«Prima di addormentarmi, in terapia intensiva, ho chiamato la mia fidanzata e l’ho tranquillizzata. Poi ho chiesto al medico di aggiornare i miei familiari sulle mie condizioni i giorni successivi. Vivono a settecento chilometri di distanza e io non avrei potuto farlo». È la testimonianza di Luigi Nasta, agente di Polizia Penitenziaria originario della provincia di Caserta e in servizio nella casa circondariale di Vicenza, il primo operatore penitenziario colpito dal virus, che a Gnewsonline, quotidiano del Ministero della Giustizia, ha raccontato la sua drammatica esperienza. «L’esperienza più dura della mia vita che ho trovato la forza di affrontare pensando a tutto quello per cui dovevo lottare, alle persone che amo, al lavoro che ho scelto, ai colleghi sempre vicini nel sostenermi. Devo poi moltissimo non solo alla competenza ma anche alla sensibilità del personale sanitario che mi ha curato»Luigi, 29 anni, era finito in coma farmacologico ed era in perfetta salute quando è stato colpito dal virus. Il medico che l’ha seguito durante il ricovero si è prodigato a rassicurare la famiglia quotidianamente. I paranti residenti a Caserta non potevano infatti in nessun modo raggiungere il loro caro ricoverato e isolato in terapia intensiva. «Lontano dalla famiglia, non mi sono mai sentito solo grazie ai miei colleghi. Mentre ero intubato, pensavo a loro, a quello che stava succedendo ‘fuori’ e soprattutto mi chiedevo se avessi contagiato qualcuno. È stata la prima domanda che ho fatto al Comandante».Luigi non ha contagiato nessuno proprio grazie al fatto che ha seguito scrupolosamente il protocollo previsto. Dopo esser stato colpito dall’influenza si è infatto auto isolato. Dopo 7 giorni di febbre è stato invitato a rimanere in isolamento domiciliare fino a che i dolori alla trachea e le primi crisi respiratorie lo hanno portato al pronto socorso dove gli è stato fatto il tampone. Poi è iniziato il suo calvario, prima in terapia intensiva, poi al reparto malattie infettive e infine all’ospedale di Noventa Vicentina. «Una volta uscito dall’intensiva, mi hanno detto che non sarebbe potuto venire un fisioterapista per rimettermi in piedi dopo tanti giorni di immobilità. Così ho iniziato a muovermi da solo, a fare i primi passi di nascosto dei medici. La dottoressa che mi seguiva si è meravigliata del fatto che già fossi in grado di stare in piedi e camminare» Ora il 29enne sta bene e domenica scorsa è tornato in caserma per trascorrere la convalescenza.