IL PANE – TRA STORIA ED ANETODI

Il pane è un prodotto alimentare ottenuto dalla fermentazione, dalla formatura a cui segue una lievitazione, e successiva cottura in forno di un impasto a base di farina (normale o integrale) di cerealiacqua, confezionato con diverse modalità, arricchito e caratterizzato frequentemente da ingredienti differenti a seconda del luogo in cui viene preparato. Il pane può anche essere non lievitato, detto perciò azzimo, soprattutto nel caso sia da conservare per lunghi periodi. Tale non è però il biscotto del marinaio, detto anche “galletta”, cibo di lunga durata (anche mesi) tipico della marineria a vela, che è proprio un “bis-cotto”, cioè cotto due volte; anche diversi pani regionali italiani sono azzimi. Il pane non lievitato è diffuso in diversi paesi medio-orientali, ed è maggiormente prodotto senza aggiunta di sale.

Il pane era noto all’homo erectus, veniva preparato macinando fra due pietre dei cereali, e il prodotto così ottenuto era a sua volta mescolato con acqua. L’impasto finale veniva cotto su una pietra rovente. Intorno al 3500 a.C. gli Egizi scoprirono la fermentazione, con cui un impasto lasciato all’aria veniva cotto il giorno dopo; ne risultava un pane più soffice e fragrante. Per gli Egizi il pane non era solo una fonte di cibo ma anche di ricchezza. Gli Ebrei mangiano pane azzimo, “Matzah“, in occasione della commemorazione dell’esodo dall’Egitto: l’uso del pane non lievitato è simbolo dell’accingersi a intraprendere il viaggio, data la rapidità della preparazione e l’ottima possibilità di conservazione di tale tipo di pane. In ricordo dell’Ultima cena di Gesù Cristo il pane azzimo, sotto forma di ostie, viene utilizzato nell’Eucaristia da alcune confessioni cristiane (cattolici di rito latinoluterani), mentre altre Chiese (riformateortodosse, etc.) utilizzano pane lievitato. Dall’Egitto l’arte della panificazione passò in Grecia. I greci divennero ottimi panificatori, ne producevano più di 70 qualità. Aggiunsero alle ricette di base ingredienti come: latte, olio, formaggio, erbe aromatiche e miele. Furono anche i primi a preparare il pane di notte. Un tempo nelle campagne ogni famiglia o gruppo di famiglie faceva il pane in casa e lo impastava con la Gramolatrice

Questi giorni mi trovo nella città del pane, CERCHIARA DI CALABRIA, dove la cultura del pane è antica e molto diffusa, infatti la panificazione e tutti i derivati da forno qui in queste zone sono ovunque, moltissimi i forni.

Selezionato dallo Slow food all’ultimo salone del gusto di Torino, il Pane di Cerchiara di Calabria si sta affermando fuori dalla regione per il suo sapore intenso di pane cotto nel forno tradizionale e per la fragranza che emana quando è appena sfornato.
Il Pane di Cerchiara si fregia del marchio del Parco Nazionale del Pollino che l’ha adottato come prodotto tipico dell’area montana ed è entrato tra quelli da proteggere. La particolarità del pane è costituita dalla forma, una bella pagnotta con la gobba, da 2,5 o 3 kg., che si mantiene morbido e saporito fino a 15 giorni dall’uscita dal forno.
La grossa forma ed il lento raffreddamento del forno conferiscono alla pasta la giusta cottura e le fanno mantenere tutto il profumo e gli aromi degli ingredienti: farina bianca per il 60% e per il restante 40% crusca, lievito madre e acqua di sorgente costituiscono l’impasto, che si lascia lievitare per un paio d’ore. Dopo aver riscaldato il forno con legna di quercia e faggio fino a raggiungere i 300° utili per la cottura, si svuota il forno dalla brace, si pulisce il pavimento del forno con lo “scopolo” (asta con stracci bagnati) dopo di che le mani abili della fornaia lavorano la pasta velocemente per infornare i palloni bianchi. Terminata l’operazione si chiude la bocca del forno e durante le quattro ore di cottura, i mattoni, che prima erano stati arroventati, restituiscono lentamente il colore alle forme del pane che lo rendono dorato fuori e cotto dentro. Da mettere in risalto che i titolari delle 7 aziende panificatrici sono tutte donne e rappresentano una importante realtà di “piccola azienda familiare”. Intorno al pane è sorto un piccolo interesse industriale che, è il caso di dire, dà “da mangiare” ad una cinquantina di persone che si sono inventate un posto di lavoro, valorizzando e monetizzando la tradizione popolare. Non potevo solo alla storia del culto della pianificazione in questa zona, e sono arrivato fino  alla pizzeria SALE E PEPE di Trebisacce(CS), per farmi spiegare  dalla proprietaria Barbara Marino, il loro metodo di pianificazione. La ricetta arriva dagli avi, naturalmente, e la base fondamentale è la lunghissima lievitazione, tra le 20 e le 22 ore, pochissimo lievito e tanto riposo. Naturalmente come ci spiega la sig.ra Marino, la quantità di lievito varia a seconda della stagione, in base alla temperatura. Di questi periodi loro preparano la massa alle tre del pomeriggio, 12/14 kg di massa e solo 25 gr di lievito.La massa riposa, in lievitazione, fino alla mattina successiva, fino alle nove. Alle nove l’impasto viene rilavorato e riposa ancora per un altra ora, ora e mezza, dopo di che viene lavorata con le varie forme. La curiosità diventa realtà quando chiedo se la massa è lievitata bene, la signora prende una pallina dell’impasto e la mette in un recipiente fondo pieno di acqua, e mi spiega che se la pallina resta a galla è ben lievitata, se scende o resta a metà, il procedimento non è riuscito bene. Oltre  questo esame, mi dice si può controllare se l’impasto ha delle ottime camere d’aria all’interno. La pianificazione del pane, in queste zone, sembra un armoniosa sinfonia, fatta di cultura, aneddoti e tanto gusto.

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