L’Aquila / Elon Musk lancia la sua Tesla verso Marte e la Prima Fascia degli asteroidi grazie al potente vettore Falcon Heavy della sua compagnia SpaceX nel lancio più interessante di sempre. “Made on Earth by humans”, come inciso su un circuito stampato a bordo della Tesla e postato dallo stesso Elon Musk poco dopo il lancio. Splendido storico successo il 6 Febbraio 2018 per il lancio del primo Falcon Heavy di SpaceX, tre Falcon 9 appaiati, 27 motori Merlin, pari a 63800 kg, il gigante della flotta spaziale di Elon Musk. Dopo un decollo da manuale, sono stati recuperati due dei tre primi stadi di quello che è, oggi, il lanciatore più potente del mondo. Il carico? Una rossa fiammante Tesla Roadster con “Space Oddity” nell’autoradio, in volo verso Marte, guidata da Starman. Successo per il lancio del razzo pesante di SpaceX, recuperati due booster su tre sulle piattaforme di Cape Canaveral in Florida. Con i primi tre stadi già riciclati. Via libera all’impresa Spaziale Privata. Elon Musk: “Se vogliamo colonizzare altri mondi il primo passo da fare è costruire una città del futuro: su Marte”. Leggera, autosufficiente e a basso costo. “Anche l’Europa è pronta – rivela Roberto Battiston, il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – Elon Musk però ha fatto di più: da visionario, ha dimostrato che si possono prendere razzi usati e farli volare di nuovo in maniera affidabile. Nessuno ci credeva, dopo i primi tentativi falliti”. Il calendario dei lanci SpaceX parla da solo! Il sogno di Elon Musk. I voli turistici annunciati da SpaceX sono solo l’inizio di una grande avventura degli esseri umani. Un veicolo per viaggi spaziali con equipaggio di ultima generazione, economico e riciclabile è l’astronave Dragon V2 della società californiana SpaceX (Space Exploration Technologies corporation). Lo Space Launch System della Nasa, destinato all’esplorazione dello spazio profondo, ha superato con successo il secondo test di quest’anno. La Russia non sta a guadare per il trasporto di astronauti nello spazio. Panorami mozzafiato, località uniche in tutto il Sistema Solare, la prossima vacanza comincia qui. La SpaceX di Elon Musk gioca con la comunicazione della Scienza e si inventa una campagna pubblicitaria a sostegno del turismo marziano. Le attività mature, in quanto consolidate in termini di tecnologia e capacità acquisita grazie al finanziamento pubblico, devono e possono cedere il passo al mercato privato, con reciproci vantaggi per la comunità scientifica. Il Dream Chaser della Sierra Nevada Corporation ha avuto il via libera della Nasa con una finestra di lancio per l’Anno Domini 2020 sulla Stazione Spaziale Internazionale.
(di Nicola Facciolini)
“Made on Earth by humans” (Elon Musk). Splendido storico successo, il 6 Febbraio 2018, per il lancio del primo Falcon Heavy di SpaceX, tre vettori Falcon 9 appaiati, il gigante della flotta spaziale di Elon Musk. Dopo un decollo da manuale, vengono recuperati due dei tre primi stadi di quello che è, oggi, il lanciatore più potente del mondo. Il carico? Una Tesla Roadster con “Space Oddity” nell’autoradio, in volo verso Marte e la Prima Fascia degli asteroidi (www.spacex.com/), guidata da Starman. Il peso massimo dei lanciatori SpaceX, con 27 motori Merlin, pari a 63800 kg, ce l’ha fatta. Dopo giorni di fibrillazione, il Falcon Heavy ha debuttato alla grande, staccandosi dal Launch Pad 39A di Cape Canaveral quando in Italia erano le 21:46. Un lancio storico anche per il recupero simultaneo di due dei tre “booster” che compongono il primo stadio del lanciatore pesante: prima i due laterali che sono atterrati sulle piattaforme di Cape Canaveral mentre quello centrale, che avrebbe dovuto concludere la sua missione nella piattaforma Ocisly al largo delle coste della Florida, è scivolato nell’Oceano per via di un problema all’accensione dei motori. “Anche l’Europa è pronta – rivela Roberto Battiston, il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – Elon Musk però ha fatto di più: da visionario, ha dimostrato che si possono prendere razzi usati e farli volare di nuovo in maniera affidabile. Nessuno ci credeva, dopo i primi tentativi falliti”. Il calendario dei lanci SpaceX parla da solo! A bordo del Falcon Heavy, un carico eccezionale: una Tesla, l’auto elettrica dedicata al grande scienziato europeo Nikola Tesla, prodotta dallo stesso Elon Musk. Una rossa fiammante con a bordo “Starman” un manichino con un prototipo delle tute che SpaceX ha creato per i prossimi astronauti destinati alla ISS e alla capsula Dragon V2. Starman e la Tesla sono stati inseriti in un orbita eliocentrica con afelio, il punto più lontano dal Sole, nelle vicinanze dell’orbita di Marte. La Tesla è equipaggiata con tre camere che riprendono “live” il suo viaggio (www.youtube.com/watch?v=aBr2kKAHN6M). Si legge tra i milioni di messaggi augurali Twitter: “Best Wishes from free Italy, the 3rd Missile National Space Power in ‘60 Years XX Century. We can dream your Elon Musk Space Enterprise in our Europe Country. We can hope in Future Freedom of Space Plans. These are the sovereignty fruits”. Il Falcon Heavy è il più potente razzo operativo attualmente a disposizione con i suoi 70 metri di altezza, una capacità di carico pari a 60 tonnellate e i 2,2 milioni di chili di spinta al decollo, forniti da 27 motori Merlin. Progettato per portare missioni umane sulla Luna, su Marte e su Venere, promette di trasportare carichi utili a un terzo del costo degli attuali lanciatori. Poesia, scienza e tecnologia made in SpaceX. Non c’è altro modo per descrivere l’incredibile incontro tra la perfezione tecnologica, la libertà dell’impresa spaziale privata e l’estetica che si è realizzato nella sera italiana di Martedì 6 Febbraio 2018, a partire dalle 21:45 ora italiana, sui cieli della Florida. E negli schermi di milioni di persone che, attraverso i dispositivi più disparati, hanno assistito in diretta al primo lancio di test di Falcon Heavy e Starman sulla Tesla. Un lancio destinato, a ragione, a rimanere nella storia dell’Astronautica. Perché con le sue oltre 63 tonnellate di carico utile, il FH è il vettore riciclabile di maggior potenza oggi esistente al mondo. Perché mai prima d’ora una compagnia spaziale privata pur sempre finanziata dal Congresso Usa (si spiegano così i lanci di carichi militari segreti e la bandiera a stelle e strisce in un’azienda a forte vocazione multinazionale) aveva spedito nello spazio un razzo così potente. Perché non ci sono parole per restituire l’emozione e la bellezza di questa impresa visionaria apparentemente eccentrica. Forti emozione, sì. Con tutti gli ingredienti, suspense in testa, senza farsi mancare nulla. Compreso il rinvio all’ultimo momento, dalle 19:45 alle 21:45 italiane, quasi al limite della finestra di tre ore consentita per il lancio. Giusto il tempo per far iniziare la poesia! Così, mentre mezza Italia lavorava assistendo “on line” alla sorprendente incursione dell’imprenditore americano Elon Musk, sulla rampa di lancio 39A del Kennedy Space Center si accendevano i tre Falcon 9 di SpaceX uniti insieme a formare i tre stadi del più potente lanciatore dai tempi del mitico Saturn V. A otto minuti dal lancio, assolto il loro compito, come in una coppia ben collaudata, i due stadi primari esterni riutilizzabili del Falcon Heavy, entrambi già usati in precedenti missioni commerciali e militari, rientravano sulla Terra, compiendo un doppio atterraggio simultaneo talmente spettacolare (a 300 metri l’uno dall’altro!) che, se non fosse avvenuto sotto lo sguardo ipnotizzato di miliardi di persone, riuscirebbe davvero difficile crederlo vero. Lassù a qualche centinaia di chilometri sopra le nostre teste, mentre gli strateghi americani pianificano l’ennesima strage in Siria contro il legittimo Governo di Damasco, dagli altoparlanti di una Tesla Roadster rossa in volo verso verso un’orbita solare molto ellittica che si spingerà oltre quella del Pianeta Rosso, guidata da un manichino con tuta spaziale in procinto di attraversare le Fasce di Van Allen, si sarebbero potute ascoltare le note di “Space Oddity”, non fosse che nel vuoto le onde sonore non si propagano! A consacrare appena l’altrimenti mostruosa perfezione di tutta la sequenza, il mancato recupero (lo apprendiamo dall’agenzia russa Tass ) del terzo Falcon 9, quello centrale, atteso in mare, a circa 500 km dalla costa, da una delle due “autonomous spaceport drone ship” di SpaceX, la rampa marina robotica “Of course I still love you”. Ma è proprio questa piccola imperfezione, quest’unica nota stonata nel concerto di SpaceX, a offrire la misura delle difficoltà enormi che gli uomini e le donne di Elon Musk hanno saputo affrontare e superare in questi anni di liberalizzazione dell’impresa spaziale privata negli Usa. Grazie anche ai cervelli in fuga dall’Europa. E a rendere l’intera impresa spaziale un poco più umana, “Made on Earth by humans”, come inciso su un circuito stampato a bordo della Tesla e postato dallo stesso Elon Musk poco dopo il lancio. E, allora, tutto diventa possibile, se lo si desidera. Tutti al mare ai bagni Sirenum, su Marte. Quale posto migliore per le vacanze di domani? Non è in vena di scherzi Elon Musk, fondatore e amministratore delegato di SpaceX, una delle grandi azienda che sta scrivendo il futuro della storia del volo umano nello spazio. Semplice trovata o “brand awareness” per chi, come “prime contractor”, dal sogno di un viaggio su Marte può ricavare lavoro e denaro pubblico? Non è dato esprimersi. Ma la campagna di comunicazione scientifica senza precedenti che SpaceX ha messo in piedi con una serie di poster pubblicitari dal sapore “vintage”, restituisce tutto il fascino del Pianeta Rosso ora davvero alla portata di tutti. O quasi. Ironia, paradosso, gli elementi di una comunicazione efficace ci sono tutti: Valles Marineris, terra di voragini e crateri marziani. Recita il primo manifesto. E c’è da crederlo: quando riusciremo davvero a mettere piedi su Marte ci sarà da restare a bocca aperta di fronte a questa meraviglia naturale, un vasto sistema di valli situato a ridosso dell’equatore marziano e che si estende per una lunghezza complessiva di 4000 km. Un canyon che raggiunge profondità di 11 km. Un complesso di fratture geologiche dieci volte più lungo, sette volte più largo e sette volte più profondo del Gran Canyon statunitense. La più grande struttura conosciuta di questo tipo. Nel poster di SpaceX fa capolino anche un astronauta munito di “jet pack”, la tecnologia fallimentare che ha fatto in tempo a fare una comparsata, prima di scomparire definitivamente, in “James Bond Thunderball” AD 1965, e nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984. Quelle boicottate dalla Russia in risposta al comportamento Usa di quattro anni prima. Ma non finisce qui, la “Mars Colonization and Tourist Association”, il Dottor Elon Musk ha curato tutto nei minimi dettagli, propone anche la vetta del Monte Olimpo, o meglio la “Teleferica” per l’Olympus Mons, la vetta più alta del Sistema Solare. È la più alta del Pianeta Rosso con i suoi oltre 22 km di altezza e una base che si allarga per circa 600 km di diametro. Noi italiani potremmo scegliere questa meta per le nostre vacanze, anche in onore di Giovanni Schiaparelli (e Vincenzo Cerulli) che ne fece la prima osservazione durante l’Opposizione del 1877. Il primo astronomo fu colpito da un bagliore che ricordava una cima innevata e a cui diede appunto il nome di Nix Olympica, Neve dell’Olimpo. Altro poster, altro slogan: Phobos e Deimos, goditi la tua crociera spaziale sulle lune marziane. Perché Marte è davvero una località unica nel suo genere. È infatti l’unico Pianeta roccioso del Sistema Solare a possedere più di una luna. La Nasa, qualche tempo prima, sulla stessa linea aveva proposto una campagna pubblicitaria per raccontare con un sorriso le sorprendenti scoperte fatte in questi anni di folle caccia ai pianeti extrasolari. Immagini vintage, registro ammiccante e, addirittura, un sedicente Ente del Turismo Esoplanetario, inventato di sana pianta dall’Agenzia spaziale statunitense per l’occasione. Mentre in Europa si dormono placidi sogni, tra una guerra e un’invasione! La razza umana? È una specie pronta per un salto evolutivo, spiega il fondatore di SpaceX, Elon Musk, in un articolo pubblicato su New Space, una “peer-review” pubblicata dalla Mary Ann Liebert Inc., dove spiega come può concretizzarsi la sua idea di umanità multiplanetaria. Se vogliamo colonizzare altri mondi il primo passo da fare è costruire una città del futuro. Dove? Su Marte. E con tutte le caratteristiche di una moderna smart city: “leggera, autosufficiente e a basso costo”, spiega Musk. L’articolo esplora le opzioni a disposizione nel Sistema Solare ed evidenzia gli innegabili vantaggi del costruire una prima civiltà spaziale sul Pianeta Rosso. Elon Musk fornisce una panoramica completa della tecnologia attualmente a disposizione, e su cui la scienza sta lavorando, per costruire un razzo o una navicella spaziale in grado di trasportare persone e cose in terra marziana, mettendo a confronto i possibili modelli di veicolo con le rispettive prestazioni. Una sfida importante per gli ingegneri e i ricercatori attualmente impegnati in una sfida di cui Musk negli ultimi anni è stato sicuramente il sostenitore più convinto: ridurre ovunque possibile il costo a tonnellata per il trasporto di massa, umana e non, su una distanza tanto impegnativa. Non tutti la pensano così e non sono pochi coloro che, considerato il budget necessario per raggiungere Marte, stanno rivalutando l’idea di ritornare sulla Luna o dirigersi su Venere. La cara e vecchia Luna mai “conquistata” dall’Italia con il Tricolore! “Sono convinto che la pubblicazione di questo articolo non sia solo un’opportunità per la comunità spaziale di approfondire il punto di vista di SpaceX sulla questione, approfondendo anche grafici e tabelle su cui Elon Musk ha voluto insistere nel corso del suo intervento all’International Astronautical Congress”, sottolinea Scott Hubbard della Stanford Univerity, Editor in Chief della rivista New Space. Molte cose sono cambiate da quando Hoppy Price, John Baker e Firouz Naden del Jet Propulsion Laboratory e del California Institute of Technology di Pasadena, spiegarono su New Space come andava ripensata l’avventura marziana a seguito del taglio ai finanziamenti previsto dal Governo statunitense sui fondi Nasa. La loro proposta si articolava in una serie di missioni a lungo termine che progressivamente potessero avvicinare il suolo marziano. Anno Domini 2033: allunaggio su Phobos, satellite naturale di Marte. Anno Domini 2039: ammartaggio e breve soggiorno umano. Anno Domini 2043: missione di lunga durata. Ma la notizia che ha fatto il giro del mondo è stata un’altra: due biglietti Andata/Ritorno per altrettanti passeggeri in viaggio intorno alla Luna. Elon Musk dichiara che i due viaggiatori avrebbero già lasciato l’anticipo, non si sa se sono uomini o donne, ma è certo che orbiteranno attorno al nostro satellite in un viaggio dalla durata prevista di una settimana. Cosa ne pensa un astronauta di professione? Paolo Nespoli, classe 1957, già impegnato nella sua terza missione spaziale “Vita” sulla Iss, in generale pensa “che l’interesse verso l’esplorazione spaziale e verso la conoscenza sia necessario per l’intera umanità, e che venga fatto dal turismo o da altro è poco importante. Il turismo spaziale non sta accelerando, sta andando secondo i tempi di un normale sviluppo delle attività. Prima ci vanno i governi che possono investire anche senza avere un ritorno immediato, poi una volta che c’è un ritorno economico allora si comincia uno sviluppo di carattere commerciale. Il turismo è da un lato un’opportunità di sviluppo commerciale, dall’altro il commercio si fonda sulla nostra necessità di conoscere quello che ci sta attorno. Penso che sia una evoluzione storica che si ripete e che si basa sulla nostra necessità di conoscere quello che c’è intorno. Una volta era la casa del vicino, poi il paese più vicino, poi la regione più vicina, poi la nazione più vicina, poi il continente e ora che abbiamo esplorato tutta la Terra stiamo andando nel pianeta più vicino e va benissimo così”. Le attività mature, in quanto consolidate in termini di tecnologia e capacità acquisita grazie al finanziamento pubblico, devono e possono cedere il passo al mercato privato, con reciproci vantaggi per la comunità scientifica. “Innanzitutto ritengo necessario che un’attività strategica, sia essa di tipo commerciale, scientifico, militare, sia portata avanti dai governi. Una volta che queste attività risultano sostenibili – rivela Paolo Nespoli – è corretto che passino ai privati. Quindi ritengo che sia un processo normale. Sono anche convinto che quando questo accadrà anche la comunità scientifica troverà un vantaggio, perché a oggi è difficile per uno sperimentatore realizzare il suo esperimento sulla Stazione Spaziale Internazionale, sono pochi i veicoli e la procedura è molto complessa, ma una volta che ci sarà un turismo sviluppato i costi si abbasseranno. E sarà molto più facile per uno sperimentatore realizzare anche la sua idea bizzarra in assenza di gravità terrestre”. Su un mezzo spaziale certificato e garantito da Nasa, Esa e Roscosmos. “Le certificazioni di queste agenzie non sono assolute: intendo dire che anche le agenzie convenzionali si basano su tecnologie e tecniche che non sono mai perfette. Certo, la Nasa e le varie agenzie spaziali mondiali hanno tanta esperienza, ma sono convinto che queste unità commerciali che adesso si affacciano sul mercato usino tutto quello che abbiamo imparato in questi anni nello spazio in termini di ridondanza, in termini di test e di costruzione. Quindi è nel loro interesse che tutto funzioni, perché se lanciano e falliscono al primo e al secondo volo non stanno certamente facendo i loro interessi. I loro veicoli devono funzionare perché altrimenti non venderebbero i biglietti”. Chi porterà per primo l’uomo su Marte: una impresa pubblica o privata? “Intanto direi un essere umano, perché dicendo uomo lasciamo fuori le donne. Io sono convinto che un’attività o un’avventura così complessa come quella di andare su Marte dove ancora non ci sono dei ritorni commerciali – osserva Paolo Nespoli – probabilmente dovrà essere fatta con l’utilizzo di fondi comuni che di solito sono a disposizione delle agenzie governative. Immagino quindi che sarà un ente pubblico. Quello che succederà è che la Nasa e gli altri enti spaziali si avvarranno di quelle che sono le conoscenze anche dei soggetti privati. Sappiamo che di solito gli enti privati hanno iter molto più snelli e veloci nell’eseguire le attività, proprio come ci dimostra Elon Musk. Credo quindi che ci sarà una simbiosi tra le varie organizzazioni e sono convinto che si andrà su Marte con una missione terrestre, non targata come missione americana o europea o giapponese. È ora che si cominci a pensare come esseri umani terrestri che vogliono espandere le loro conoscenze dimenticando le nostre piccolezze qui sulla Terra”. Un veicolo per viaggi spaziali con equipaggio di ultima generazione, economico e riciclabile. L’astronave Dragon V2, presentata dalla società californiana “Space Exploration Technologies corporation”, potrà mettere la parola fine alla dipendenza degli Stati Uniti dall’Europa per il trasporto di astronauti nello spazio? È in verità la “condizione” Usa in cui si trovano dal pensionamento degli Space Shuttle, avvenuto nel 2011 sotto la presidenza Obama, ad alimentare SpaceX e tutte le altre compagnie spaziali americane. Nel corso di una sfarzosa cerimonia trasmessa in diretta streaming dalla sede centrale della SpaceX di Hawthorne, in California, il suo fondatore e capo progettista Elon Musk mostra al mondo il prototipo della nuova generazione di capsule spaziali Dragon che, secondo le previsioni, saranno pronte a trasportare astronauti Nasa sulla Stazione Spaziale Internazionale entro il 2018. La Dragon V2, sebbene prodotta da una società privata, fa parte di un progetto Nasa da un miliardo di dollari per lo sviluppo di sostituti dello Shuttle più economici rispetto al Soyuz eurorusso, dove un posto a sedere costa ben 70 milioni di dollari, partenza da Baikonur, in Kazakistan. A questo fine la Nasa ha scelto tre società private in cui investire: oltre alla SpaceX, la Boeing Co. e la Sierra Nevada Corp. Con successo, se è vero che, come dichiara Musk, il trasporto di un astronauta su Dragon V2 le costerà meno di 20 milioni di dollari! Sono anni che la SpaceX fornisce capsule spaziali per il trasporto di merci sulla Stazione Spaziale Internazionale a bordo dei Falcon9. Il Dragon1 è stato il primo mezzo privato della storia ad attraccare sulla Iss. Per adattare la vecchia generazione di veicoli al trasporto di persone, i tecnici della SpaceX hanno apportato diverse modifiche: è stato aggiunto un sistema a propulsione, chiamato SuperDraco, capace di portare in salvo la capsula e l’equipaggio nel caso qualcosa andasse storto durante il lancio; sono stati aggiunti sette sedili, di cui Musk ha testato la comodità; e, particolare importante, verranno aggiunte “zampe” retrattili per consentire atterraggi sul terreno “della precisione di un elicottero”. Questo espediente consentirà anche di evitare la tradizionale modalità di ritorno dei velivoli, che al rientro di solito vengono lasciati “precipitare” in mare (o sulla terraferma nelle imprese eurorusse) per poi essere faticosamente recuperati; e, inoltre, di poterli riutilizzare a missione conclusa, con vantaggi notevoli dal punto di vista economico. Secondo il visionario e geniale Elon Musk, questo tipo di veicoli, nel pieno delle loro funzionalità, potranno non solo fare da spola tra la Terra e Iss in orbita bassa, ma anche approdare sulla Luna o addirittura su Marte. “Perché è lì – rivela Musk – che prima o poi dovremo andare”. Lontani i tempi della Prima Guerra Fredda che sembrano oggi riaffacciarsi in Medio Oriente a causa di quattro gocce di petrolio, la nuova corsa allo spazio sembra essere diventata una faccenda di libero mercato. La graduale apertura ai privati da parte delle agenzie spaziali e dei governi lungimiranti, è iniziata solo qualche anno fa, ma oggi sono già una decina le aziende interessate alle presenti e future possibilità del commercio spaziale, dai viaggi turistici all’estrazione mineraria sulle migliaia di asteroidi “vicini” che intersecano l’orbita terrestre ogni giorno. Una delle rampe di lancio del Kennedy Space Center è stata affittata alla società privata SpaceX. Di proprietà di Elon Musk, cofondatore di PayPal e fondatore di Tesla Motors, SpaceX è la società spaziale privata che di più si è data da fare in questi anni, diventando famosa per l’accordo da oltre 1,5 miliardi di dollari stretto con la Nasa per il lancio delle prime 12 capsule orbitali da trasporto da inviare sulla Stazione Spaziale Internazionale. Per l’affitto della rampa, la SpaceX ha battuto la concorrente Blue Origin, joint venture del fondatore di “Amazon.com”, Jeff Bezos. “La Nasa inizierà a lavorare con SpaceX per negoziare i termini del contratto di locazione della rampa di lancio denominata LC39A”, si leggeva tempo fa nell’annuncio ufficiale pubblicato sul sito dell’agenzia spaziale statunitense. “Durante questi negoziati, la Nasa non sarà in grado di discutere i dettagli del contratto di locazione”. La Blue Origin non accettò di buon grado la sconfitta e presentò una protesta ufficiale al Government Accountability Office (GAO), sezione investigativa del governo federale, contestando la scelta della Nasa. Il GAO però non riscontrò irregolarità sul processo di assegnazione della rampa di lancio da parte dell’agenzia spaziale. I negoziati andarono a buon fine e la storica rampa LC39A, utilizzata, tra gli altri, per il lancio di Shuttle e di veicoli della missione Apollo, è quindi gestita da SpaceX. La Nasa tiene per sé l’altra importante rampa di lancio del Kennedy Space Center, la 39B. Il riutilizzo di LC39A fa parte di un piano più ampio: la Nasa, tra tagli di budget e nuove missioni, sta cercando di trasformare il Kennedy Space Center in un complesso più moderno che possa essere utilizzato sia dal governo sia da altri partner commerciali. E le infrastrutture uniche che offre fanno gola a molti visionari capitalisti celebrati dal nuovo Presidente Donald Trump, tra una guerra civile e l’altra! Si torna così a respirare un’atmosfera di festa a Cape Capaveral. Come per l’ultimo volo dell’Endeavour. Alberghi pieni. Spiagge affollate. Migliaia di turisti arrivati appositamente in quest’angolo di Florida per godersi lo spettacolo di SpaceX. Tutti lungo le strade che costeggiano la base di lancio del Kennedy Space Center, a fare il tifo per Starman come lo fu per la navetta e i magnifici sei a bordo, tra cui il nostro astronauta Roberto Vittori. “Abitiamo qui vicino”, raccontano alcuni astanti, attrezzati di sdraio e macchina fotografica, ne abbiamo visti parecchi partire e atterrare, ma è un’emozione a cui non ci si abitua mai!”. Passata l’ebbrezza, finita la festa, si torna a fare i conti con la realtà. E non sono certo rose e fiori anche oggi. Il Programma Shuttle, dopo 30 anni e 134 missioni, è pensionato. Con la partenza dell’Atlantis, la STS-135, un’era si è chiusa per sempre. Dopo? Non c’è anima, a Cape Canaveral, che non se lo chieda con preoccupazione. La Nasa, che aveva già tagliato circa seimila posti a causa della cancellazione del Programma Constellation decisa dall’amministrazione Obama, manda in pensione, insieme agli Shuttle, anche più di 2mila dipendenti della base di Cape Canaveral. Il volo sulla Luna promesso da Trump riuscirà a invertire il flusso negativo? “Il problema non riguarda solo migliaia di persone che rischiano di restare disoccupate”, afferma un giornalista di spazio che vive a Orlando, “a catena, ne risentiranno tutti, dal fruttivendolo all’agente immobiliare”. È l’effetto domino della crisi economica, che in America morde ancora e, almeno da queste parti, potrebbe farsi sentire più a lungo, nonostante Starman della SpaceX. Certo, almeno dal disastro dello Space Shuttle Columbia nel 2002, la Nasa ha annunciato l’uscita di scena. La gente era preparata a questo momento. Non tutti sono pessimisti. “Riceviamo ogni giorno circa cinquemila visitatori, non ho motivo di credere che l’afflusso turistico diminuirà nel prossimo futuro”, rispondono all’ufficio informazioni del Kennedy Visitor Center, il museo interattivo dedicato all’avventura spaziale. Paradossalmente potrebbero essere le persone più giovani a far fatica a immaginare un futuro senza Shuttle. Chi ha meno di 30 anni, qui, è vissuto nella bambagia, cullato dalle onde e dall’enorme indotto economico delle gloriose navette. Ma se è innegabile che l’attività della Nasa sia stata un volano per lo sviluppo e il turismo del posto, è anche vero che la fine dello Shuttle non è la fine del Kennedy Space Center e neppure delle imprese spaziali. “La base di lancio non chiuderà i battenti, da qui continueranno a partire satelliti, sottolinea un impiegato, in più c’è molto altro lavoro da fare. Bisogna riconvertire le infrastrutture per trasformare la base nello spazioporto dei prossimi vettori spaziali”. Così è stato per favorire SpaceX con i finanziamenti del Congresso Usa. La Nasa infatti ha detto addio agli Shuttle, i “carrozzoni” che ormai appartengono al passato, costano cifre spropositate e sono estremamente vulnerabili data la loro complessità ingegneristica, ma non rinuncerà ai voli in orbita bassa. Sta infatti sviluppando razzi di nuova generazione per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale, insieme alle compagnie private, come ai tempi delle mission Apollo. L’ente aveva già affidato commesse per 269 milioni di dollari a quattro imprese: Space X, Boeing, Blu Origin e Sierra Nevada con il Dream Chaser (www.sncorp.com/press-releases/snc-nasa-dream-chaser-launch-window/), per la realizzazione di un missile e una capsula in grado di portare uomini sulla ISS. “Credo che dovremo stringere un po’ i denti per i prossimi 4 o 5 anni”, prevedeva una tassista del posto mentre faceva la spola tra gli alberghi, lo Shuttle ha portato lavoro e sentiremo la sua assenza. Ma poi le cose ripartiranno, Cape Canaveral diventerà la base di lancio di altre capsule con costi molto meno elevati rispetto allo Shuttle e allora ci sarà di nuovo lavoro”. Insomma, la fine del Programma Shuttle è stato un duro colpo, nel breve termine, ma anche un’opportunità di rilancio e di ripresa, sul medio e lungo periodo. Un’era si chiude, in fondo, perché una nuova stagione si possa aprire per tornare a volare anche senza le “ali” della mitica navetta! Così è stato e così sarà. Anche la Russia si sta preparando a lanciare un nuovo tipo di missile nello spazio, dopo il successo dei Proton. La solidità dei suoi lanciatori appartenenti alla grande famiglia della Soyuz (il lanciatore per voli umani che con una capsula cargo diventa la Progress), la stessa con cui l’Unione Sovietica combatté il testa a testa con gli Stati Uniti nella corsa allo spazio, ha permesso fino ad oggi alla Russia di non sviluppare nuovi lanciatori. Ma gli ultimi recenti investimenti della Presidenza di Vladimir Putin, che il 18 Marzo 2018 verrà probabilmente rieletto per il quarto incarico, hanno probabilmente spinto il Khrunichev State Research and Production Space Center a mettere in campo un nuovo vettore nuovo di zecca, chiamato Angara. Il progetto, in realtà, risale a quasi ventitrè anni fa. Correva l’Anno Domini 1995 quando il Governo russo parlò per la prima volta della progettazione di un lanciatore di ultima generazione, da utilizzare per scopi militari e civili. In particolare, l’obiettivo era quello di posizionare in orbita satelliti all’interno del Programma Spaziale Federale, partecipando contemporaneamente a progetti internazionali più ampi. Un primo lancio era previsto nel 2011, ma è stato poi rimandato di diversi mesi, facendo pensare che lo sviluppo di Angara si fosse fermato. Da Khrunichev poi l’annuncio che gli ultimi test erano stati effettuati con successo: il lanciatore è pronto, vivo e vegeto! Angara utilizza un sistema di combustione a Ossigeno liquido e cherosene su modello dell’americano Falcon9, meno inquinante rispetto ai motori precedenti. E, sempre come il lanciatore statunitense di SpaceX, anche quello russo ha una capacità di carico superiore alla media (da 1,5 a 25 tonnellate in orbita bassa), grazie al combustibile liquido che attraversa l’intera struttura del missile. Il nuovo lanciatore è stato inoltre pensato sia per cargo sia per voli umani, probabilmente anche in vista dell’abbandono della storica base di Baikonur, che salutò il volo di Gagarin nel 1961, oggi in affitto dal governo kazako. L’attuale sito di lancio è il cosmodromo di Plesetsk, spazioporto russo collocato a circa 800 km a Nord di Mosca e operativo dal 1959. I missili di Angara sono progettati per poter essere lanciati anche dal cosmodromo di Vostochny nell’Amur, già inaugurato da Putin. Lo Space Launch System della Nasa, destinato all’esplorazione dello spazio profondo, ha superato con successo il secondo test di prova. Il Dream Chaser della Sierra Nevada Corporation ha avuto il via libera della Nasa con una finestra di lancio per l’Anno Domini 2020 sulla Iss grazie al “Commercial Resupply Services Contract 2”. La Russia non sta certo a guardare: la nuova navetta di Roscosmos farà presto il suo debutto.
© Nicola Facciolini