Karol Wojtyła era il terzo figlio di Emilia, nata Kaczorowska (1884–1929), e di Karol Wojtyła senior (1879–1941), ex-ufficiale dell’esercito asburgico. Da giovane veniva chiamato dagli amici e dai familiari “Lolek”.
Sua madre Emilia morì nel 1929 per insufficienza renale e per una malattia cardiaca congenita. Quando Karol, che aveva 9 anni, seppe della notizia disse: «Era la volontà di Dio». Suo fratello maggiore, Edmund, di professione medico, noto anche come Mundek, morì nel 1932 per aver contratto la scarlattina, all’età di 26 anni, da un paziente. La sorella Olga, invece, era morta poco dopo la nascita nel 1914, prima ancora, dunque, che Karol nascesse. Dopo la morte della madre Emilia, suo padre, uomo molto religioso, si impegnò con tutte le forze per fare studiare il figlio Karol. La sua gioventù venne segnata da un intenso rapporto con l’allora numerosa e viva comunità ebraica di Wadowice.
Nell’estate del 1938 Karol Wojtyła, insieme con suo padre, lasciò Wadowice per trasferirsi a Cracovia, dove si iscrisse all’Università Jagellonica nel semestre autunnale. Nel suo primo anno studiò filologia, lingua e letteratura polacca. Prese anche lezioni private di francese.
Lavorò come bibliotecario volontario e fece l’addestramento militare obbligatorio nella legione accademica. Alla fine dell’anno accademico 1938–1939, impersonò il ruolo di Sagittarius nell’opera fiabesca The Moonlight Cavalier, prodotta da una compagnia teatrale sperimentale. Iniziò nel frattempo lo studio delle lingue, che lo portò poi a conoscere e parlare 11 idiomi diversi: polacco, slovacco, russo, italiano, francese, spagnolo, portoghese, tedesco, ucraino e inglese, oltre al latino ecclesiastico.
Nel settembre del 1939 la Germania invase la Polonia e la nazione fu occupata prima dalle forze naziste e poi da quelle sovietiche. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Karol e suo padre fuggirono da Cracovia verso est, insieme con migliaia di altri polacchi. Durante la marcia dovettero a volte rifugiarsi dentro i fossi per nascondersi dai velivoli della Luftwaffe. Dopo avere camminato per 200 chilometri, seppero dell’invasione russa della Polonia e furono obbligati a ritornare a Cracovia.
Nel novembre, 184 accademici dell’Università Jagellonica furono arrestati e l’Università venne chiusa. Tutti i maschi abili furono costretti a lavorare. Nel primo anno di guerra Karol lavorò come fattorino per un ristorante. Questo lavoro leggero gli permise di continuare gli studi e la carriera teatrale e di mettere in pratica atti di resistenza culturale. Intensificò inoltre lo studio del francese.
Dall’autunno del 1940 Karol iniziò a lavorare nelle cave di pietra della Solvay, anche grazie al sostegno della sua insegnante di francese. Dato che l’azienda produceva soda caustica, particolarmente importante nel periodo bellico, a Wojtyła venne rilasciato un documento di identità (Ausweis) che lo risparmiò, a differenza di molti suoi coetanei, dalla deportazione in Germania o lungo il fronte orientale per svolgere lavori forzati. Il lavoro presso la Solvay durò fino al 1944.
Il padre morì nel 1941. Nel 1942, Karol entrò nel seminario clandestino diretto dall’arcivescovo di Cracovia Sapieha. Il 29 febbraio 1944, tornando a casa dal lavoro nella cava, fu investito da un camion tedesco, perse coscienza e passò due settimane in ospedale. Riportò un trauma cranico acuto, numerose escoriazioni e una ferita alla spalla. Secondo Testimone della Speranza, la biografia scritta da George Weigel, questo incidente e la sopravvivenza ad esso sembrarono a Wojtyła una conferma della propria vocazione religiosa.
Nell’agosto 1944 iniziò la rivolta di Varsavia e il 6 agosto, il “lunedì nero”, la Gestapo rastrellò la città di Cracovia, deportando i giovani maschi per evitare un’analoga sollevazione. Quando la Gestapo perquisì la sua casa, Wojtyła riuscì a scampare alla deportazione nascondendosi dietro una porta e si rifugiò nell’Arcivescovado, dove rimase fino a guerra finita. La notte del 17 gennaio 1945 i tedeschi abbandonarono la città. I seminaristi restaurarono il vecchio seminario, ridotto in rovine.
Karol Wojtyła venne ordinato presbitero il 1º novembre 1946 dall’arcivescovo di Cracovia, Adam Stefan Sapieha. Subito dopo egli si trasferì a Roma per proseguire gli studi teologici presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (conosciuta anche come Angelicum). Nella tesi di dottorato, che aveva per tema la dottrina della fede in San Giovanni della Croce, Wojtyła pose l’accento sulla natura personale dell’incontro dell’uomo con Dio.
Ritornato in Polonia nell’estate del 1948, la sua prima missione pastorale fu nel paesino di Niegowić, a venticinque chilometri da Cracovia. Nel marzo 1949 fu trasferito nella parrocchia di San Floriano a Cracovia. Insegnò etica all’Università Jagellonica della città e successivamente all’Università Cattolica di Lublino. Nel 1958 fu nominato vescovo ausiliare di Cracovia e quattro anni dopo assunse la guida della diocesi quale vicario capitolare.
Il 13 gennaio 1964 papa Paolo VI lo nominò arcivescovo di Cracovia.
Sia come vescovo, prima, che come arcivescovo, poi, Wojtyła partecipò al Concilio Vaticano II, contribuendo ai documenti per la stesura della Dignitatis Humanae e della Gaudium et Spes, due dei documenti storici più importanti ed influenti prodotti dal concilio. In particolare, nel settembre del 1964 intervenne sullo schema preparatorio sulla libertà religiosa, evidenziando che nel testo si ometteva di dire che «solo la verità rende liberi». Nel 1965 diede il suo contributo allo schema preparatorio della costituzione dogmatica Gaudium et Spes, pronunciando il 28 settembre un importante discorso in difesa dell’antropologia personalista. Fece parte anche della Pontificia commissione per il controllo della popolazione e delle nascite.
Il 26 giugno 1967 fu creato e pubblicato cardinale di San Cesareo in Palatio, chiesa di San Cesareo de Appia dedicata a San Cesario diacono e martire di Terracina, (diaconia elevata a titolo pro illa vice) da papa Paolo VI. A Cracovia si distinse per la sua attività di opposizione al regime comunista. In particolare, fece pubblicare a puntate nel suo giornale diocesano alcuni libri usciti all’epoca e colpiti dalla censura comunista. Tra questi Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori e Lettera a un bambino mai nato della scrittrice fiorentina Oriana Fallaci. La giornalista, in particolare, non gradì la cosa e scrisse una lettera al cardinale, denunciando la violazione del diritto d’autore, problema che Wojtyła poté superare grazie alla legislazione vigente nello stato polacco.
Nell’agosto del 1978, dopo la morte di Paolo VI, partecipò al conclave che si concluse con l’elezione di Albino Luciani, il patriarca di Venezia, il quale divenne papa Giovanni Paolo I. Avendo 65 anni, Luciani era considerato un pontefice giovane in confronto ai suoi predecessori. Wojtyła, che allora ne aveva 58, avrebbe potuto attendersi di partecipare nuovamente ad un conclave prima di raggiungere gli ottant’anni, età massima per la partecipazione, ma certo non si sarebbe mai aspettato che il suo secondo conclave si sarebbe tenuto così presto. Infatti il 28 settembre 1978, dopo solo 33 giorni di pontificato, Giovanni Paolo I morì. Nell’ottobre 1978 Wojtyła fece ritorno in Vaticano per prendere parte al secondo conclave in meno di due mesi.
Qualcuno pensa che la sua nomina, come quella del suo predecessore, sia stata frutto di un compromesso: il conclave infatti, secondo quanto emerso dai racconti di alcuni cardinali, vide una netta divisione tra due candidati particolarmente forti quali il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, votato dalla parte dell’ala conservatrice, e il cardinale Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, molto vicino a papa Giovanni Paolo I e sorretto dall’ala più riformista del Collegio dei Cardinali. Sembra che nei primi ballottaggi Benelli sia arrivato a nove voti dall’elezione, ma Wojtyła, in parte grazie al supporto ottenuto da cardinali come Franz König e altri che avevano precedentemente appoggiato Siri, venne eletto con grande stupore di tutto il mondo.
Alle 18:18 del 16 ottobre, dopo l’ottavo scrutinio, dal comignolo della Sistina si levò la fumata bianca. Poco meno di mezz’ora dopo, alle 18:45, il cardinale protodiacono Pericle Felici annunciò: Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Carolum, Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Wojtyła qui sibi nomen imposuit Ioannis Pauli. Pare che in un primo momento Wojtyła si volesse chiamare Stanislao I in onore del santo patrono della Polonia: tuttavia, poiché i cardinali gli fecero notare che era un nome che non rientrava nella tradizione romana, Wojtyła scelse Giovanni Paolo II, in ricordo del predecessore e per tener viva la sua memoria.
Pochi minuti più tardi il nuovo papa si presentò alla folla riunita in piazza San Pietro, affacciandosi dalla loggia che sovrasta l’ingresso della basilica di San Pietro in Vaticano. Contrariamente a quanto previsto dal cerimoniale, decise di rivolgere un discorso di saluto alla folla. Nel suo breve discorso egli si definì come «un nuovo vescovo di Roma… chiamato da un paese lontano» e superò subito le diffidenze degli italiani, che vedevano per la prima volta da lungo tempo un pontefice straniero, dicendo «se mi sbaglio mi corrigerete!», frase rimasta famosa e che suscitò l’applauso dei presenti. Al termine egli impartì la prima benedizione Urbi et Orbi che fu trasmessa in mondovisione.
Il giorno seguente il nuovo pontefice celebrò la messa insieme al Collegio cardinalizio nella Cappella Sistina e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero petrino, quale 264º successore di Pietro apostolo.
Papa Giovanni Paolo II volle iniziare il suo pontificato rendendo omaggio ai due patroni d’Italia e così il 5 novembre 1978 visitò Assisi, per venerare san Francesco, e successivamente si recò anche alla basilica di Santa Maria sopra Minerva in Roma, per venerare la tomba di santa Caterina da Siena. Il 12 novembre Giovanni Paolo II prese possesso, come vescovo di Roma, della cattedra di San Giovanni in Laterano e il 5 dicembre compì la prima visita alle parrocchie della diocesi di Roma iniziando con San Francesco Saverio nel quartiere della Garbatella.
« Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! »
(Papa Giovanni Paolo II, Omelia per la messa di inizio del pontificato)