Il professor Walter Ricciardi, dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha rilasciato un’intervista nella quale ha sottolineato gli errori che sarebbero stati compiuti dal governo: “Paghiamo il fatto di non aver messo in quarantena da subito gli sbarcati dalla Cina. Abbiamo chiuso i voli, e questo non ci ha permesso di tracciare gli arrivi, perché a quel punto si è potuto fare scalo e arrivare da altre località”.
Date queste premesse sarebbe interessante capire cosa è successo davvero, perché appare abbastanza evidente che la situazione sia un po’ sfuggita di mano. Fino a giovedì scorso il governo ha versato un fiume di sonnifero sul Paese.
Ci dicevano di stare tranquilli. Questo il messaggio costante del premier Giuseppe Conte: “I cittadini italiani devono stare sereni e tranquilli che noi stiamo affrontando con la massima responsabilità il coronavirus. Vi posso assicurare che l’Italia ha adottato una linea di misure cautelative che è la più efficace, attualmente, sicuramente in Europa e addirittura forse a livello internazionale”.
Poi di colpo ci ritroviamo misteriosamente ad essere il Paese d’Europa più contagiato. Il bilancio diffuso dal Ministero della Salute alle 18:00 del 2 marzo è di 1835 positivi, 52 deceduti e 149 guariti. Ma è tutto sotto controllo!
Tuttavia viene spontaneo chiederselo: il governo ha davvero fatto tutto quello che doveva e poteva? A guardare la sequenza degli avvenimenti qualche dubbio sorge. Delle falle indubbiamente ci sono state.
Tutto esplode attorno a venerdì 21 febbraio e il coronavirus ha un’incubazione di circa 14 giorni (qualcuno ipotizza fino a 24). Se andiamo a ritroso di 14-24 giorni, arriviamo ai primi giorni di febbraio – fine gennaio, quando si ritiene sia iniziato il contagio.
Le parole del Prof. Ricciardi appaiono condivisibili. Forse si sarebbe potuto agire diversamente, forse si sarebbe potuto esercitare un controllo diverso e più efficace sulla diffusione del virus. E’ stata sottovalutata la portata di un evento morboso che sta assumendo dimensioni tutt’altro che circoscritte?
Probabilmente sarebbe bastato ascoltare le indicazioni degli esperti invece di pensare al “Politicamente corretto”. Adottare misure dirette a proteggere in modo efficace i propri cittadini e a prevenire la diffusione del virus è stato fatto passare per razzismo verso i cinesi, quando invece sarebbe stato solo buonsenso. Meglio misure eccessivamente restrittive all’inizio, che dover correre ai ripari dopo.
Il virologo Roberto Burioni nel suo sito “Medical facts”, già l’8 gennaio scorso faceva riferimento al comunicato delle autorità sanitarie di Wuhan del 3 gennaio e parlava di un coronavirus simile alla SARS, tanto che viene denominato SARS-CoV-2: e poi il 25 gennaio, sempre sul sito Burioni ricorda “proposi la quarantena per tutte le persone che tornavano di là”. Dichiarazioni per le quali lo stesso ha subito attacchi: “mi hanno dato dell’allarmista, addirittura del fascioleghista, perché dall’inizio ho sostenuto che l’isolamento delle persone provenienti dalla Cina fosse l’unico modo efficace per evitare il diffondersi del virus”. Stesso trattamento – negli stessi giorni – per il Ministro dell’Interno che il 31 gennaio, dopo i primi due casi (i due turisti cinesi arrivati, proprio da Wuhan, a Malpensa il 23 gennaio) scriveva: “Fatemi capire… I primi due casi di Coronavirus in Italia sarebbero sbarcati tranquillamente a Malpensa il 23 gennaio e, senza alcun controllo, avrebbero girato per giorni per mezza Italia, fino ad arrivare in un albergo nel pieno centro di Roma”.
Risulterebbero non ascoltate anche le parole dei governatori leghisti delle tre regioni del Nord che il 3 febbraio – sulla scorta di quanto scritto da Burioni – hanno chiesto al governo di non far rientrare a scuola i ragazzi che tornavano dalla Cina (se non dopo i 14 giorni di quarantena). Pare che Il premier Conte abbia respinto tale richiesta esortandoli a fidarsi di coloro che hanno competenze specifiche: “Dobbiamo fidarci delle autorità sanitarie” (dal Corriere della Sera del 4 febbraio).
La minimizzazione da parte del governo e la sottovalutazione dei rischi (con le accuse di allarmismo nei confronti di chi chiedeva misure più serie) sono dovuti a incapacità o hanno una causa ideologica?
Tutti gli sforzi del governo in quei giorni consistevano principalmente nel dare addosso a chi chiedeva misure più decise, e nel denunciare a gran voce il rischio di razzismo nei confronti dei cinesi, lasciando intendere che un’umanissima paura del contagio – da parte degli italiani – fosse un sintomo solo di pericolosa xenofobia.
Abbiamo assistito tutti, tramite i media, ad iniziative come “abbraccia un cinese” lanciata dal sindaco di Firenze Nardella “contro terrorismo psicologico, sciacallaggio e odio”, o come la “Notte delle bacchette” promossa a Milano e sostenuta da molti volti noti.
Questa deformazione ideologica è stata ben colta da Toni Capuozzo – giornalista/inviato di guerra, scrittore e blogger italiano – che in un post su facebook ha fotografato la mediocrità di questa classe politica: “sul coronavirus hanno fatto di peggio, pensando che la correttezza politica (visita scuole multietniche, ristoranti cinesi ecc.) fosse la cosa più importante, che il nemico fosse il razzismo. Sordi agli appelli di Burioni, tante Alici nel paese delle meraviglie, convinti che la loro solo esibita bontà salverà il mondo. Come se ne fottono di chi dorme all’aperto o raccoglie pomodori da schiavo, una volta esaurita l’accoglienza, così se ne sono fregati delle reali possibilità di contagio. Il razzismo è un male da tenere a bada, l’allarmismo è un pericolo, certo. Le malattie, anche”.
Appunto! Il razzismo è sicuramente un male da combattere ma non a scapito della tutela della salute di un’intera popolazione. Quando ci sono più interessi in gioco bisognerebbe chiedersi ogni volta quale sia quello prevalente invece di coltivare ipocrisie inutili!