizione (Dei Verbum, 24: AAS 58 [1966], 827). § 2. Le singole discipline teologiche devono essere insegnate in modo tale che, dalle interne ragioni dell’oggetto proprio di ciascuna ed in connessione con le altre discipline, come il diritto canonico e la filosofia, nonché con le scienze antropologiche, risulti ben chiara l’unità dell’intero insegnamento teologico, e tutte le discipline convergano verso la conoscenza intima del mistero di Cristo, perché sia così annunciato con maggiore efficacia al Popolo di Dio ed a tutte le genti (cfr Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla vocazione ecclesiale del teologo, Donum veritatis: 24 maggio 1990: AAS 82 [1990], 1552). Art.71. § 1. La Verità rivelata deve essere considerata anche in connessione con le acquisizioni scientifiche del tempo che si evolve, perché si comprenda chiaramente “come la fede e la ragione si incontrino nell’unica verità” (Gravissimum educationis, 10: AAS 58 [1966], 737; Enc. Veritatis splendor: AAS 85 [1993] 1133 ss.; Enc. Fides et ratio: AAS 91 [1999] 5 ss.), e la sua esposizione sia tale che, senza mutamento della verità, sia adattata alla natura e all’indole di ciascuna cultura, tenendo conto particolarmente della filosofia e della sapienza dei popoli, esclusa tuttavia qualsiasi forma di sincretismo e di falso particolarismo (Ad Gentes, 22: AAS 58 [1966], 973 ss.). § 2. Devono essere ricercati, scelti ed assunti con cura i valori positivi che si trovano nelle varie filosofie e culture; tuttavia, non sono da accettare sistemi e metodi, che non si possono conciliare con la fede cristiana. Art.72. § 1. Le questioni ecumeniche devono essere accuratamente trattate, secondo le norme emanate dalla competente Autorità ecclesiastica (Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme sull’Ecumenismo: AAS 85 [1993], 1039 ss.). § 2. Le relazioni con le religioni non cristiane sono da considerare con attenzione. § 3. Saranno esaminati con scrupolosa diligenza i problemi che scaturiscono dall’ateismo e da altre correnti della cultura contemporanea. Art.73. Nello studio e nell’insegnamento della dottrina cattolica deve sempre aver rilievo la fedeltà al Magistero della Chiesa. Nell’adempiere l’ufficio didattico, specialmente nel ciclo istituzionale, siano anzitutto impartiti quegli insegnamenti che riguardano il patrimonio acquisito della Chiesa. Le opinioni probabili e personali, che derivano dalle nuove ricerche, siano modestamente proposte come tali. Art.74. Il curricolo degli studi della Facoltà di Teologia comprende: A) il primo ciclo, istituzionale, che si protrae per un quinquennio o dieci semestri, oppure per un triennio o sei semestri, se prima di esso è richiesto il biennio di filosofia. I primi due anni devono essere maggiormente dedicati a una solida formazione filosofica che è necessaria per affrontare adeguatamente lo studio della teologia. Il Baccalaureato ottenuto in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia sostituisce i corsi di filosofia del primo ciclo nelle Facoltà teologiche. Il Baccalaureato in Filosofia ottenuto in una Facoltà non ecclesiastica non costituisce ragione per dispensare completamente uno studente dai corsi filosofici del primo ciclo nelle Facoltà teologiche. Le discipline teologiche devono essere insegnate in modo da presentare un’organica esposizione di tutta la dottrina cattolica, insieme con l’introduzione al metodo della ricerca scientifica. Il ciclo si conclude col grado accademico di Baccalaureato o un altro conveniente, da precisarsi negli Statuti della Facoltà. B) il secondo ciclo, di specializzazione, che si protrae per un biennio o quattro semestri. In esso sono insegnate discipline peculiari, secondo la diversa indole della specializzazione, e si tengono seminari ed esercitazioni per acquistare l’esercizio della ricerca scientifica. Il ciclo si conclude col grado accademico di Licenza specializzata. C) il terzo ciclo nel quale per un congruo periodo di tempo si perfeziona la formazione scientifica, specialmente attraverso l’elaborazione della dissertazione dottorale. Il ciclo si conclude col grado accademico di Dottorato. Art.75. § 1. Perché uno possa iscriversi alla Facoltà di Teologia, è necessario che abbia compiuto gli studi prerequisiti, a norma dell’art. 32 di questa Costituzione. § 2. Laddove il primo ciclo della Facoltà è triennale, lo studente deve presentare l’attestato del biennio filosofico, regolarmente compiuto presso una Facoltà filosofica ecclesiastica o un Istituto approvati. Art.76. § 1. È peculiare compito della Facoltà di Teologia di curare la formazione scientifica teologica di coloro che sono avviati al presbiterato e di coloro che si preparano ad assolvere speciali incarichi ecclesiastici; per questo è necessario che ci sia un congruo numero di docenti presbiteri. § 2. A tal fine vi siano anche speciali discipline, adatte ai seminaristi; può, anzi, essere opportunamente istituito dalla stessa Facoltà, per completare la formazione pastorale, l’“Anno pastorale”, il quale è richiesto, dopo il compimento del quinquennio istituzionale, per il presbiterato, e può concludersi col conferimento di uno speciale Diploma. Art.77. La Facoltà di Diritto Canonico, Latino o Orientale, ha lo scopo di coltivare e promuovere le discipline canonistiche alla luce della legge evangelica, e istruire a fondo nelle medesime gli studenti, perché siano formati alla ricerca e all’insegnamento e siano, altresì, preparati ad assolvere speciali incarichi ecclesiastici. Art.78. Il curricolo degli studi di una Facoltà di Diritto Canonico comprende: a) il primo ciclo, da protrarsi per un biennio o quattro semestri, per coloro che non hanno una formazione filosofico-teologica, senza eccezione alcuna per coloro che già hanno un titolo accademico in diritto civile; in questo ciclo ci si dedica allo studio delle istituzioni di diritto canonico e a quelle discipline filosofiche e teologiche che si richiedono per una formazione canonistica superiore; b) il secondo ciclo, che deve protrarsi per un triennio o sei semestri, dedicato allo studio più approfondito dell’Ordinamento canonico in tutte le sue espressioni, normative, giurisprudenziali, dottrinali e di prassi, e principalmente dei Codici della Chiesa latina o delle Chiese Orientali attraverso la trattazione completa delle sue fonti sia magisteriali che disciplinari, a cui si aggiunge lo studio di materie affini; c) il terzo ciclo nel quale, per un congruo periodo di tempo, si perfeziona la formazione scientifica, specialmente attraverso l’elaborazione della dissertazione dottorale. Art.79. § 1. Riguardo alle discipline prescritte nel primo ciclo, la Facoltà può avvalersi di corsi tenuti in altre Facoltà, che siano da essa stessa riconosciuti come rispondenti alle proprie esigenze. § 2. Il secondo ciclo si conclude con la Licenza, e il terzo con il Dottorato. § 3. L’ordinamento degli studi della Facoltà deve definire i particolari requisiti per il conseguimento dei singoli gradi accademici, tenuto conto delle prescrizioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Art.80. Per l’iscrizione alla Facoltà di Diritto Canonico, è necessario aver compiuto gli studi prerequisiti, a norma dell’art. 32 di questa Costituzione. Art.81. § 1. La Facoltà ecclesiastica di Filosofia ha lo scopo di investigare metodicamente i problemi filosofici e, basandosi sul patrimonio filosofico perennemente valido (Optatam totius, 15: AAS 58 [1966], 722), di ricercare la loro soluzione alla luce naturale della ragione, e di dimostrare, inoltre, la loro coerenza con una visione cristiana del mondo, dell’uomo e di Dio, mettendo in giusta evidenza le relazioni della filosofia con la teologia. § 2. Essa poi si propone di istruire gli studenti, in modo da renderli idonei all’insegnamento ed a svolgere altre congrue attività intellettuali, nonché a promuovere la cultura cristiana ed a stabilire un fruttuoso dialogo con gli uomini del loro tempo. Art.82. Il curricolo degli studi della Facoltà di Filosofia comprende: a) il primo ciclo, istituzionale, durante il quale per un triennio o sei semestri, si fa un’organica esposizione delle varie parti della filosofia, che trattano del mondo, dell’uomo e di Dio, come pure della storia della filosofia, unitamente all’introduzione al metodo del lavoro scientifico; b) il secondo ciclo, o di iniziata specializzazione, durante il quale, per un biennio o quattro semestri, mediante speciali discipline e seminari, si imposta una più profonda riflessione filosofica in qualche settore della filosofia; c) il terzo ciclo nel quale, per un periodo di almeno tre anni, si perfeziona la formazione scientifica, specialmente attraverso l’elaborazione della dissertazione dottorale. Art.83. Il primo ciclo si conclude col Baccalaureato, il secondo con la Licenza specializzata, il terzo col Dottorato. Art.84. Per l’iscrizione al primo ciclo della Facoltà di Filosofia è necessario aver compiuto gli studi prerequisiti, a norma dell’art. 32 di questa Costituzione Apostolica. Qualora uno studente, che abbia compiuto con successo i corsi regolari di filosofia nel primo ciclo di una Facoltà teologica, volesse poi proseguire gli studi filosofici per ottenere il Baccalaureato in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia, si dovrà tenere conto dei corsi frequentati durante il menzionato percorso. Art.85. Oltre alle Facoltà di Teologia, di Diritto Canonico e di Filosofia, altre Facoltà ecclesiastiche sono state canonicamente erette o possono essere erette, attese le necessità della Chiesa per ottenere particolari scopi, quali sono: a) un’approfondita indagine in alcune materie di maggiore importanza tra le discipline teologiche, giuridiche, filosofiche e storiche; b) la promozione di altre scienze, in primo luogo delle scienze umane, che siano più strettamente connesse con le discipline teologiche o con l’opera dell’evangelizzazione; c) lo studio approfondito delle lettere, che in modo speciale aiutino sia a comprendere meglio la Rivelazione cristiana, sia a svolgere con maggiore efficacia l’opera dell’evangelizzazione; d) infine, una più accurata preparazione sia dei chierici sia dei laici, per assolvere degnamente alcuni speciali incarichi d’apostolato. Art.86. Sarà compito della Congregazione per l’Educazione Cattolica emanare, secondo l’opportunità, speciali norme per queste Facoltà o Istituti, come è stato fatto ai Titoli precedenti per le Facoltà di Teologia, di Diritto Canonico e di Filosofia. Art.87. Anche le Facoltà e gli Istituti, per i quali non sono ancora state emanate norme speciali, devono redigere i propri Statuti, che siano conformi alle norme comuni stabilite nella prima Parte di questa Costituzione, e tengano conto della particolare natura e finalità loro proprie. Art.88. La presente Costituzione troverà applicazione il primo giorno dell’anno accademico 2018-2019 o dell’anno accademico 2019, secondo il Calendario accademico delle varie regioni. Art.89. § 1. Le singole Università o Facoltà devono presentare i propri Statuti e l’ordinamento degli studi, riveduti secondo questa Costituzione, alla Congregazione per l’Educazione Cattolica entro l’8 dicembre 2019. § 2. Eventuali modifiche agli Statuti o all’ordinamento degli studi necessitano dell’approvazione della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Art.90. Nelle singole Facoltà gli studi devono essere ordinati in modo che gli studenti possano conseguire i gradi accademici secondo le norme di questa Costituzione, salvi i diritti da essi precedentemente acquisiti. Art.91. Gli Statuti e l’ordinamento degli studi delle nuove Facoltà dovranno essere approvati ad experimentum così che, entro tre anni dall’approvazione, possano essere perfezionati al fine di ottenere l’approvazione definitiva. Art.92. Le Facoltà, che hanno un legame giuridico con l’Autorità civile, se sarà necessario, potranno avvalersi di un più lungo periodo di tempo per rivedere gli Statuti, con la licenza della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Art.93. § 1. Sarà compito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, quando col passare del tempo le circostanze lo richiederanno, proporre i cambiamenti da introdurre in questa Costituzione, affinché la Costituzione medesima sia di continuo adattata alle nuove esigenze delle Facoltà ecclesiastiche. § 2. Solo la Congregazione per l’Educazione Cattolica può dispensare dall’osservanza di qualche articolo di questa Costituzione o delle Ordinationes oppure degli Statuti e dell’ordinamento degli studi approvati delle singole Università o delle Facoltà. Art.94. Sono abrogate le leggi o le consuetudini, al presente in vigore, contrarie a questa Costituzione, siano esse universali o particolari, anche se degne di specialissima e individuale menzione. Parimenti, sono del tutto abrogati i privilegi concessi sino ad oggi dalla Santa Sede a persone sia fisiche che morali, e che siano in contrasto con le prescrizioni di questa stessa Costituzione. Quanto ho deliberato con la presente Costituzione apostolica stabilisco che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e che venga pubblicato nel Commentario ufficiale Acta Apostolicae Sedis. Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 dicembre 2017, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, quinto anno del Pontificato. nbsp; FRANCISCUS”. In sintonia con S.E.R. Mons. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo di L’Aquila, relatore al seminario “Notizie false e giornalismo di pace. La verità vi farà liberi”, l’incontro della Stampa abruzzese, la mattina del 30 Gennaio 2018, all’Istituto di scienze religiose “Fides et ratio” di Coppito (Aq) sul tema ispirato dal Messaggio di Papa Francesco per la 52ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali di Domenica 13 Maggio 2018, pubblicato in occasione della festa di San Francesco di Sales patrono dei giornalisti (24 Gennaio). Al seminario, organizzato dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della Regione e dall’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo nell’ambito della formazione permanente, Mons. Giuseppe Petrocchi invita gli operatori dell’informazione non solo a verificare e indagare le notizie da diffondere, ma anche se stessi. “Occorre, infatti, che ogni giornalista abbia la consapevolezza delle lenti interpretative con cui guarda e legge la realtà – osserva il prelato – in quanto la ricerca della verità va sempre correlata al bene comune. Una presunta verità catapultata contro l’altro può creare un danno sociale di cui bisogna rendere conto. Solo così si potrà promuovere un autentico giornalismo di pace”. Il Presidente dell’Ordine Regionale dei Giornalisti, dott. Stefano Pallotta, invita tutti a curare la propria formazione culturale e politica “perché solo così si potrà far fronte al dilagante fenomeno delle fake news: l’uso eccessivo dei social network, il giornalismo di cittadinanza, sistema certamente democratico e strumento di partecipazione attiva, la perdita di potere contrattuale della professione giornalistica e di intermediazione culturale tra i poteri e i cittadini, hanno contribuito alla produzione e diffusione di un flusso magmatico di notizie, bufale, mezze e post verità con il contributo attivo dei veri poteri forti economici e politici in un processo di disintegrazione e precarizzazione della professione giornalistica che è sotto gli occhi di tutti”. In effetti il potere di affermare e diffondere le “true news” appare sempre più labile. Il Presidente Stefano Pallotta si dice lievemente ottimista sul futuro dell’informazione abruzzese. Ma la “dieta mediatica” degli italiani, secondo il Censis, sembra impietosa: la carta stampata è in gravissima crisi con sole tre milioni di copie vendute, il 50% in meno rispetto al 1948, settant’anni fa, quando entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana. “Il quotidiano resta insostituibile per la costruzione dell’informazione ma – avverte Pallotta – di questo passo si rischia di perdere un’opinione pubblica libera, correttamente informata e disintossicata dalle fake news. Dei giornalisti non si può fare a meno. Ormai la distinzione tra pubblicisti e professionisti appare sempre meno evidente. Il problema resta quello dell’accesso onesto alla professione. I disegni di legge dormono nei cassetti del Parlamento”. Chi determina l’immaginario collettivo italiano? “I dati Censis parlano chiaro – rivela Pallotta – se la Tv si pone al 28.5%, il Web rappresenta il 54% della pietanza mediatica. Montanelli sosteneva, evidentemente scherzando, che il giornalista parla di cose che non conosce. Oggi si va affermando qualcosa di più insidioso, la post verità che suscita emozioni e credibilità indipendentemente se la notizia sia vera o falsa nella comunità virtuale”. Sulla base dei “like” e dei “cuoricini” conquistati. Per Mons. Giuseppe Petrocchi, professore di filosofia, quella del giornalista, del cronista e dell’operatore dell’informazione resta una “esperienza come vissuto pensato nel segno della coerenza: questo è il giornalista. Le fake news sono come un contagio, dunque destano allarme sociale: dobbiamo sviluppare forme di immunizzazione attive. Occorre fare attenzione agli schemi mentali di ciascuno, che filtrano ciò che accade attraverso le proprie lenti psichiche ereditate e acquisite nel tempo. Bisogna conoscere gli elementi interpretativi del reale. Il vero non è per tutti la medesima esperienza. Gli atteggiamenti emotivi contano nel selezionare la notizia e nell’esporla. Il giornalista deve fare attenzione dimostrando autocontrollo. In un certo senso il giornalista si racconta quando scrive: analisi concrete possono essere svolte studiando i testi scritti, le modalità di raccolta e verifica delle fonti. La libertà personale non può mai essere assoluta perché la verità non è mai contro il prossimo nella stesura e nell’adesione ai fatti. La verità è per l’altro. Il bene va fatto bene. Perché il bene fatto male, è peggiore. Allora occorre un’attenta indagine prima su se stessi e poi sulla realtà. Gli atteggiamenti di contrarietà devastanti e di screditamento sono il dramma sui social network. In verità, nella notizia vera si stabilisce una relazione tra persone, come insegna Papa Francesco, nella quale il “serpente” della fake news non può accedere. È il narcisismo mediatico a generare, in un perverso gioco irreale di specchi, fenomeni distruttivi che gli psicologi clinici – osserva il prelato – studiano nella patologia dell’autismo informatico declinato dal fatto che i giovani e i cronisti di fake news identificano nelle protesi elettroniche del loro mondo “separato” il rifiuto dell’altro, della realtà e della verità. Dunque, attenzione ai germi dell’informazione patologica. Bisogna comprendere l’altro per dirsi e per darsi. È vero, oggi il dramma continua psicologicamente a L’Aquila, Teramo e in tutte le comunità colpite dal fenomeno sismico che si perpetua. Conosco la gente di montagna che esprime una dignità nella sofferenza in depositi di insicurezza, in esistenze spezzate per sempre non ricomponibili se non in una dimensione di fede. A volte la prossimità è tutto. La ricostruzione e la costruzione devono essere in primis spirituali nelle nostre comunità. L’aggressività, l’incompatibilità, l’incomunicabilità non sono un giornalismo civile. Abbiamo bisogno di giornalisti di pace, prima in se stessi e poi con gli altri. Giornalisti costruttori di un futuro credibile e trasmissibile: le nostri lenti interpretative – rileva Mons. Giuseppe Petrocchi – a volte le ereditiamo, a volte le edifichiamo e proiettiamo con effetti discorsivi sui giovani, la cui dipendenza dalle nuove tecnologie informatiche non può essere rimossa tanto facilmente dalla famiglia senza l’intervento della comunità, della chiesa e dello stato. Speriamo che le luci che vediamo affacciarsi all’orizzonte non siano fake lights”. Non solo per il Duomo di L’Aquila. “Il nostro impegno nel rispetto delle leggi e delle norme, ce lo mettiamo tutto in tutte le sedi. Vi dirò di più. Non solo per la ricostruzione dei beni, senza sviamenti, perché siamo ri-terremotati come la Diocesi di Teramo Atri. Il senso del bello architettonico, ereditato dalle generazioni precedenti seppur povere e umili, non può essere assolutamente sacrificato. L’Aquila, su 426 chiese aperte prima del sisma AD 2009, oggi può contarne meno di 150 accessibili. Il nostro è un dialogo onesto, franco e pacifico. Ma determinato. Ci stiamo impegnando anche sul fronte della costruzione di due chiese nuove: la riattivazione del vecchio progetto di Cansatessa e di Pile in nome della dignità degli Aquilani. In Primavera contiamo di attivare altre strutture. Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo arrenderci. Non possiamo lasciarci scippare il futuro”. Una feconda esperienza intellettuale per il centinaio di giornalisti convenuti a L’Aquila, assolutamente da integrare con un nuovo seminario sul tema delle “fake” e “true news” insieme al nuovo Vescovo aprutino S.E.R. Lorenzo Leuzzi della Diocesi di Teramo Atri.
© Nicola Facciolini