“Riguardo la protezione e tutela dell’ambiente, la Regione Abruzzo non vanta una normativa tesa a integrare, nell’ambito delle proprie competenze, quella nazionale. Una lacuna gravissima che non può trovare alcun tipo di giustificazione soprattutto per il fatto che il Codice dell’Ambiente è stato approvato quasi tredici anni fa. Se non si è quasi all’anno zero, poco ci manca”. Pesano le parole che il consigliere regionale Leandro Bracco utilizza nel descrivere una tematica assai delicata per la nostra Regione, ossia quella attinente alla tutela ambientale. “Con decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e dunque oltre dodici anni fa – afferma l’esponente di Sinistra Italiana – è stato adottato il Codice dell’Ambiente. Uno strumento rilevantissimo che nel corso del tempo ha subìto diversi interventi che ne hanno arricchito l’assetto. In tal senso il diritto comunitario ha profondamente contribuito a definire importanti principi e standard in tema di sostenibilità e tutela ambientale. Inoltre è d’altra parte evidente che per effetto delle direttive emanate dall’Unione europea, l’ordinamento italiano si è dotato di una legislazione puntuale. A titolo di esempio basta richiamare la disciplina in tema di Valutazione di Impatto Ambientale introdotta con la direttiva 337/1985”. “Da ultimo il Trattato di Lisbona firmato a fine 2007 ed entrato in vigore a dicembre 2009 – prosegue Bracco – ha disposto un rafforzamento significativo delle politiche dell’ambiente affermando nel preambolo come la tutela ambientale sia la finalità attraverso la quale garantire il pieno processo d’integrazione europea. In verità però l’assetto normativo dovrebbe trovare la sua completezza nella stessa legislazione regionale anche in considerazione della riforma del Titolo V della Carta costituzionale e della competenza attribuita alle Regioni in materia di ‘governo del territorio'”. “D’Altra parte – sottolinea il Consigliere Segretario – i principi contenuti nel Codice dell’Ambiente costituiscono condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela su tutto il territorio nazionale. Le Regioni possono invece adottare, entro certi limiti, misure più restrittive di protezione. Purtroppo il nostro Abruzzo non vanta affatto una normativa tesa a integrare, nell’ambito delle proprie competenze, quella nazionale. Molte, troppe, le carenze. Basti ricordare infatti che non si è ancora dotato, a differenza della maggior parte delle altre 19 Regioni italiane, di una disciplina in materia di VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale)”. “Non si tratta – evidenzia Bracco – di questioni dottrinali o di principio. Tali carenze determinano un assetto normativo a malapena sufficiente in materia di protezione dell’ambiente. Una politica regionale degna di questo nome avrebbe dovuto individuare specifici strumenti di tutela. Ad esempio non definire con precisione criteri escludenti rispetto alla individuazione delle aree da destinare ad attività impattanti a livello ambientale non rende un buon servizio né alle comunità che hanno il diritto-dovere di programmare il proprio territorio né alle autorità il cui compito è decidere circa i procedimenti autorizzativi”. “Non basta approvare – sottolinea il consigliere regionale – Piani di programmazione o rinviare alla legislazione nazionale. E’ basilare che vengano elaborate definizioni, sanciti criteri puntuali e definite distanze. Questi si’ che sarebbero strumenti efficaci. Altrimenti tutto rimane nel vago e ostaggio dell’approssimazione. Con la diretta conseguenza che infiniti potranno essere i contenziosi. Se l’obiettivo è, realmente, la tutela dell’ambiente, l’attività normativa e regolamentare della regione non può limitarsi ad attuare quanto previsto dalla legislazione nazionale che, come già ricordato, prevede condizioni minime di tutela. E’ invece imprescindibile intervenire con una legislazione che fornisca strumenti davvero utili”. “Purtroppo molta strada deve ancora essere percorsa – conclude Leandro Bracco – se l’orizzonte al quale si punta è quello di uno sviluppo sostenibile non ipocrita bensì reale della regione”