Prosegue impegno con i rifugiati e gli operatori nei paesi in emergenza umanitaria.
Branca: “Grazie ad accordo con Regione Lazio, ribadiamo il diritto inalienabile alle cure”
Roma – Gli IFO sono impegnati anche nei Campi Rifugiati siriani in Libano. Domenica partirà un’equipe di specialisti del San Gallicano, coordinata dal Prof. Aldo Morrone, per continuare l’Impegno clinico-scientifico in tale terra martoriata. Sono oltre tremila i rifugiati già visitati e più di 200 gli operatori sanitari e umanitari (medici, infermieri, psicologi) che hanno ricevuto aggiornamenti clinico-assistenziali, per eseguire diagnosi precoci di malattie sia nei campi profughi, sia nei Centri clinici per la popolazione più povera libanese e palestinese.
Il Libano, con una popolazione di poco più di quattro milioni di abitanti, sta attraversando una grave situazione umanitaria e clinica, per la presenza sul proprio territorio di oltre un milione e mezzo di profughi, in gran parte provenienti dalla Siria, dove la guerra continua ormai da oltre 5 anni e la tregua è ancora troppo fragile e in molti casi non rispettata. Gli ospedali e i centri clinici, non sono più in grado di garantire un accesso a tutti, in particolare per le donne e i bambini.
“Abbiamo da poco firmato un accordo di collaborazione con la Regione Lazio, – evidenzia Marta Branca, Commissario Straordinario degli IFO – proprio per portare il nostro contributo medico e scientifico nei Paesi terzi, in particolare nelle aree di guerra, consapevoli che il diritto alla tutela della salute è un diritto inalienabile e che può contribuire al benessere di tutti noi. Curare le persone nei loro Paesi, significa garantire salute a tutti e contrastare la diffusione di patologie.
L’equipe dell’Istituto San Gallicano visiterà i casi clinici più complessi e svolgerà attività clinica nei campi di Shatila, Ketermaya e Khalde nella periferia di Beirut. Inoltre proseguirà nell’attività di formazione attraverso l’uso di materiali didattici e scientifici appositamente prodotti per la realtà siriana e libanese, in collaborazione con l’Università di Beirut. Si tratta di insegnare a diagnosticare le malattie più gravi e a maggior rischio di diffusione, attraverso il riconoscimento di lesioni cutanee che compaiono, talvolta anche mesi prima, delle diverse patologie infettive o internistiche.
Con questa modalità Low Cost & High Efficacy ( basso costo e alta resa) si riesce a realizzare un’attività clinico assistenziale e di ricerca scientifica anche in condizioni di ridotta disponibilità di strumenti e apparecchiature mediche. “Restituire dignità e salute alle donne e ai bambini fuggiti dagli orrori della guerra – afferma Aldo Morrone – ci sembra il modo di migliore per tutti di realizzare la ricerca clinica tras-lazionale e trans-nazionale, specifica degli IFO. In tal modo possiamo curare molte persone prima che sia troppo tardi e impedire la diffusione di malattie nei campi, sempre terribilmente affollati, garantendo i rifugiati, le loro famiglie e gli operatori sanitari”.
La missione umanitaria clinico – scientifica è svolta in collaborazione con la onlus Armadilla, IISMAS, la Fondazione Makhzoumi ed è sostenuta dall’8 per mille della Chiesa Valdese.